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Ciclismo, Beppe Martinelli: “Scendo dall’ammiraglia. La tv italiana mi ha fatto male. Aru e Nibali? Due opposti. Mai parlato della scelta di lasciare l’Astana”

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Giuseppe Martinelli è da decenni uno dei volti più noti del ciclismo, uno dei Direttori Sportivi più vincente della storia (ha guidato i suoi uomini alla conquista di ben 9 grandi giri, tra le altre cose) e dalla prossima stagione non lo vedremo più in ammiraglia come ha definitivamente dichiarato in un’intervista alla Gazzetta dello Sport: “Potrei fare qualche corsa ogni tanto, ma in realtà lavorerò quasi esclusivamente dietro le quinte. Logistica. Programmi. Consigli. Mi immagino come jolly, non farò più quello che ho fatto finora. Ho cominciato a pensarci nel 2016. Poi le critiche ingiuste ricevute all’ultimo Tour mi hanno fatto male, mi sono rimaste dentro“.

E qui il DS dell’Astana attacca la televisione italiana: “Sembrava quasi una cosa pilotata per allontanare Aru dal team, di farlo spostare verso una scelta cie di fatto Fabio aveva già fatto. Io non sono riuscito a far capire che non potevamo fare niente di più. Cadute e infortuni hanno condizionato la gara. Ci sono mancati Cataldo, Fulgsang, prima ancora Kangert e il povero Scarponi. Non si può pensare di avere la bacchetta magica e improvvisare“.

Il 62enne non lega la sua decisione di scendere dall’ammiraglia con l’assenza di un grande campione in squadra: “Come dicevo ci riflettevo già da un po’. Voglio staccare, prendermi il mio tempo, lavorare diversamente. Stare con me stesso, non avere l’assillo dei risultati, non essere sempre in prima fila. Voglio guardare le cose da un’altra prospettiva. Il fatto di essere stato messo sulla seconda ammiraglia al Tour mi ha forse inconsciamente fatto sentire meno rappresentato, meno solido di prima“.

C’è spazio anche per parlare della morte di Michele Scarponi: “Non dico che mi ha ucciso… ma mi ha tolto un po’ di sangue. Mi ha segnato e non voglio paragonarla a niente altro. Ho conservato dei messaggi vocali, un giorno vi farò ascoltare l’ultimo che mi aveva mandato alle 10 di sera, il giorno prima di morire. Pare un testamento, sembrava quasi che sapesse che stesse per succedere qualcosa…“.

La decisione di Fabio Aru di dare l’addio all’Astana e di accasarsi alla Uae Emirates sembra quasi averlo sorpreso: “Avevamo un rapporto vero, eppure è stata una scelta totalmente sua. Giuro, non ci sono mai entrato e lui non ha mai spartito con me niente, mai chiesto se facesse bene o male. Niente. Neppure con gli altri. Ma vorrei chiarire che non mi sento né tradito né deluso. Non lo sento da un mesetto, però non ci sono problemi. Se ci sarà da abbracciarsi, lo faremo tranquillamente. Credo che sia stata una scelta di vita, ma anche il fattore economico deve essere stato importante. Molto importante“.

Martinelli ora si può sentire libero di fare un confronto tra Aru e Nibali: “Sono opposti. Fabio ha le sue idee. Ti ascolta, si può limare un po’, ma qualcosa di suo lo vuole sempre mettere e alla fine lo ottiene. Vincenzo è come lo vedi. Un buono. Non dico che si lasci abbindolare ma accarezzare sì. Lo porti a miti consigli, lo riesci a gestire meglio. Fabio è un po’ più testardo. Ho lavorato bene con entrambi. Con Vincenzo è stato un po’ più facile, con Fabio abbiamo tribolato di più“.

Sulle polemiche di Vinokourov tira invece dritto:Non voglio entrarci. C’è da considerare che Vino non credeva che Fabio potesse andarsene. Impossibile, sei matto, mi diceva. Aru era passato pro’ con l’Astana, lo considerava una nostra creatura, pensava che potesse diventare una bandiera. Come Riva per il Cagliari o Maldini per il Milan, nel calcio. Come Boonen per la Quick Step, nel ciclsmo. Forse a Fabio abbiamo dato anche di più che a Nibali, che è arrivato già campione“.





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