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Basket, Europei 2017: quale Italia esce dal Torneo dell’Acropoli? Cosa va e cosa non va a pochi giorni da Eurobasket
La preparazione dell’Italbasket si è chiusa con un bilancio di sette vittorie e quattro sconfitte. I risultati contano il giusto, cioè poco, ma le partite hanno dato tante indicazioni. Una preparazione in chiaroscuro, con alti (pochi) e bassi (tanti, troppi e pericolosi). Avversari di livello differente e squadre tecnicamente e tatticamente diverse, ma un denominatore comune, ovvero le lacune ed i problemi della Nazionale. Aspetti su cui il CT Ettore Messina sta lavorando dall’inizio del training camp a Folgaria e su cui l’attenzione va focalizzata ancor di più nei pochi giorni che separano gli azzurri dal debutto agli Europei, giovedì 31 agosto contro l’Israele a Tel Aviv.
COSA VA – Iniziamo dagli aspetti positivi. Trovarli non è facile, a dire il vero, ma non è tutto da buttare e cose positive ci sono. Innanzitutto, la voglia. Dopo il torneo di Tolosa era l’aspetto più preoccupante. La squadra era apparsa svogliata e superficiale, probabilmente pagando la stanchezza per il carico di lavoro e gli impegni ravvicinati. Ad Atene infatti, gli azzurri hanno approcciato le partite con un’altro spirito e la differenza in campo si è vista. Certo, poi sono caduti nei soliti errori, ma quantomeno l’impegno c’è stato, come dimostra la partita con la Grecia. Non è molto, ma nello sport è un ingrediente da cui bisogna sempre partire. Quando l’Italia gioca in fiducia, poi, può battere chiunque. In teoria sarebbe applicabile a tutte le squadre, ma mai frase fu più azzeccata per gli azzurri. Quando la difesa riesce ad essere aggressiva dando quindi ritmo all’attacco, allora non ce n’è per nessuno. L’Italia ha tanti punti nelle mani ma questi non vengono certo da soli, bisogna mettersi in condizione di poterli fare. Il problema è che sono pochi i momenti in cui ci è riuscita: occorre selezionarli e trovare un compromesso tra il massimo e lo zero assoluto in termini di intensità. Altro aspetto positivo è stato poi il finale con la Grecia: l’Italia, pur non brillando, è riuscita a portare la partita al supplementare, senza giocare con il quintetto tipo. Aspetto da non sottovalutare, che potrebbe avere dato maggiore convinzione a tutto il gruppo.
COSA NON VA – Tante, troppe cose. Innanzitutto, la difesa. Gli errori tecnici individuali sono da far spavento: sembra una missione impossibile contenere una penetrazione in uno contro uno. Un aspetto che spesse volte ha innescato una reazione a catena: falli banali ad inizio quarto, bonus speso presto, che porta non solo a punti gratis per i nostri avversari, ma anche un bel fardello a livello individuale (es. Melli praticamente mai in partita contro la Georgia, limitato dai falli) e di squadra, perché poi non puoi permetterti neanche il minimo errore. Le difficoltà, poi, stanno anche nella transizione difensiva, con gli azzurri spesso mal posizionati: Messina ci sta lavorando sin dal primo giorno e continuerà a sbatterci la testa anche nei giorni che separano l’Italia dal debutto europeo. Dalla difesa dipende anche l’attacco: la Nazionale ha difficoltà ad attaccare la difesa schierata. Il pallone spesso è fermo e l’azione si sviluppa su un solo lato e non sempre può arrivare la giocata individuale a risolvere i problemi. L’Italia, poi, non conosce mezze misure: o stacca completamente la spina oppure gioca al massimo dell’intensità. Basta poco per perdere fiducia, per distrarsi ed innescare errori banali, che vanno assolutamente eliminati: come già detto dopo Tolosa, bisogna farsi battere, non aiutare gli avversari a farlo. La mancanza di fiducia, poi, porta con sé altri errori: in tanti momenti ad Atene gli azzurri hanno attaccato bene e costruito buoni tiri, sbagliati però perché presi con un atteggiamento sbagliato, senza fiducia. Un vortice negativo dal quale poi diventa difficile uscire.
I SINGOLI – Ci si aspetta molto da Marco Belinelli. Il numero 3 è il principale riferimento offensivo, chiamato spesso al ruolo di passatore creando non solo per sé ma anche per i compagni. È certamente lui il go-to guy, il giocatore al quale affidarsi nel finale, ma i compagni devono aiutarlo nell’arrivarci fresco mentalmente. La partita perfetta è stata quella col Montenegro a Tolosa, quando Belinelli concretizzò la rimonta iniziata dalle seconde unità. Le stelle che dovrebbero affiancarlo sono Nicolò Melli e Gigi Datome. Dovrebbero, perché sono mancati loro in queste amichevoli, senza mezzi termini. Dal primo ci si aspetta molto, perché è chiamato a prendere il ruolo di Danilo Gallinari in quanto a protagonismo sotto canestro. Il capitano, invece, rientra perfettamente nel discorso di tiri presi senza fiducia: Gigi è apparso spento, con tanti, troppi errori in situazioni in cui è spesso infallibile. Hanno invece sorpreso giocatori insospettabili. Ariel Filloy sembrava essere stato convocato “per caso” ed invece già dopo le prime due settimane era uno dei certi del posto tra i 12. All’italo-argentino il coraggio non manca ed aldilà di alcuni limiti tecnici, ha spesso dato il suo apporto in quanto ad energia. Parlando di energia, allora occorre parlare di Christian Burns: ne ha troppa e spesso fa fatica a controllarla. Si è rivelato però un’arma molto utile in tante situazioni, conquistandosi il posto sul campo. Un esempio per tutti gli altri. Daniel Hackett è devastante quando si ricorda di essere un ottimo attaccante (es. contro la Grecia), Pietro Aradori è una garanzia in uscita dalla panchina e Davide Pascolo dà sempre il suo contributo nelle piccole cose. Insomma, aldilà dei tanti dubbi e delle poche certezze, gli ingredienti per fare bene ci sono comunque, occorre assemblarli nel modo giusto. Non si chiede di vincere a tutti i costi, anche perché prevarrà solo una ed è molto difficile per tutte, ma di metterci l’anima, di giocare da squadra, da Italia.
alessandro.tarallo@oasport.it
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Foto: Ciamillo Archivio FIP