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500 Miglia Indianapolis 2017: differenze tra F1 e Indy. Quali aspetti dovrà curare Alonso in modo particolare per vincere?
La grande tecnologia della F1 confrontata allo show della Indycar, l’arte della programmazione e della progettazione contrapposta all’improvvisazione. Potremmo tediarvi con altri paroloni ma la sostanza non cambierebbe: la Formula Uno e la Indy sono due mondi diversi.
Una sfida, pertanto, ancor più affascinante e probante quella che Fernando Alonso si appresta ad affrontare e vivere in questo weekend a bordo della Dallara Honda del Team Andretti nella 500 Miglia di Indianapolis. Il quinto tempo siglato nel corso delle qualifiche dimostrano che il periodo di adattamento alla nuova categoria è stato a dir poco straordinario e l’essersi cimentato lungo un ovale con molto meno carico aerodinamico, che richiedeva una guida volta all’esasperazione della velocità, è stato assorbito dal due volte campione del mondo. Nonostante la vettura americana non abbia i medesimi supporti tecnologici, Fernando ha saputo, preliminarmente, apprendere dai propri avversari come affrontare le curve “flat out” e poi replicarlo senza esitazione.
Differenze sostanziali quelle con cui lo spagnolo ha fatto i conti:
- regime di rotazione dei motori diverso (12.000 per la formula americana e 15.000 in F1)
- peso differente (più leggera la Dallara)
- concetto aerodinamico diverso in cui il drag esasperato della Formula Uno è lontano anni luce dalla categoria stelle e strisce.
“Un format più grezzo”, così l’ha definito lo stesso 35enne di Oviedo dopo il primo test che però stimola l’animo da racer. A cosa dunque dovrà prestare attenzione per cercare la magica doppietta (titolo mondiale-500 Miglia) entrando nella storia?
Prima di tutto interpretare bene le dinamiche di “Caution”: condizione che impone ai piloti di procedere ad una velocità controllata fino a quando non viene risolta la problematica in pista dai Marshall, in caso di incidente, potendo poi riprendere a pieno regime l’andamento delle vetture. Situazione che darà sicuramente adito ai valzer dei pit-stop essendo le monoposto statunitensi dotate di un serbatoio più piccolo rispetto alle vetture che Nando usa di solito. Le interruzioni saranno diverse nel corso dei 200 giri previsti e va da sé che l’interpretazione agonistica sarà una carta vincente. In questo senso, controllare anche i consumi di gomme e carburante, nelle fasi concitate della corsa, potrebbe essere un fattore discriminante, un po’ come avvenuto con Alexander Rossi l’anno scorso, vincitore alla prima partecipazione con una sosta in meno. Un rischio che potrebbe valere la candela. Vedremo se il buon Fernando, arguto nel Circus della massima espressione dell’automobilismo mondiale, saprà sfruttare le sue doti anche nell’atteso appuntamento in Indiana.
giandomenico.tiseo@oasport.it
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