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Basket, Europei 2017: il Torneo di Tolosa ha messo in luce le solite lacune dell’Italia. Come correggerle?

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È un’Italia con tanti dubbi e poche certezze quella che esce dal Torneo di Tolosa, il primo dei due impegni internazionali della Nazionale a pochi giorni dall’Europeo. Le tre amichevoli in terra francese hanno messo in luce problemi storici che questo gruppo si porta dietro da tempo e che il CT Ettore Messina sta provando quanto meno a limitare. Aldilà dei risultati (vittoria col Montenegro e sconfitte pesanti con Belgio e Francia), ha impressionato negativamente l’andamento calante della squadra, che ha rovinato quanto di buono mostrato a Cagliari. Il tempo per correggere queste lacune c’è anche se non è molto: l’Europeo inizia giovedì 31 agosto.

DIFESA – Iniziamo dal solito problema di questa Italbasket. Che questo non sia un gruppo di difensori è chiaro a tutti ma le tre amichevoli di Tolosa hanno sottolineato ancor di più come questo aspetto sia fondamentale anche per avere poi un buon attacco dall’altro lato del campo. La rimonta vincente contro il Montenegro è stata infatti propiziata proprio dalla difesa e dalle palle recuperate, che hanno dato ritmo alla transizione offensiva. Già, la transizione. Quella difensiva è stata un vero problema a Tolosa, con limiti tecnici e di comunicazione preoccupanti. Non essere dei difensori non vuol dire che non si possa difendere bene di squadra e gli azzurri lo hanno dimostrato a tratti, giocando con la giusta energia. Certo, non si può chiedere quel livello di intensità per tutti e 40 i minuti, ma quantomeno bisogna trovare un compromesso tra il massimo e lo zero visto soprattutto contro il Belgio. Contro la Francia, invece, l’Italia ha messo in campo tanta energia e volontà, che è sicuramente apprezzabile, ma bisogna saperle incanalare nel modo giusto, altrimenti si rischia di pagare dazio. Nella tre giorni di Tolosa, infatti, la Nazionale ha spesso speso il bonus di falli entro i primi cinque minuti del quarto.

ATTACCO – Pur senza Danilo Gallinari l’Italia ha tanti punti nelle mani, questo è certo. Quando la squadra è riuscita a muovere in maniera efficace il pallone, tutti sono stati in grado di segnare. Può capitare che qualche tiro possa non entrare, anche se ben costruito, come accaduto in qualche occasione ieri contro la Francia quando la partita era già finita, ma se si lavora bene alla fine si viene premiati. Il problema, appunto, è che spesso la palla è stata ferma: l’Italia ha mostrato parecchie difficoltà ad attaccare a difesa schierata, soprattutto con le seconde unità. Gli attacchi non possono essere sempre risolti dalle giocate individuali dei vari Belinelli, Melli e Datome (con quest’ultimo abbastanza in ombra nella tre giorni). È giusto che siano loro a prendersi responsabilità nel finale di partita: attaccare di squadra e riuscire a distribuire i punti sin dall’inizio permette quindi a questi tre di arrivare freschi mentalmente negli ultimi minuti, quando la partita viene decisa. La partita contro il Montenegro è stato un ottimo esempio: rimonta propiziata dal secondo quintetto guidato da Aradori e Burns e concretizzata dai titolari con Belinelli protagonista.

INTENSITÀ – L’Italia non conosce mezze misure: o gioca al massimo ed è quindi perfetta in entrambe le metà campo oppure non riesce ad assicurare nemmeno il minimo. I cali di concentrazione ed intensità visti a Tolosa sono stati spaventosi. Fermi in difesa ed in attacco superficiali, svogliati. I due timeout di Messina contro il Belgio rappresentano l’emblema di tutto ciò: “Stiamo giocando in modo presuntuoso pensando che tanto loro sono il Belgio. Dobbiamo faticare perché siete superficiali e non vi siete impegnati dall’inizio“. La fotografia perfetta, ovviamente prontamente individuata da un allenatore del calibro di Messina. Se la partita col Montenegro poteva essere stata positiva perché aveva messo alla prova gli azzurri, la lezione non è stata imparata perché anziché aggredire dall’inizio il Belgio e poi controllare, l’Italia è stata costretta da subito, con le proprie mani, a fare gara di rincorsa e non sempre questo riesce. Soprattutto perché si rischia di entrare in un vortice dal quale è difficilissimo uscire: frenesia, palle perse in modo banale (disastrosi sulle rimesse sia in attacco che in difesa, specie da sotto canestro), rimbalzi in attacco regalati. Troppi momenti in cui l’Italia è apparsa troppo distratta e questo non è permesso, a nessun livello: deve essere l’avversario a batterci, senza aiutarlo con i nostri errori.

LE RISERVE – Se sui titolari è già stato detto tanto, soprattutto in termini di responsabilità nei finali di partita, è importante sottolineare il contributo dei giocatori che escono dalla panchina. Essere una riserva in una Nazionale è differente che esserlo in un club e non è facile: innanzitutto perché il livello è più elevato e quindi si può pagare anche il minimo errore, poi perché ci sono gerarchie differenti. Bisogna farsi trovare pronti e qualcuno lo ha fatto più di altri. Se da Aradori, prezioso nella rimonta contro il Montenegro, ce lo aspettavamo, essendo oramai abituato al ruolo di “specialista” dalla panchina in Nazionale, la sorpresa è stata Burns. Il giocatore di Brescia ha cambiato la partita contro il Montenegro propiziando il recupero con la sua grinta. Certo, spesso fa fatica a contenerla (nella stessa partita quattro falli in un amen) ma se questo deve essere il prezzo da pagare per avere quella esplosività allora va bene così. Probabilmente questo gli è valso un posto tra i 12 dell’Europeo. Anche Pascolo è stato molto utile in uscita dalla panchina, così come Della Valle, aggressivo in attacco nella partita con il Belgio, molto meglio di un Cinciarini disastroso (potrebbe essergli costato il posto). Abass e Biligha, invece, non sempre sono riusciti a mettere in campo l’energia e l’intensità richieste.

alessandro.tarallo@oasport.it

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Foto: Ciamillo Archivio FIP

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