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Ciclismo su pista, Italia giovane e affidabile verso Tokyo 2020. Ma il velodromo di Montichiari rischia di chiudere…

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Gli Europei di ciclismo su pista a Berlino si sono chiusi in maniera soddisfacente per l’Italia con sei medaglie complessive (2 ori, 1 argento, 3 bronzi). Una squadra composta per lo più da atleti giovanissimi, con margini di crescita ancora notevoli.

Partiamo dal settore femminile. L’inseguimento a squadre fa parte ormai da tempo dell’elite internazionale, come testimoniano i due titoli consecutivi vinti nella rassegna continentale, oltre ai successi in Coppa del Mondo ed al quarto posto (con rimpianti) agli ultimi Mondiali. Accanto alle veterane Silvia Valsecchi, splendida terza nella prova individuale a 35 anni, Tatiana Guderzo e Simona Frapporti, sono state inserite due potenziali fuoriclasse come Elisa Balsamo e Letizia Paternoster, entrambe pluri-decorate nelle rassegne giovanili. Il risultato è stato un cocktail assolutamente irresistibile, con la Gran Bretagna frantumata nell’atto conclusivo con un tempo (4’17”) davvero formidabile. L’obiettivo di queste ragazze, anche se per scaramanzia non lo ammetteranno mai, è l’oro olimpico. Per raggiungerlo, sarà necessario spingere ulteriormente per abbassare i propri limiti sino alle soglie dei 4’10”. Difficile, ma non impossibile per un gruppo in continua espansione, cui presto si aggiungeranno anche Martina Fidanza, Vittoria Guazzini e Chiara Consonni, campionesse iridate juniores in carica (con tanto di primato mondiale). Per quanto riguarda le altre specialità olimpiche, Elisa Balsamo ha colto un bronzo importante nell’omnium, anche se in questa disciplina potrebbe profilarsi presto un sano dualismo proprio con la Paternoster: a Tokyo ci sarà spazio solo per una delle due e chissà che la concorrenza interna non possa fare bene ad entrambe. Balsamo e Paternoster, inoltre, in prospettiva potrebbero dar vita ad una coppia potenzialmente devastante nella madison che, al femminile, farà il suo debutto a Cinque Cerchi proprio ai Giochi del Sol Levante. Qualcosa si muove anche nella velocità pura. Miriam Vece ed Elena Bissolati sono progredite molto nell’ultimo anno, portandosi ad una manciata di decimi dalle compagini che si giocano il podio nella velocità a squadre. Due ragazze che l’Italia attende da tempo e che sembrano finalmente pronte al definitivo salto di qualità.

Ottimi riscontri anche nel settore maschile dove, ad onor del vero, non sembra regnare la stessa abbondanza che in quello femminile. Filippo Ganna rappresenta il trascinatore indiscusso di un intero movimento: prima ha contribuito all’argento del Bel Paese nell’inseguimento a squadre, poi ha trionfato anche nella prova individuale. Un talento purissimo che, a soli 21 anni, ha già vinto un Mondiale ed un Europeo e che promette in futuro grandi imprese anche su strada, con il mirino puntato sulla Parigi-Roubaix. Per il ct Marco Villa sarà fondamentale allargare ulteriormente la rosa dei papabili per il quartetto, anche se attualmente non si vede un nuovo Ganna all’orizzonte. Tra i più giovani andranno monitorati l’eclettico Michele Gazzoli, Emanuele Amadio, Samuele Manfredi e Giulio Masotto. Per quanto riguarda le gare endurance, Simone Consonni ha evidenziato dei limiti di tenuta fisica che, per ora, gli impediscono il decollo definitivo tra i grandi dell’omnium. L’azzurro ha pagato dazio alle fatiche dell’inseguimento a squadre in una corsa a punti conclusiva che si è rivelata durissima, per poi presentarsi spento alla successiva madison. Ad oggi, Consonni resta un grande prospetto, ma non ancora una certezza in vista delle Olimpiadi di Tokyo 2020. Dal 2019, tuttavia, potremmo assistere al grande ritorno di Elia Viviani. Il campione olimpico di Rio 2016 ha deciso di dedicarsi a tempo pieno per due stagioni alla strada ed i risultati gli hanno dato ragione (vittoria alla Classica di Amburgo e argento agli Europei). Non ha escluso, però, di rimettersi in gioco nei velodromi. E’ chiaro che Viviani potrebbe spostare gli equilibri della Nazionale azzurra, potendo partecipare all’inseguimento a squadre, all’omnium, senza contare una madison potenzialmente da podio insieme a Consonni o Liam Bertazzo. Resta infine il grande tallone d’Achille della velocità pura, dove dai tempi di Roberto Chiappa (è trascorso ormai un decennio) l’Italia non riesce a trovare interpreti all’altezza.

Eppure tutti questi grandi risultati e lo stesso avvicinamento a Tokyo 2020 potrebbero venire incredibilmente vanificati da una solita storia all’italiana…Nel nostro Paese esiste un solo velodromo coperto, quello di Montichiari (BS). Inaugurato nel 2009, da allora, come ha dichiarato il presidente della Federciclismo Renato Di Rocco, non è mai stato soggetto ad opere di manutenzione. Otto anni dopo, esistono dei problemi di copertura ed anche agli scarichi. I Campionati Italiani in programma ad inizio ottobre sono stati cancellati perché, in caso di pioggia, la pista si sarebbe bagnata, mettendo a rischio l’incolumità dei corridori…Chi dovrà intervenire per la manutenzione? Di Rocco, in un’intervista a Brescia Oggi, lancia la palla al Comune: “La Federazione si sta già sobbarcando un mutuo di 15 anni per l’impianto, ora tocca all’amministrazione comunale“. Che, dal proprio canto, per ora temporeggia…Si vocifera addirittura che il velodromo possa essere chiuso definitivamente. In tal caso “nei mesi invernali saremmo costretti ad allenarci oltre i confini italiani come fatto purtroppo per alcuni anni da quando il palasport milanese è stato abbattuto dalla grande nevicata“, ha spiegato Di Rocco. Un’eventualità di questo genere, di fatto, vanificherebbe gli enormi sforzi compiuti in quasi 10 anni dalla Federazione, riuscita finalmente a rilanciare il ciclismo su pista dopo quasi due decadi. Ha senso ora buttare via tutto? Serve intervenire senza indugi, c’è in ballo la sopravvivenza di uno sport troppo importante per tradizione e prospettive.





federico.militello@oasport.it
Foto: Twitter Federciclismo

1 Commento

  1. ale sandro

    23 Ottobre 2017 at 13:53

    Resto basito da questa piega, perchè pensavo che col Mondiale junior organizzato questa estate, certe situazioni potessero rientrare sotto controllo.
    Situazione delicatissima, anche perchè i lavori per il velodromo in provincia di Treviso (Spresiano mi pare) , dovrebbero ancora incominciare e non concludersi prima della metà del 2019.
    Nel migliore dei casi ,procedendo tutto senza intoppi (e il condizionale è d’obbligo), la sola stagione olimpica potrà essere coperta dal nuovo impianto. Troppo rischioso per i piani degli azzurri.

    Riguardo la situazione della velocità, paghiamo l’assenza di un vero responsabile di settore con un progetto , soprattutto al maschile, al passo coi tempi e in linea con le nazioni più forti. Ci vorranno purtroppo ancora tanti anni dal momento in cui si inizierà a lavorare nella velocità, nella direzione giusta. Ancora non si è cominciato a farlo, secondo me.
    Anche se a livello femminile , pure in questo settore , i talenti giovani non sono mancati di certo (Vece-Bissolati, Manzoni-Fidanza), e ho un minimo di ottimismo in più.

    Sulle prove olimpiche di gruppo , la competizione potrebbe comprendere anche la stessa Barbieri , che più volte ha dimostrato di saper competere a livelli alti , sia nell’omnium che nella madison. In ogni caso i tre nomi su cui puntare al momento sembrano questi: Balsamo , Paternoster, Barbieri.
    Al maschile sono d’accordo decisamente sul discorso di Consonni e Viviani , che auspicavo al ritorno in pista in un commento durante questo europeo , e spero anche io nell’esplosione di un nuovo talento come Gazzoli che mi ha molto impressionato sia all’europeo in pista che al mondiale su strada, sempre di categoria.

    I propositi di oro a Tokyo per il quartetto femminile appartengono ancora a una speranza, per carità anche ben sostenuta dai miglioramenti splendidi delle ragazze, ma pur sempre da vedere come grandissima incognita al momento attuale.
    Il mondiale di inizio 2018 potrebbe però dare indicazioni importanti , sia in caso di tempi che di piazzamento finale, in progresso continuo rispetto al mondiale di Aprile scorso.
    L’anno pari non olimpico , spesso snobbato , per me è sempre indicatore di ciò che l’Italia si ritrova per le mani in concreto, per poter pianificare al meglio il biennio olimpico.

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