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Beach volley, Caso Cicolari. Il Consiglio di Stato annulla il risarcimento danni dovuto da Fipav

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Nessun risarcimento sarà dovuto dalla Fipav a Greta Cicolari per i danni subiti in seguito alla squalifica di 13 mesi comminata alla ex azzurra di beach volley. Lo ha deciso il Consiglio di Stato con sentenza pubblicata oggi, accogliendo due dei cinque punti dell’appello presentato dalla Federazione in seguito alla sentenza del Tar che aveva condannato la Fipav a risarcire Greta Cicolari di una cifra di 208 mila euro.

I primi tre punti dell’appello, che riguardavano la procedura processuale, sono stati rigettati perché è ammesso che il giudice amministrativo intervenga successivamente alle istanze della giustizia sportiva.

La sentenza del Tar sostiene che gli organi della giustizia sportiva avrebbero violato in danno di Cicolari i principi processuali sull’acquisizione e valutazione delle prove, mentre la sentenza del Consiglio di Stato stravolge questa interpretazione nel quarto punto, per il quale l’appello della Fipav è stato ritenuto ammissibile.

Si legge nella sentenza: “Sotto il primo profilo, risulta dagli atti che effettivamente la Cicolari, nel predisporre la propria strategia difensiva avanti al giudice sportivo, aveva liberamente scelto di non chiamare a deporre, in proprio favore, la collega S.C., benché la stessa fosse stata presente all’incontro con l’allenatore L. D.C.. Ciò, stando alle dichiarazioni della medesima Cicolari, poiché la suddetta S.C. non avrebbe in realtà sentito nulla del colloquio intercorso tra la essa e l’allenatore.
La possibilità (recte, il diritto) di scegliere liberamente una strategia difensiva risponde al principio generale di autoresponsabilità ed è uno dei cardini insopprimibili del diritto di difesa e del c.d. giusto processo: altrettanto ne è l’automatica conseguenza che la detta libertà di scelta assume il colore di un onere per chi ne fruisce; egli, nel curare il proprio interesse, ha la libertà, e semmai l’obbligo verso se stesso, di responsabilmente farsi carico di tutte le sue esplicazioni e resta destinatario di tutte le inerenti conseguenze: anche quando quella prescelta risulti poi mostrarsi, all’atto pratico, la soluzione meno conveniente.
Ma, a parte questo, in concreto alla luce delle produzioni processuali nulla permette di escludere che la decisione di tenere lontana S.C. dal giudizio sportivo sia stata invece del tutto appropriata: in ipotesi perché costei avrebbe potuto fornire una versione dei fatti sfavorevole alla ricorrente.
Comunque sia, il principio dispositivo della prova è inerente al giusto processo, di cui la ricorrente lamentava la violazione. (…) Non è dunque condivisibile l’argomento – fatto proprio dal Tribunale amministrativo – per cui la suddetta mancata assunzione officiosa del mezzo di prova, a suo tempo insistentemente escluso dalla ricorrente (in un contesto caratterizzato dal principio dispositivo, essendo il giudice un terzo imparziale e non anche un tutore delle parti in causa), si tramuterebbe oggi in una violazione delle regole del giusto processo”.

L’altro argomento di cui si occupa il quarto punto sono i famosi tweet nei quali, secondo la giustizia sportiva, Cicolari avrebbe usato espressioni allusivamente offensive e denigratorie quali “caprone nero” e “uomo nero” nei confronti del tecnico brasiliano Lissandro. Recita la sentenza del Consiglio di Stato “Altresì fondato appare il secondo rilievo dell’appellante FIPAV, atteso che, diversamente da quanto afferma la sentenza gravata, bene il giudice sportivo aveva chiarito le ragioni per cui, nel caso di specie, le espressioni usate su un social network erano da intendersi riferite all’allenatore L.D.C. e non piuttosto frutto di scherzi, anche privati, tra la ricorrente ed il compagno”. Insomma, il Consiglio di Stato si riallinea al Giudice Sportivo e ritiene lesive e riconoscibili nei confronti di Lissandro le espressioni pubblicate via Twitter da Cicolari.

Anche sul quinto punto, infine, il Consiglio di Stato accoglie l’appello Fipav per l’inammissibilità della richiesta di risarcimento avanzata da Cicolari al Tar, facendo leva anche sullo status di atleta non professionista della ex azzurra. “Le voci risarcitorie considerate dall’appellata sentenza non hanno a che vedere con un’ipotetica lesione interna allo sviluppo della “attività sportiva” in ipotesi cagionata dagli atti contestati (nel caso di specie, la sospensione semestrale e le successive pronunce degli organi di giustizia sportiva): esse attengono invece ai figurati minori introiti patrimoniali che la ricorrente ipotizzava di ottenere utilizzando – con contratti personali a motivo commerciale – la propria notorietà raggiunta nell’ordine sportivo.
Come si è visto, oggetto della tutela accordabile dalla giustizia sportiva – e poi dal giudice amministrativo investito, in via ulteriore, a rimediare a vizi della prima circa posizioni giuridiche soggettive processuali indisponibili – non concerne la pretesa tutela patrimoniale di asseriti ed esulanti interessi economici privati che si vorrebbero lesi per effetto delle decisioni sportive. La tutela risarcitoria del giudice amministrativo è strumento sussidiario di protezione di beni giuridici indisponibili che non abbiano ricevuto reale protezione ad opera di quest’ultima; deve corrispondere, nei limiti della tutela per equivalente, alla ragione oggettiva dell’originario processo sportivo e dev’essere finalizzata a un ristoro del diritto o dell’interesse fondamentale che sin ab initio si era domandato – evidentemente invano – al giudice sportivo di salvaguardare.
Non solo: ove occorra, nella specie è comunque dirimente considerare, in coerenza a quanto osserva l’appellante Federazione, che comunque l’interessata non risulta essere un’atleta professionista che ricava da siffatti proventi il suo sostentamento lavorativo – ammesso ciò sia consentito in quel contesto, viste le caratteristiche al riguardo di quella Federazione – di fronte alla FIPAV.
Quando dunque l’atleta Cicolari si rivolgeva al giudice amministrativo, non poteva immutare la ragione del contendere, e venendo a chiedere non un ristoro dell’ipotetico vulnus sportivo subito (id est, l’eventuale lesione allo sviluppo della propria carriera sportiva, discendente dagli atti contestati), bensì di suoi figurati, personali, ulteriori e occasionali interessi commerciali, estranei alla praticata “attività sportiva” in quanto tale.
Relativamente a tali voci di danno, ancorché provate, il giudice amministrativo adito avrebbe dovuto pronunciare l’inammissibilità del ricorso, trattandosi di questioni per lui prive di ingresso in giustizia

L’ammissibilità degli ultimi due punti del ricorso della Fipav di fatto annulla la sentenza del Tar che aveva decretato un risarcimento danni a Greta Cicolari da parte di Fipav

 

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