Atletica

Maratona New York 2017: Giuliano Caldarese commuove la Grande Mela. Il coraggio dello Zio del Direttore di OA Sport

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Lo sport sa regalare storie uniche ed emozionanti. Lo sport esula dalla mera ricerca della vittoria, è un qualcosa che valica i confini del razionale, dove l’essere umano sfida i propri limiti e la natura stessa. Ed è proprio una grande storia di sport quella che vogliamo raccontarvi.

Ieri, alla Maratona di New York 2017 vinta dal keniano Geoffrey Kipsang Kamworor, ha preso parte anche Giuliano Caldarese, podista di Cava de’ Tirreni, nonché zio di Federico Militello, il nostro Direttore di OA Sport. Classe 1968, Giuliano, riscopertosi appassionato di corsa all’alba dei quarant’anni, ha partecipato in passato a diverse Maratone di prestigio in Europa, tra cui Berlino, Roma, Venezia e Valencia, portandole tutte a termine e vantando un primato personale più che buono per un amatore: 3 ore e 35 minuti. Da anni, tuttavia, il sogno era uno solo: tagliare il traguardo dopo i 42 km e 195 metri della Grande Mela.

Dopo un avvio folgorante, con una proiezione addirittura inferiore alle 3 ore e 30 minuti dopo i primi 15 km, ecco arrivare una crisi improvvisa ai 20000 metri. La testa comincia a girare, le gambe faticano a rispondere agli impulsi del cervello. La mente viene sfiorata dall’ipotesi del ritiro. Ma è solo un attimo. Giuliano pensa ai suoi figli, Giuseppe ed Alessandro, e capisce che non può deluderli. Il loro papà non può, non deve arrendersi. Deve dare tutto, fino alla fine. Perché conta solo quel traguardo e bisogna arrivarci in qualsiasi modo. Con grande forza mentale, il podista campano reagisce con orgoglio. Cammina per qualche chilometro, si rifocilla con un paio di banane e bevande energetiche, prima di profondersi nell’ultimo sforzo.





In un clima umido e spettrale, con la nebbia ad avvolgere una città ancora scossa dal vile attentato di pochi giorni fa, ecco che un uomo normale, come tutti noi, vince la sua battaglia personale e riesce infine a domare la Maratona da cui sempre era stato attratto. E poco importa che il tempo conclusivo sia di quasi un’ora superiore al proprio personale. Ieri contava solo portare al traguardo il pettorale numero 16184. Perché oltrepassare i propri limiti e le difficoltà che si parano lungo la strada permette di godersi appieno la vera essenza dello sport. E della vita.

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