Formula 1

F1, Mondiale 2017: perché la lotta Sebastian Vettel – Lewis Hamilton è anche una questione di “numeri 2”

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Dopo il Gran Premio di Azerbaijan, con l’acceso confronto tra Sebastian Vettel e Lewis Hamilton, l’attenzione intorno ai due protagonisti principali del Mondiale 2017, fin qui, è stata elevata come non mai. Dopo anni di sostanziale dominio interno alla scuderia Mercedes, infatti, appassionati e media si sfregano le mani, davanti alla possibilità che vi sia una lotta per l’iride riservata a piloti di team differenti: situazione, questa, vista come l’esaltazione massima della rivalità e del confronto, con l’obiettivo identico di giungere ad un traguardo prestigioso.

Tuttavia, la corsa disputata ieri in Austria, al Red Bull Ring, ha evidenziato come questo campionato non sarà un discorso a due, ma tante altre variabili possono influenzarlo, intervenendo nel confronto anglo-tedesco e, magari, anche inserendosi attivamente in esso. La posizione più interessante, sotto tale punto di vista, è indubbiamente quella di Valtteri Bottas. Arrivato in Mercedes come scudiero designato di Hamilton, il 27enne di Nastola ha già all’attivo due GP vinti, e si trova ad appena 15 punti di ritardo dal più quotato compagno di squadra nella classifica generale. In linea di massima le gerarchie interne dovrebbero essere definite, poiché quest’anno c’è un avversario esterno (la Ferrari) che non consente di poter lasciare liberi di fare i propri piloti titolari, rischiando di togliersi punti a vicenda in entrambi i campionati. Tuttavia, è evidente che, se Bottas dovesse continuare a vivere un momento di forma particolarmente brillante, avvicinandosi ulteriormente a chi lo precede (in particolare al 32enne britannico), diventerebbe molto più difficile, ed in un certo senso imbarazzante, per Mercedes, imporre un atteggiamento “remissivo” al finnico, obbligandolo ad abbandonare ogni velleità di titolo per aiutare il proprio team-mate.

La Ferrari, di contro, non vive una problematica simile, ma semmai opposta. Sembra infatti essere troppo ampia la forbice prestazionale tra Vettel e Kimi Raikkonen, con il 37enne di Espoo che solo a sprazzi si dimostra competitivo, nel confronto con il proprio compagno di scuderia, gareggiando a corrente alternata anche all’interno di un medesimo Gran Premio. In un contesto simile, il rischio è quello di trovare sovente il 30enne tedesco a giocare in inferiorità numerica rispetto alla coppia Hamilton-Bottas, con tutti gli inconvenienti (innanzitutto di carattere strategico) che ciò comporta. In parole povere, Valtteri ha fin qui dimostrato di ricoprire il ruolo di “secondo” in maniera pressoché perfetta, mentre lo stesso non si può dire con riguardo al suo connazionale di rosso vestito.

Certo, il dubbio che può sorgere è che non si tratti solamente di una mancanza di Raikkonen, quanto di una difficoltà gestionale atavica che attanaglia la scuderia di Maranello, che da anni ormai fatica ad estrarre il pieno potenziale dallo “scudiero” di turno, mettendolo in una condizione di evidente inferiorità rispetto al leader designato (era stato così anche nel confronto Raikkonen-Fernando Alonso, e prima ancora Alonso-Felipe Massa), con la conseguenza di avere da esso un contributo minimo sia per la lotta al titolo piloti che a quello costruttori.

davide.brufani@oasport.it

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