Ciclismo
Il sacrificio di Michele Scarponi non sia vano. Vanno tutelati i ciclisti sulle strade
La morte di una persona per cause diverse da quelle naturali è sempre una tragedia, e lo è ancora di più quando QUESTA avviene per cause facilmente evitabili. Se poi la vittima, come nel caso di Michele Scarponi, è un personaggio noto ad un vasto pubblico, il clamore diventa ancora maggiore, tant’è che l’incidente del ciclista marchigiano riempiva questa mattina le prime pagine dei giornali italiani e stranieri. In questo articolo non vogliamo tessere le lodi epitaffiche di un uomo che, come tutti gli appartenenti al genere umano, ha alternato momento belli e brutti nella propria vita, ma mettere in evidenza una tematica troppo spesso dimenticata e che riguarda un numero vastissimo di persone.
Quello di Scarponi, infatti, non è il primo decesso di un ciclista in un incidente stradale, ma sicuramente è quello che ha fatto più clamore negli ultimi anni, avendo coinvolto un atleta di caratura tale da avere un Giro d’Italia nel proprio palmarès. Nella tragedia che ha sconvolto la sua famiglia, speriamo che le autorità competenti trovino lo spunto per iniziare finalmente a tutelare i ciclisti sulle strade, trattandosi di una categoria troppo vulnerabile al giorno d’oggi, in particolare in Italia. Come spesso accade, solamente gravi incidenti riescono a risvegliare le coscienze su tematiche che in realtà andrebbero affrontate in modo preventivo. È successo in passato in tanti ambiti, soprattutto nello sport (l’esempio recente più lampante è quello dell’incidente di Jules Bianchi in Formula 1), e speriamo che lo stesso accada per la tutela dei ciclisti sulle strade italiane, perché quanto avvenuto a Scarponi non può essere considerata solamente come una tragica fatalità.
Ad oggi, l’Italia resta infatti ancora indietro rispetto agli altri Paesi europei per quanto riguarda questa tematica. Il numero di piste ciclabili è ancora inferiore alle potenzialità del Bel Paese, tant’è che lo scorso anno il ministro delle Infrastruttre Graziano Delrio aveva annunciato il piano per la costruzione di 1.500 km di piste ciclabili. I paradisi della bicicletta come Olanda, Belgio e Danimarca sono ancora distanti, ma sarebbe il caso di muoversi in questa direzione, visto che l’Italia, insieme alla Germania, resta il primo produttore di velocipedi nel nostro continente.
Oltre al numero di piste ciclabili, è poi fondamentale implementare la sicurezza per i ciclisti sulle strade, ed aumentare la sensibilizzazione in questo senso, visto che troppo spesso i conducenti di automobili e motociclette si dimostrano irrispettosi (per usare un eufemismo) nei confronti dei ciclisti. Ad avvertire questa necessità è stato anche il presidente della federciclismo Renato Di Rocco, intervistato ieri da SkySport24: “Proprio la settimana scorsa discutevamo con il ministro dello Sport Lotti del disegno di legge introdotto in Senato per rispettare un metro e mezzo di distanza quando si superano i ciclisti, le figure deboli della circolazione. La campagna di sensibilizzazione è molto più spinta nel nord Europa: lì si può attraversare sulle righe bianche senza guardare a destra e sinistra: gli spazi sono sicuri e organizzati, la precedenza è assoluta. È questione di cultura. Eppure da noi il ciclismo è il secondo sport più popolare“.
Forse il sacrificio di un protagonista delle due ruote come Scarponi era dunque necessario per risparmiare in futuro tante altre vite di ciclisti, dal primo professionista fino all’ultimo cicloamatore: e allora speriamo che questa tragedia non sia vana, ma che inneschi una reazione a catena per dare finalmente ai ciclisti che si avventurano sulle strade italiane il rispetto e la sicurezza che meritano.
giulio.chinappi@oasport.it
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Immagine: Gianluca Santo