Editoriali

Italia, non sai più vincere. La maledizione delle Finali, sono tormenti d’argento

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La sconfitta odierna della Nazionale femminile di volley nella Finale del Grand Prix contro il Brasile rappresenta solo l’ultimo episodio di un trend ormai ricorrente: l’Italia non sa più vincere negli sport di squadra e tende sempre a spegnersi ad un passo dal traguardo massimo.

Iniziamo questa analisi proprio dalla pallavolo. L’ultimo trionfo risale al 2011, quando le azzurre alzarono al cielo la Coppa del Mondo. Va detto che il risultato odierno va catalogato come eccellente, perché ha riportato il Bel Paese sul podio del Grand Prix dopo 7 anni, oltretutto con una compagine dall’età media giovanissima che sembra poter garantire continuità ai massimi livelli dopo l’ultimo lustro di delusioni e patimenti.

In campo maschile, invece, il digiuno dell’Italvolley dura addirittura dal 2005, anno dell’ultimo titolo europeo. Da allora, ben tre finali perse: quelle continentali del 2011 (1-3 contro la Serbia) e del 2013 (1-3 Russia), oltre alla dolorosissima disfatta olimpica di Rio 2016 al cospetto dei padroni di casa del Brasile (netto 0-3).




Non se la passa tanto meglio la pallanuoto. Il Settebello, nella stagione in corso, è arrivato ad un passo dal primo trionfo di sempre in World League, perdendo di misura l’atto conclusivo contro i campioni olimpici della Serbia. Tornando indietro nel tempo, ricordiamo anche il ko nella finale olimpica del 2012 maturata contro la Croazia (anche se l’anno prima gli azzurri riuscirono a conquistare il titolo di campioni del mondo). Nulla da fare neppure per il Setterosa, inchinatosi alla corazzata statunitense ai Giochi di Rio 2016.

Nella sindrome dei secondi posti, nel decennio in corso, è entrato a far parte anche il calcio: incancellabile la tremenda sconfitta per 4-0 contro la Spagna agli Europei del 2012.

Per i nostri sport di squadra, dunque, le Finali stanno diventando una sorta di complesso, una barriera insormontabile. E’ molto sottile il filo che separa un ottimo piazzamento da una piena apoteosi. Talvolta, tenuto conto del valore degli avversari, l’argento può apparire come il risultato massimo. In altre occasioni, invece, è emerso un deficit di personalità per scalare l’ultimo gradino verso la gloria, forse dettato da un appagamento inconscio per il risultato ottenuto arrampicandosi fino alla partita decisiva.

Di sicuro, nel passato recente, all’Italia manca sempre qualcosa per vincere negli sport di squadra, a differenza di quanto accadeva negli anni Novanta e Duemila, vere e proprie decadi d’oro. Il livello resta altissimo, perché salire sul podio con continuità in queste manifestazioni è indice di una scuola che continua a rinnovarsi, valorizzando nuovi prospetti e mantenendosi sempre al vertice internazionale. Serve invertire la rotta, tuttavia, per far sì che quel gradino più alto del podio non diventi sempre più una pallida chimera.

federico.militello@oasport.it

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