Ciclismo
Tour de France 2017: dalla caduta alla vittoria, l’Odissea e il sorriso ritrovato di Fabio Aru
Il 7 aprile, a poco meno di un mese dall’inizio del Giro d’Italia 2017, Fabio Aru ha pubblicato un post sui social network che evidenziava un ematoma pronunciato al ginocchio causato da una brutta caduta durante uno stage di allenamento a Sierra Nevada. Da lì la scelta obbligata di rinunciare al Giro d’Italia, che partiva dalla sua Sardegna, e la necessità di rifocalizzare la sua stagione sul Tour de France. Oggi, poco meno di tre mesi da quella disdetta, il sorriso di Aru splendeva radioso in vetta alla salita della Planche des Belles Filles.
Sono stati mesi duri, sopratutto aprile e maggio: lontano dalle corse, dalla Tirreno-Adriatico, conclusa con un ritiro, Aru ha sin da subito impiegato tutto il tempo a disposizione per la fisioterapia, essenziale per puntare al nuovo obiettivo. Il 22 aprile, poi, la tragedia che tutti conosciamo, con la morte di Michele Scarponi. Compagno, amico, mentore. Un punto di riferimento, probabilmente un supporto anche per lo stesso Fabio, in quel periodo che lo aveva privato del sogno di un Giro d’Italia che partiva dalla sua terra. Poi la Corsa Rosa, la lunga attesa, un’ulteriore sofferenza, questa volta professionale e sportiva, per l’impotenza di non poterci essere, l’impotenza di dover rimanere a casa, ad aspettare il suo momento.
E il momento è arrivato, al Giro del Delfinato. Segnali su segnali, prestazioni convincenti anche se non ancora complete. Ma una dichiarazione forte, a tutti gli avversari in vista del Tour de France: non sottovalutatemi, che sia per la vittoria, il podio o la top 5. Il Campionato Italiano, settimana scorsa, ci ha dato le misure di quello che poteva fare questo Aru, che è arrivato a Ivrea con una facilità straripante in salita, come non lo si vedeva viaggiare ormai da tempo, considerando il 2016 difficile che aveva affrontato, probabilmente una tappa necessaria per crescere dal punto di vista fisico, emotivo e dell’esperienza ad alti livelli.
Oggi Fabio ha costruito un piccolo capolavoro. Una fucilata, che vista dall’alto è quasi impressionante, con cui ha staccato il trenino del Team Sky, temutissimo alla vigilia della Grande Boucle, e tutti gli avversari. Lo stesso Chris Froome, quando è scattato, non è riuscito a guadagnare sul sardo che ha fatto segnare il nuovo record della salita con valori altissimi anche sulla prestazione pura (certo, in una tappa non difficile e non esigente dal punto di vista altimetrico ma è stato l’unico a sfoderare una prestazione di questo tipo). Con la maglia tricolore, un sorriso che sa di orgoglio e il casco con i quattro Mori a sottolineare le sue origini. Da qui a Parigi, alla maglia gialla e al podio la strada è ancora lunga. Le settimane di allenamento che è stato costretto a perdere potrebbero farsi sentire con il passare delle tappe, ma al momento Aru è tra i tre favoriti per cogliere il successo finale e riportare l’Italia sul gradino più alto del podio dei Campi Elisi tre anni dopo Vincenzo Nibali. E, per gli amanti della cabala, non possiamo che ricordare che anche il siciliano aveva vinto a la Planche des Belles Filles con la maglia di campione italiano conquistata solo qualche giorno prima.
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gianluca.santo@oasport.it
Foto: @ASO/Alex BROADWAY