Sci di fondo

Sci di fondo, Coppa del Mondo 2017-2018: Federico Pellegrino resta la punta di diamante azzurra. Ora serve un ulteriore svolta in tecnica classica

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Ogni appassionato italiano di sci di fondo ha un sogno: poter rivedere prima o poi la staffetta azzurra protagonista nelle grandi manifestazioni internazionali come lo fu dal 1994 al 2006, quando le battaglie epiche con la Norvegia infiammarono il popolo azzurro degli sci stretti. Un percorso lungo e tortuoso, quello della risalita, che coinvolge l’Italia del fondo al maschile da qualche anno, per poter tornare a primeggiare soprattutto nelle gare distance, quelle che hanno reso grandi i vari Albarello, De Zolt, Fauner, Valbusa, Di Centa e Piller Cottrer, tanto per fare qualche nome in ordine sparso, tutta gente che (Albarello escluso) aveva nella tecnica libera il suo punto forte ma se la sapeva cavare bene all’occorrenza anche nella classica.

Gli azzurri oggi possono contare su un vero fuoriclasse, che risponde al nome di Federico Pellegrino che ha ancora tanto da dire nelle sprint, a tal punto da rimandare la sfida con le distanze più lunghe. Chi ha già dimostrato, problemi fisici permettendo, di poter essere competitivo a livello assoluto, soprattutto nelle specialità distance in tecnica classica, è Francesco De Fabiani che cerca la stagione del rilancio, nella speranza di poter ripercorrere la strada di Albarello, unico vero specialista della tecnica libera, in grado di combattere costantemente con i giganti della specialità dagli anni ’80 fino al trionfo a Cinque Cerchi di Lillehammer.

Didi Noeckler può dire la sua soprattutto nella staffetta sprint a tecnica libera ma nelle gare distance non sempre riesce ad essere competitivo: alla soglia dei 30 anni, nell’anno olimpico, è arrivato il momento di cambiare marcia per cercare di entrare nella storia del fondo azzurro. Stessa crescita attesa da Giandomenico Salvadori, che è chiamato ad un compito importante, quello di riportare l’Italia in alto nella tecnica che storicamente non ci è amica, quella classica. Se arriverà anche da lui il salto di qualità tanto atteso (ormai, a 25 anni, il portacolori delle Fiamme Gialle non si può più considerare una promessa ma deve dimostrare di essere una realtà).

Il tutto in attesa di qualche guizzo della generazione degli Under 23, magari in quella tecnica (la classica) dove c’è carenza di talenti e anche una crisi di vocazione che va avanti da troppo tempo e una lacuna che andrebbe colmata per riuscire ad essere una Nazione nuovamente competitiva in staffetta. Il lavoro di Chenetti e del suo staff si preannuncia duro e pieno di ostacoli ma c’è materiale da plasmare e i tecnici sono quelli giusti.

 





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