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Cinquant’anni senza Gigi Meroni: 15 ottobre 1967, l’Angelo estroso vola in cielo. Il talento più puro, esteta del calcio azzurro

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Non se n’è mai andato dai cuori di chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare, il suo nome sarà per sempre impresso nei libri della grande storia del calcio, le sue gesta rimarranno indelebili nella leggenda, è semplicemente immortale. Gigi Meroni se n’è andato da cinquant’anni, ci ha lasciato da mezzo secolo eppure la sua memoria riverbera ogni 15 ottobre, data che coincide con la scomparsa di uno dei più grandi calciatori che l’Italia ha avuto la fortuna di poter ammirare: aveva solo 24 anni quando si è spento all’improvviso, una stella nel pieno di una carriera che poteva essere luminosa e vincente.

Il fato ce lo ha portato via, un tragico incidente ci ha privato di uno dei più grandi talenti di tutti i tempi: genio, fantasia, estro, grandi colpi d’attacco, un cuore infinito. Semplicemente l’ala destra del Torino, una personalità naif dallo stile stravagante, un numero 7 come non ne fanno più, il principe dei dribbling e delle finte, tutto condito da giocate funamboliche che mandava in visibilio qualsiasi tifoseria, non soltanto quella granata.

Dipingeva l’arte del calcio, un esteta puro dallo stile unico e inimitabile, un’icona ineguagliabile. Gigi Meroni da Como, senza papà fin dalla tenera età, lui che disegnava cravatte mentre la mamma tesseva la seta, arte che ha sfamato generazioni sul Lario. Il capellone del Torino come lo ribattezzavano, amatissimo ma anche discusso come ai Mondiali 1966 quando non giocò nemmeno un minuto nella spedizione che si concluse con la clamorosa umiliazione subita contro la Corea del Nord dei dilettanti, la pagina più brutta della storia della nostra Nazionale.

Sono passati cinquant’anni da quel 15 ottobre 1967, mezzo secolo senza Gigi Meroni, cinque decenni da quella domenica di metà ottobre: Corso Umberto a Torino, una macchina lo centrò in pieno e morì sul colpo, investito da Attilio Romero che anni dopo divenne Presidente del Torino, uno che tifava per lui. Un mito immortale, ricordato ancora da tutti, come se gli anni non passassero mai.

 





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