“Io mi sento italiano. Io sono italiano. Tutto quello che so l’ho imparato qui. La salsa? Quando lotto è una specie di danza, ma non direi proprio quella. Quando nasci qui hai un pallone tra i piedi, a Cuba si balla…ma non mi manca“. Una vera e propria dichiarazione d’amore che Frank Chamizo ha rilasciato durante un’intervista concessa a Radio Rai Uno nel corso della trasmissione Extra Time. Il Campione del Mondo di lotta libera, bronzo alle Olimpiadi di Rio 2016, si è concesso ai microfoni dell’emittente pubblica e si è raccontato a tutto tondo.
Il suo primo incontro con la lotta e la dura infanzia a Cuba: “Ho dovuto imparare da piccolo a cavarmela da solo. Nella vita ci si abitua ad affrontare quello che capita. Vivevo con nonna e si faticava anche solo per avere il cibo a tavola. Quando sei piccolo hai bisogno di quelle figure che ti accompagnano passo passo, io invece a Cuba stavo per strada da solo“.
“A sette anni scappai di casa. Correndo per quelle strade mi ritrovai di fronte ad una palestra. Rimasi a bocca aperta a guardare i ragazzi lottare, finché un uomo mi disse, “se vuoi farlo anche tu mi devi portare un documento”. Allora corsi a casa e dopo la sgridata per essere scappato, chiesi il permesso a mia madre, che però me lo vietò. Io non capivo il perché, lo scoprii solo più tardi. Il giorno che mamma partì per la Spagna, rubai il mio documento alla nonna e tornai alla palestra. Quando lessero il mio cognome mi dissero: “Sai che tuo padre faceva lotta?”. Fu lì che lo scoprii. Da quel giorno mi innamorai di questa disciplina“.
Poi l’incontro con Dalma Caneva, il matrimonio e la cittadinanza italiana: “Dalma e suo padre Lucio sono la mia famiglia: tutti appassionati della lotta…ritrovarmi in mezzo a loro è stata la mia fortuna, sono entrato in un mondo dal quale non vorrei uscire mai. La mia integrazione qui in italia, l’educazione, il rispetto che ho imparato è solo grazie a loro: Lucio mi ha insegnato a chiedere “per favore” e a dire “scusa”.
E il sogno olimpico che continua: “Il bronzo olimpico di Rio 2016 è un bruciore che mi porterò avanti fino a Tokyo 2020. Volevo l’oro. L’azerbaigiano Toghrul Asgarov, con cui ho perso, mi ha tolto il sogno di una vita, ma nello sport può capitare, ci si deve solo rialzare. Quando sono tornato in Italia mi hanno festeggiato alla grande e devo molto a questo: quel giorno mi hanno fatto passare il dolore che avevo“.