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Tennis: c’è fermento tra i giovani italiani. La classifica migliora, ma manca il campione

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Il tema ormai dominante nel mondo del tennis è quello della NextGen, ovvero la generazione di nuovi talenti chiamati a prendere il posto, in un futuro sempre più prossimo, dei campioni che dominano oramai da inizio millennio. L’attenzione verso questi baby-fenomeni è cresciuta a tal punto, visti soprattutto i risultati, che la ATP ha deciso di organizzare le ATP NextGen Finals. L’Italia ha prontamente colto l’occasione al volo: per la prima edizione sarà Milano ad ospitare l’evento, garantendo un posto di diritto al miglior giovane italiano. Un’occasione non solo per colui che si aggiudicherà il posto al sole, ma anche per il movimento italiano.

Un movimento in crescita, anche se a fatica. Una crescita confermata dai risultati. Recentemente infatti, le presenze italiane all’interno della top 100 della classifica ATP sono arrivate a 6. Diverso il discorso che riguarda i giovani: se a livello internazionale è Alexander Zverev il dominatore assoluto, con tanti suoi coetanei pronti a contrastarlo (Rublev, Khachanov, Shapovalov), in Italia bisogna accontentarsi, almeno per il momento, della top 200. Una crescita lenta, ma pur sempre una crescita. Lo specchio di quanto avviene anche tra i “grandi”: se è vero che gli italiani tra i primi 100 sono sei, è pur vero che l’età media è di praticamente 30 anni. In sostanza, l’Italia è indietro rispetto al resto del mondo: ci sono tanti giovani interessanti ma il campione fa fatica ad emergere.

Quale potrà essere il nome su cui puntare? Il primo della lista sembra essere Matteo Berrettini, giovane romano classe 1996, attualmente al numero 141 del ranking mondiale. Proprio lui, al momento, è il favorito per giocare le ATP Finals di Milano. Già noto agli addetti ai lavori, recentemente ha vinto il Challenger di San Benedetto del Tronto. Il grande pubblico, però, ha imparato a conoscerlo quest’anno, quando agli Internazionali d’Italia era riuscito ad entrare in tabellone vincendo le pre-qualificazioni. Alle sue spalle in classifica troviamo Stefano Napolitano, numero 166. Anche lui era riuscito ad entrare in tabellone a Roma, confermandosi poi addirittura al Roland Garros, dove, dopo aver superato le qualificazioni, era arrivato fino al secondo turno. Sono loro al momento i due giovani italiani in rampa di lancio. Due ragazzi ambiziosi, bravi a volersi confrontare sempre con i migliori.

Il rovescio della medaglia di questo discorso riguarda altri casi. Il più emblematico è quello di Gianluigi Quinzi, classe 1996 e attualmente numero 298 della classifica mondiale. Di lui si parla già da molto tempo, dal 2013 per l’esattezza, quando stupì tutti vincendo il torneo junior di Wimbledon. Una vittoria che lasciava presagire un’ottima e brillante carriera, poi disattesa, almeno fino ad ora. Per lui, infatti, vale il discorso opposto: sin da quel trionfo, Quinzi ha iniziato a remare letteralmente tra tornei Futures e Challenger, uscendone giusto per tentare qualche sortita nelle qualificazioni di qualche evento ATP (non Roma). Una crescita davvero difficile in questo modo – Voglio confrontarmi con i più forti. Se giochi nei Challenger non cresci, parole di Napolitano – Basti pensare che i giocatori battuti da Quinzi in semifinale e finale a Wimbledon, Kyle Edmund e Hyeon Chung, sono ora stabilmente tra i primi 50 al mondo.

Serve più coraggio ai giovani italiani. Il tennis è uno sport che sa regalare soddisfazioni ma che sa anche essere duro. E allora, se davvero si vuole emergere, occorre investire su se stessi. Provare a giocare con i migliori appena si ha la possibilità, anche a costo di uscire subito e rischiare una perdita economica. In questo, anche la Federazione dovrebbe incitare maggiormente la crescita dei nostri ragazzi, aldilà del comunque discutibile sistema delle pre-qualificazioni di Roma. L’organizzazione e la wild card alle NextGen ATP Finals sembrano già qualcosa. Vedremo chi ci arriverà e come si comporterà.

 




 

alessandro.tarallo@oasport.it

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Foto: pagina Facebook FIT

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