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MotoGP, Mondiale 2017: Marc Marquez, da pilota rischiatutto a finissimo stratega. Lo spagnolo è diventato cinico e calcolatore. E promette di non fermarsi…

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La lotta per il Mondiale 2017 di MotoGP è ancora aperta. Andrea Dovizioso ha tenuto vive le speranze di titolo grazie alla vittoria nel Gran Premio della Malesia. Un trionfo meritato per l’italiano, giunto alla sesta vittoria di una stagione davvero sopra le righe. Il pilota della Ducati proverà quindi a giocarsi tutto a Valencia; il sogno dell’impresa è vivo ma bisogna fare i conti con la realtà dei fatti. Il favorito per il titolo rimane uno e uno solo, Marc Marquez. Lo spagnolo si presenta su un circuito a lui favorevole con ben 21 punti di vantaggio: se Dovizioso non avrà altro risultato che la vittoria, al Cabroncito basterà fare meglio della dodicesima posizione.

Un titolo che sembra sempre più in tasca per il classe ’93, che in questo modo arriverebbe al suo sesto Mondiale al termine di una stagione che ci ha confermato ancora una volta le doti di questo pilota. Sin dal suo debutto in MotoGP (ma a dire il vero anche in 125 e Moto2) Marquez ha dimostrato di saper fare solo una cosa: correre a tutta per vincere. Frutto di un talento straordinario e di una padronanza assoluta della sua moto. Marc, infatti, ha evidenziato dalla prima gara un feeling particolare con la sua Honda, a differenza, ad esempio, del suo compagno di squadra Daniel Pedrosa. Fortissimo nel corpo a corpo, disegnando traiettorie e staccate inimmaginabili per gli altri piloti, e abile stratega nel flag-to-flag, il nativo di Cervera si è spesso dimostrato quasi imbattibile.

Una capacità di rischiare sempre al limite che però gli è costata caro in più di un’occasione. Soprattutto nel 2015, l’annus horribilis di Marquez, con ben sei ritiri ed una quantità impressionante di cadute. Una stagione difficile, che ha rappresentato l’inizio del cambiamento. Marc ha imparato a ragionare, è diventato più cinico. E paradossalmente ancora più forte. Già lo scorso anno il suo titolo è stato frutto della continuità, della capacità di sfruttare al massimo le piste e le condizioni a lui favorevoli per poi correre in “difesa” quando la situazione lo richiedeva. Portando al trionfo una moto decisamente inferiore alla Yamaha ma che lui è stato in grado di far rendere al massimo.

Le cadute ci sono ancora, così come i rischi, sia chiaro, ma sono “controllati”. Abbiamo visto cadere spesso Marquez nel corso delle prove libere, scivolate che lo aiutano a cercare il limite. Una capacità di maneggiare il pericolo che ha reso lo spagnolo ancora più difficile da battere. Un po’ come quest’anno, quando a Misano poteva volare e dominare, ma ha deciso di controllare, di aspettare il momento giusto per piazzare quell’unico sorpasso che lo ha portato alla vittoria. O a Phillip Island, quando è riuscito a rimanere fuori dalla bagarre e ad allungare nel momento decisivo. O ancora ieri a Sepang, quando poteva rischiare e chiudere il Mondiale (e qualche anno fa lo avrebbe fatto, su questo non c’è dubbio) ma è rimasto giù dal podio, accontentandosi. A Valencia Marquez ha la possibilità di dipendere da se stesso, di portare a compimento un altro piccolo capolavoro. Una stagione in cui ha spesso ha messo da parte il suo istinto, preferendo ragionare, portare a casa il risultato finale anziché i traguardi intermedi. Basti pensare che quest’anno è stato battuto in tre occasioni nel corpo a corpo da Dovizioso. E paradossalmente è questo che fa ancor più paura per il futuro. A 24 anni, Marquez promette di non fermarsi…

 





 

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alessandro.tarallo@oasport.it

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