Formula 1

F1, Mondiale 2017: Kimi Raikkonen, la solitudine dei numeri due…o forse no

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Chi segue la F1 sà che Kimi Raikkonen non è esattamente una persona che sprizza entusiasmo da ogni poro, ma anzi, semmai è sempre estremamente controllato nelle sue reazioni emotive, dando quasi l’idea di vivere in una perenne condizione di sostanziale disinteresse rispetto a ciò che lo circonda. Nonostante tale premessa, era evidente a tutti la delusione provata dal 37enne finlandese ieri, sul podio e nell’immediato post-gara del GP di Monaco. Naturale fosse così, perché partire dalla pole posititon su di un tracciato così angusto, in linea di massima, aiuta a mettere una seria ipoteca sul successo finale. Ed invece stavolta è andata diversamente, con Sebastian Vettel capace di rientrare in pista dopo il valzer dei pit-stop davanti al suo compagno di squadra, per poi non cedere più il comando della gara. Niente vittoria per Raikkonen, che resta ancora all’asciutto, a distanza di oltre quattro anni dall’ultima affermazione, risalente al suo periodo in Lotus.

Non bastasse ciò, il fatto che il sorpasso tra i due ferraristi non sia avvenuto in pista, ma tramite la strategia ai box, ha avvelenato in clima intorno al risultato maturato, facendo sostenere ai detrattori (od ai maligni) che la scuderia italiana, nel suo agire, abbia scientificamente voluto aiutare Vettel a sopravanzare Raikkonen, così da massimizzare il risultato del teutonico nel singolo GP ma, soprattutto, guadagnare altri punti nei confronti di Lewis Hamilton, impantanato nel traffico e costretto al piazzamento ben lontano dalla zona podio. Se è vero, in linea generale, che è il 29enne tedesco l’uomo su cui la Ferrari ha puntato, ormai da due anni abbondanti, per riportare il titolo a Maranello, tale linea di pensiero non è condisivibile. Questo perché la scelta del muretto ai box sembra essere figlia dell’andamento della stessa corsa, che ha visto tutti i top team diversificare la strategia per le rispettive coppie di piloti, facendo fermare i propri alfieri a distanza di diversi giri l’uno dall’altro: in Mercedes, Valtteri Bottas è rientrato ben prima di Lewis Hamilton, per evitare l’undercut di Max Verstappen; in Red Bull, il 19enne olandese ha “pittato” ben prima di Daniel Ricciardo, capace a sua volta di imporre in quei pochi giri in più in pista, su gomma ultrasoft, un ritmo eccezionale, che a conti fatti gli ha permesso di conquistare il podio. E lo stesso è avvenuto in Ferrari, laddove Raikkonen è rientrato prima per evitare sorprese sgradite da parte di Bottas e Verstappen, con Vettel ancora in pista a coprire il team dall’avanzare minaccioso dell’australiano di Perth. Senza contare che, tradizionalmente ed in caso di gare con uno sviluppo “lineare”, la Ferrari privilegia, nella scelta su chi far fermare per primo, il pilota meglio posizionato in quel determinato momento del GP, che nel caso di ieri era appunto il finnico.

Sembra essere altro ciò che è mancato a Raikkonen, per tornare alla vittoria: innanzitutto il ritmo in certe fasi della corsa, che si è alzato sul finire del primo stint con gomma ultrasoft, laddove il campione del mondo 2007 è arrivato a girare sull’1:17. Vettel, pur utilizzando la medesima gomma per più giri, in quello stesso lasso di tempo è riuscito a girare sul piede dell’1:15, dando quello strappo utile a farlo stare davanti per pochissimi metri al rientro dal pit-stop. Parte di tale sorpasso è stato tuttavia costruito anche con l’esitazione di Raikkonen in fase di doppiaggio, avendo perso il 37enne di Espoo diverso tempo dietro a Pascal Wehrlein al rientro dalla sua sosta, non riuscendo a sfruttare il meglio della propria gomma supersoft. Elemento evidenziato, tra l’altro, alla ripartenza dopo l’ingresso della safety-car, in cui Vettel ha preso subito un margine di un paio di secondi sul proprio compagno di squadra, mettendosi al sicuro da ogni possibile attacco, lasciando invece Kimi a doversi guardare con preoccupazione negli specchietti dai vari Ricciardo, Bottas e Verstappen. Insomma, in parole povere Vettel ha dimostrato di averne di più quando contava, dal punto di vista velocistico e della cattiveria agonistica, e su questo ha contato per fare la differenza, in positivo, rispetto al team-mate.

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davide.brufani@oasport.it

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