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Marco Pantani, un campione “fuori norma”. Un libro che racconta un mito che continua a vivere
“Ma Pantani non viene ricordato solo per le vittorie. Il Pirata non era solo questo. Quando il romagnolo partecipava ad una gara, la gente sognava ad occhi aperti. Si aspettava sempre un suo scatto da un momento all’altro. Quello zampettare sui pedali così unico, così entusiasmante da vedere, ma tremendo per gli avversari. E quando il Pirata si toglieva la bandana…beh, erano problemi per tutti, perché di lì a poco sarebbe accaduto qualcosa. Noi Pantani vogliamo ricordarlo così. Come il ciclista che riconsegnò all’Italia emozioni smarrite forse dai tempi di Coppi e Bartali. Un ragazzo che seppe reagire ai trabocchetti del destino, rialzandosi sempre dopo i tanti gravi infortuni e tornando più forte di prima. Un uomo come tanti altri, lacerato dalle sue paure e ritrovatosi solo nel momento del bisogno”.
Il ritratto di Marco Pantani realizzato dal giornalista Federico Militello e dallo scrittore Pio Napolitano sul libro ‘Cantami italia‘ sintetizza in poche righe la complessa vicenda sportiva e umana di uno dei più grandi ciclisti della storia italiana, uno tra i pochi sportivi azzurri, insieme ad Alberto Tomba, Valentino Rossi e Roberto Baggio, capaci di accendere la fantasia dei tifosi e di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica. Recentemente la drammatica vicenda del Pirata è tornata alla ribalta in quanto la Cassazione ha messo la parola fine al caso giudiziario che riguarda la morte di Pantani dichiarando inammissibile il ricorso presentato dal suo avvocato contro l’archiviazione del caso decisa dal Gip di Rimini nel giugno del 2016. E così è doveroso tornare a ricordare la figura del leggendario Pirata.
Alcuni anni fa uscì un agevole libro di neppure cento pagine sul corridore della Mercatone Uno in cui, in pochi capitoli, venivano ripercorse le tappe salienti della carriera del ciclista romagnolo e le drammatiche vicende che lo travolsero, centrando l’attenzione sul suo aspetto psicologico: Marco Pantani. Il campione fuori norma (Bevivino, 2006) del giornalista Valerio Vecchi. Come lo stesso autore scrive nell’introduzione, il suo obiettivo è cercare di capire cosa si ruppe nella mente del Pirata: “Cosa l’ha spinto ad autodistruggersi in questa maniera? Ripercorrendo la breve vita di Pantani, si può cercare di intuire il male interiore che l’ha travolto, di descrivere la sua complessa personalità che si reggeva su equilibri assai labili. Equilibri che, a un certo punto, hanno ceduto”.
E così Vecchi ripercorre la carriera di Pantani, dagli esordi alle prime vittorie fino ad arrivare ai clamorosi risultati ottenuti nelle grandi corse a tappe nel 1994. Quella di Pantani fu un’ascesa rallentata solamente da alcuni sfortunati infortuni che, tuttavia, non gli preclusero di inanellare un magico 1998 con la doppietta Giro d’Italia e Tour de France, riportando il Bel Paese nell’albo d’oro della Grande Boucle dopo l’ultimo trionfo di Felice Gimondi nel 1965. E quando ormai la carriera del Pirata sembra lanciata verso altri grandi successi, ecco quel fatidico 5 giugno 1999, l’addio al Giro d’Italia impostogli per i valori fuori norma dell’ematocrito. È uno dei momenti chiave della vicenda sportiva di Pantani, sottolinea Vecchi, oltre a segnare profondamente la sua esistenza. Dopo Madonna di Campiglio, qualcosa si rompe in modo irreparabile nella psicologia del ciclista romagnolo anche se sarà ancora capace di memorabili colpi di coda con trionfi di tappa sia al Giro che al Tour. Ma Pantani non è più lui, cade in uno stato di profonda depressione e rimane intrappolato nella spirale della cocaina in un irrefrenabile vortice di autodistruzione. Vecchi descrive bene lo stato mentale di Pantani negli ultimi periodi della sua vita: “I suoi deliri si fanno sempre più frequenti e inquietanti […] È intrattabile, arrogante, ostinatamente chiuso in se stesso”.
Il Pirata si sta dirigendo rapidamente verso un tragico epilogo, a quel 14 febbraio 2004 quando, poche ore prima di morire, rivolge delle inequivocabili parole a Oliver Laghi, gestore di un vicino ristorante e tifoso di Pantani, l’ultimo a vederlo ancora in vita: “Non so se ci sarà un altro giorno”. Scompariva così il Pirata ma entrava subito nella Leggenda. Il merito principale del libro di Valerio Vecchi è quello di raccontare la vicenda del corridore romagnolo senza prenderne parte ma raccontandola in maniera asciutta e obiettiva. È un volume sintetico, agevole e interessante sia per gli appassionati di ciclismo che per i non addetti ai lavori perché, in fin dei conti, Pantani “è rimasto dentro, nel cuore e nella mente delle persone che lo hanno conosciuto, dei tifosi che lo hanno amato, e di coloro che semplicemente hanno seguito la sua storia”.
di Simone Morichini