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Calcio
Calcio, la favola dei talenti italiani assenti: mancanza di programmazione e di meritocrazia
Appare scontato ed è anche umano: quando le cose vanno male, si vede la realtà da una prospettiva più negativa di quella che è. Il caso della clamorosa eliminazione della Nazionale Italiana di calcio non fa di certo eccezione.
Dopo il fischio finale del sig. Lahoz, nel confronto di San Siro contro la Svezia, tutti ci siamo avventurati in ragionamenti con un fondo di verità cercando di trovare un motivo per questa debacle. In casi come questi la semplificazione della problematica è un agire assai comune: colpa del presidente Carlo Tavecchio, di Gian Piero Ventura, dei giocatori o del modo intendere il calcio.
Ebbene, tra le argomentazioni più gettonate esiste quella dell’assenza di talenti nel nostro Paese. Il confronto con calciatori del passato del calibro di Roberto Baggio, Alessandro Del Piero e Francesco Totti appare quasi ingeneroso. Tuttavia se è vero che il campione con la “C maiuscola” non c’è questo ha una spiegazione e non è certo perché, di punto in bianco, gli atleti di qualità sono andati in via d’estinzione.
Non serve andare troppo indietro nel tempo e basta guardare, ad esempio, a due delle competizioni giovanili che hanno visto coinvolti i nostri colori ovvero gli Europei Under21 ed il Mondiale Under20. Dati alla mano le due selezioni hanno ottenuto una semifinale ed un terzo posto mettendo in evidenza giocatori di ottimo livello. Risultati degni di nota.
Voi direte: “E’ vero ma non giocano nei club”. Risposta esatta ma perché? Perché alcune regole sono sbagliate. Un calciatore a 21-22 anni nelle categorie inferiori non gioca più perché ci sono le famose norme degli Under cioè viene preferito non chi è più bravo ma sulla base dell’anagrafe. E poi il mercato interno: per comprare un giocatore italiano, tra due società del Bel Paese, ci vuole una fideiussione bancaria quindi la garanzia economica. Se l’atleta viene acquistato invece da un club straniero tutto questo iter non viene richiesto. Pertanto la società coinvolta è più in difficoltà preferendo il giocatore estero. Una valutazione tipicamente economica sulla base di un asset non meritocratico volto solo a fare il vantaggio di chi entra nel calcio per lucrare piuttosto che ottenere risultati sportivi di alto livello.
E’ evidente altresì che così non si può andare avanti perché i calciatori validi ci sono ma manca sia una valorizzazione tecnica e sia norme adeguate senza sopravvalutazioni economiche o passaggi burocratici complicati. Una rete da rifondare ma che ben difficilmente muterà essendoci sempre gli stessi personaggi sulla plancia di comando.
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giandomenico.tiseo@oasport.it
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Foto: fonte libera Figc