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Tennis, Carreno Busta, Ramos, Bautista Agut: manca un nuovo Nadal, ma la Spagna resta al top

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Come ogni anno, con il ritorno del circuito ATP sulla terra rossa europea, ritroviamo protagonisti i giocatori spagnoli. Non parliamo solo di Rafael Nadal, fresco vincitore del decimo titolo a Montecarlo ed in cerca della stessa impresa a Barcellona. I nomi nuovi della seconda parte della scorsa stagione e della prima parte di quest’anno sono Albert Ramos-Vinolas e Pablo Carreno Busta, che occupano attualmente le posizioni 19 e 20 del ranking mondiale. La crescita è simile per entrambi: dopo anni passati a remare intorno alla 50esima posizione, i due si sono progressivamente avvicinati alle prime 20 posizioni, facendovi il loro ingresso quest’anno. Tutti e due hanno vinto il loro primo titolo in carriera nel 2016: Ramos sulla terra di Bastad, mentre Carreno sul veloce, a Winston-Salem e Mosca. Quest’anno invece, Ramos ha fatto semifinale sulla terra di Quito e Rio e finale a San Paolo, prima dell’exploit al recente Masters 1000 di Montecarlo, dove ha sconfitto, nella sua cavalcata fino alla finale, giocatori del calibro di Andy Murray e Marin Cilic. Nel Principato, Carreno è stato invece battuto al terzo turno da Djokovic, ma ben figurando; nel ruolino di marcia dello spagnolo ci sono comunque le semifinali di Buenos Aires, San Paolo ed Indian Wells, oltre alla finale di Rio. Tanti ottimi risultati dunque, per due giocatori che non fanno altro che confermare la bontà della scuola spagnola.

Attualmente sono nove i giocatori spagnoli tra i primi 100 del ranking. Oltre ai sopracitati Ramos-Vinolas e Carreno Busta, troviamo Rafa Nadal alla posizione 5, Roberto Bautista Agut alla 18, David Ferrer alla 32, Fernando Verdasco alla 36, Feliciano Lopez alla 40, Nicolas Almagro alla 57 e Marcel Granollers alla 65. Di questi nove dunque, quattro si trovano tra i primi 20 e sette tra i primi 50 al mondo. Un risultato che molte delle altre scuole tennistiche pagherebbero per raggiungere (gli Stati Uniti sono ancora alla ricerca degli eredi della generazione di Sampras, Agassi, Courier…). Escludendo Nadal per ovvie ragioni, tutti questi hanno almeno un titolo in carriera (proprio Ramos ne ha solo 1), con Ferrer a rappresentare il più vincente con i suoi 26 trionfi.

La crescita spagnola parte da lontano ed in particolare il 1992 può essere considerato l’anno della svolta. Non è una data casuale ma è l’anno dei Giochi Olimpici di Barcellona. Da allora infatti, sono arrivate le due vittorie di Sergi Bruguera a Parigi, per arrivare ad Albert Costa, Carlos Moya e Juan-Carlos Ferrero, passando per i vari Mantilla, Corretja, Robredo. Questa crescita è culminata ovviamente con il fenomeno Nadal. Oggi quello che impressiona è che, tra i giocatori attualmente nella top 100, continuando ad escludere l’eccezione Rafa, nessuno è dotato di un talento così scintillante da poter prevedere un tale exploit. Prendiamo David Ferrer. La sua carriera è l’esempio più lampante di un talento “costruito”, allenato duramente giorno dopo giorno. Per anni è stato fisso in quinta posizione del ranking ATP, “piazzandosi” nei tornei principali e togliendosi qualche soddisfazione come il Masters 1000 vinto a Parigi. Verdasco e Lopez sono promesse mai mantenute (e forse sopravvalutate), che addirittura dopo i 30 anni stanno riscoprendo una seconda giovinezza. Lo stesso Ramos-Vinolas sta vivendo il miglior momento della sua carriera adesso, a 29 anni. Il più giovane, e con i margini migliori per proseguire su questa strada, è Carreno Busta, che ha 25 anni.

Non è quindi tutto oro quel che luccica. L’età media degli spagnoli tra i primi 100 del mondo è superiore ai 30 anni. Carreno è come detto l’eccezione con i suoi 25 anni, mentre i più “anziani” sono Ferrer e Lopez con 35. Gli under 25 si trovano infatti tutti oltre la posizione 300, con il solo Jaume Munar alla posizione 245. Almeno nell’immediato quindi, non sembra esserci per la Spagna la prospettiva del cosiddetto ‘cambio generazionale’ nel momento in cui (vicino, per alcuni vicinissimo) i vari Ferrer, Lopez, Almagro o Granollers saranno costretti ad abbandonare la scena. Si tratta però di una scuola, quella spagnola, che per lavoro e pianificazione può essere presa ad esempio, dal momento che riesce, presto o tardi, a portare comunque i suoi giocatori al loro massimo livello. La crisi generazionale a cui potrebbe andare incontro la Spagna può essere dettata dal fatto che si tratta di una tradizione legata principalmente alla terra battuta. Ma in questo gli spagnoli pare stiano cambiando. Carreno Busta può per certi versi rappresentare il volto di questo cambiamento di mentalità. Non più giocatori capaci di trionfare su una sola superficie, ma giocatori completi. I frutti di questo potenziale cambiamento si vedranno probabilmente in futuro, ma questo non può certo togliere meriti ad una scuola tennistica che, pur senza talenti straordinari, continua ad investire sui suoi giocatori e a raccogliere risultati. L’Italia può solo imparare.

 

Foto: Twitter Masters 1000 Montecarlo

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