Beach Volley
Beach volley, Nazionale. Olimpiadi: niente onda lunga. Si riparte da Lupo/Nicolai ma serve il ricambio
Il Mondiale post olimpico è da sempre foriero di sorprese e stavolta a fare le spese di questa tradizione in negativo sono stati per primi i vice campioni olimpici e grandi protagonisti della stagione in corso, Lupo/Nicolai che hanno lasciato troppo presto l’Italia orfana di coppie nella rassegna iridata.
Non deve essere facile avere sulle spalle la responsabilità di un movimento intero ogni volta che si scende in campo e, per tante occasioni in cui la coppia d’argento di Rio ha fatto pendere l’ago della bilancia dal lato positivo per tutti, stavolta, nell’appuntamento mondiale, da sempre indigesto ai colori azzurri, è arrivata una sconfitta tanto inattesa (per quello che si era visto nei gironi) quando sanguinolenta perchè nei tre giorni decisivi del torneo più importante dell’anno è scomparso il tricolore dal tabellone.
Nello stesso giorno, ai sedicesimi, anche Ranghieri/Carambula sono usciti di scena perdendo da sfavoriti contro Dalhausser/Lucena, mentre Menegatti/Perry, come da pronostico, erano già fuori causa da qualche giorno. Qui, purtroppo, di sorprese non ce ne sono state.
Tra le affollate sponde del Danubio e l’inebriante atmosfera di Copacabana c’è un abisso perché il beach volley, in Italia, per far parlare di sè (il triste destino di certe discipline) necessita di podi e vittorie e aver mancato l’appuntamento mondiale dopo il traino olimpico è un mezzo disastro per un movimento che sembrava in rampa di lancio grazie a due ragazzi straordinari che, per quanto forti, possono (come è capitato poi ad altri giocatori del loro livello) incappare in giornate nere come quella di giovedì scorso o in avversari baciati dalla grazia divina come Pedlow e Schackter sulla sabbia del campo numero 3.
La stagione di Lupo e Nicolai (e dello staff di primissimo livello che li supporta) resterà comunque positiva, al di là del flop mondiale, e questa meravigliosa coppia resta l’unica, vera certezza del beach volley italiano per il futuro.
Il problema è tutto il resto. Fa malissimo, ad esempio, vedere Alex Ranghieri e Adrian Carambula giocare da separati in casa quando la Federazione ha investito in loro questa stagione 150 mila euro, lasciandoli liberi di scegliersi staff e allenatore, in una curiosa interpretazione di “Nazionale”, esclusiva o quasi del mondo del beach volley. Una stagione fallimentare per una coppia che due anni fa ha avuto un impatto dirompente con il World Tour ottenendo risultati straordinari da subito, che lo scorso anno vinceva tornei e se la giocava alla pari con tutti i rivali, conquistandosi, grazie all’estro e alla capacità comunicativa dei due componenti, la simpatia dell’ambiente e il ruolo di testimonial del beach volley mondiale, con i soprannomi universali di Mr. Skyball e The net Patroller.
Ranghieri e Carambula hanno anche avuto un ruolo fondamentale nella crescita di Lupo/Nicolai, che due anni fa hanno vista messa in discussione la loro leadership nazionale e sono stati costretti a dare il massimo e ad arrivare ai livelli attuali per tenersela. Proprio nella notte di Copacabana, quando Lupo e Nicolai la ribadivano sul campo, la leadership, vincendo il derby nell’ottavo di finale che li avrebbe lanciati verso il podio, si deve essere rotto qualcosa nei meccanismi del binomio fin lì più scanzonato del circuito mondiale.
L’addio a Paulao (anche lui avrà le sue pecche se l’ambiente azzurro si è lentamente defilato ma non dimentichiamo che era lui seduto sulla panchina delle due coppie azzurre nei momenti dei podi, dei primi trionfi della storia e del salto di qualità) e l’arrivo di Carlos Cartaya dal Venezuela (non certo una scuola riconosciuta a livello globale) alla guida della coppia numero due in Italia, non ha portato i risultati sperati.
Anzi forse è proprio quella la materia del contendere fra i due protagonisti che apparentemente hanno perso la voglia di lottare insieme su ogni palla. A Ranghieri e Carambula è mancata finora soprattutto la continuità di rendimento, quella che trasforma una buona coppia in un binomio di campioni. Ad ogni partita, ma sarebbe più giusto dire ad ogni set, quest’anno era impossibile prevedere quale versione di Ranghieri/Carambula si sarebbe vista e troppo spesso (emblematica la sconfitta con Capogrosso/Azaad a Olsztyn), è stata una versione appannata. Di sicuro per loro il Mondiale è stato il torneo migliore con Ranghieri miglior muro del torneo, e Carambula, nella sua discontinuità, capace di regalare grande spettacolo soprattutto quando si tratta di difesa e contrattacco, molto meno sul cambio palla, spesso scontato e falloso.
Si divideranno? È probabile (ma è ancora auspicabile un chiarimento e un cambiamento di rotta) dopo Jurmala e non è detto che una eventuale doppia coppia Ranghieri/Caminati (che sono, bisogna ricordarlo, la seconda coppia ad aver vinto un torneo World Tour per l’Italia, quarti lo scorso anno al Gran Slam di Long Beach) e Rossi/Carambula indebolisca il contingente azzurro. Da dietro, nel frattempo, non si muove granchè. Il Club Italia è composto da una sola coppia, Cappio/Windisch, che ancora fatica ad imporsi a livello nazionale (nel maschile si cresce lentamente e dunque niente drammi) e ci sono alcuni prospetti interessanti. Chi vivrà vedrà.
Non servirà vivere troppo a lungo, a quanto pare, per vedere qualche novità nella squadra nazionale femminile. L’eliminazione al primo turno del Mondiale di Menegatti/Perry, unica coppia azzurra in gara, arriva come naturale conclusione di una stagione fatta di scelte da una parte obbligate e dall’altra un po’ forzate. È vero che per costruire una coppia di buon livello serve tempo e Menegatti/Perry sono assieme, di fatto, da sette mesi ma al momento la scintilla non si è ancora accesa. Di sicuro Perry non è più la giocatrice fallosa e prevedibile di tre mesi fa ma il salto di qualità per giocarsela alla pari con coppie di medio alto livello non c’è stato. Anzi, rispetto all’anno scorso, la qualità del gioco di Marta Menegatti, che impressionó nei tornei pre e post olimpici e pure a Rio seppe fare bene, tra mille difficoltà, è vistosamente calata. Lo dimostra il fatto che sempre più spesso le avversarie vanno a cercare lei in ricezione e non la compagna (l’ultimo esempio Flier/Van Iersel a Vienna).
Serve una svolta, qualche novità, anche perché Perry tra meno di un mese, dopo l’Europeo, lascerà la compagnia per rituffarsi nell’indoor, per poi ritornare ad aprile inoltrato, quando la stagione potrebbe essere già nel vivo.
Impossibile oggi prevedere cosa possa accadere ma qualche buona notizia, dalle giovani, è arrivata nelle ultime settimane, dal quarto posto iridato di Traballi/Maestroni al Mondiale under 21, alla vittoria nella tappa del campionato italiano a Cervia delle giovanissime Reka Orsi Toth/They, alla finale di ieri a Casalvelino disputata dalle campionesse under 21 in carica Colzi/Puccinelli. Chi segue gli allenamenti al centro federale parla di un’Arianna Barboni in crescita e potrebbe essere proprio lei la compagna pro tempore di Menegatti in vista della prossima stagione, dove il beach azzurro potrebbe ritrovare anche Viktoria Orsi Toth che il 18 luglio 2018 potrà tornare a giocare dopo i due anni di stop per il caso doping.
E’ sempre tutto così precario nel mondo del beach volley, in una nazione che ha deciso di puntare tutta o quasi la sua attenzione sulla pallavolo indoor. Il Mondiale austriaco, così come l’Olimpiade a Copacabana, o alcuni tornei, specialmente nel centro e Nord Europa, dovrebbero far riflettere di quanto questa disciplina stia entrando nel cuore della gente. In Italia i praticanti crescono a vista d’occhio e il beach volley sta diventando una disciplina anche invernale, non solo da praticare nei caldi pomeriggi estivi fra un ghiacciolo e un bagno in spiaggia. L’attenzione di chi si occupa di questo sport, però, a livello federale, dopo l’allestimento di un circuito nazionale nuovamente più che dignitoso (questo va riconosciuto) pare più concentrata su come affossare (a volte in modo goffo e poco efficace) chi alimenta polemiche, a volte esagerate ma altre plausibili, leggasi Greta Cicolari, con una faida che va ormai avanti da troppo tempo e che è sfuggita dalle mani di tutti, che su quello che deve essere un serio progetto per il futuro.
Fissare una tabella di rimborsi spese per chi svolge attività internazionale nell’anno in cui nessuna coppia italiana (tranne le quattro già facenti parte del progetto federale e qualche sporadicissimo caso) si poteva iscrivere (per via dei nuovi regolamenti) ai tornei internazionali non è stata un’idea geniale, semmai quasi uno spregio a tutto il panorama di atleti di medio livello che magari vorrebbero affrontare almeno un’avventura fuori dai confini italici (basta guardare cosa accadde lo scorso anno con Dal Molin/Tomatis a Klagenfurt) ma non ne hanno le possibilità.
La Federazione Italiana (tanto per fare un esempio su cosa realmente ci si dovrebbe concentrare) ha il dovere di farsi sentire a livello internazione per cambiare queste norme, per chiedere aggiustamenti ad un mondo che, di questo passo, resterà sempre più chiuso su se stesso, con tante (troppe) possibilità per gli atleti di medio-basso livello dell’Asia e dell’Oceania (dove si organizzano tanti, troppi, tornei) e molte meno per quelli di casa nostra, dove il massimo dell’internazionalità permessa è un torneo Wevza (ente fantasma che, per capirci, non aggiorna il suo sito dal 2015) organizzato a Ravenna.
La Federazione Italiana avrebbe il dovere di scegliere un Commissario Tecnico delle squadre nazionali (l’ultimo è stato Paulao, adesso c’è Varnier per il maschile ma con un occhio particolare per Lupo/Nicolai e Raffaelli per il femminile) o quantomeno un responsabile tecnico che prenda le decisioni, spieghi le scelte e le linee, parlando con chiarezza e senza mezze parole, il dovere di fissare regole certe per la partecipazione e le modalità di iscrizione di tutte le coppie (perché quelle della Nazionale non dovrebbero farlo?) alle tappe del campionato italiano, il dovere di coordinare in modo organico il lavoro del clan azzurro, a partire dai giovani fino ai senior e di gestire, magari assieme alla Lega (che è stata ufficialmente riconosciuta e quindi andrebbe tenuta in debita considerazione), l’attività di base.
Sogni di mezza estate? E’ probabile ma quelli mondiali si sono infranti troppo presto e ora a chi ama questo sport non resta che chiudere gli occhi e sperare di vivere altre notti come quelle di Copacabana.