Ciclismo

Così il ciclismo muore…

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E’ un giorno triste, tristissimo per il mondo del ciclismo. Come un fulmine a ciel sereno, è arrivata la notizia della positività al salbutamolo di Chris Froome, che ha assunto una dose di questa sostanza doppia rispetto a quanto consentito dalla normativa antidoping.

Ora, fin quando non sarà emessa una formale sentenza di condanna, il britannico andrà considerato innocente, secondo i classici e doverosi dettami del diritto internazionale. Eppure episodi come questi non fanno altro che uccidere il ciclismo.

Uno sport che, con grande fatica, negli ultimi anni si era ricostruito una credibilità. Gli scandali di fine anni Novanta e di inizio Nuovo Millennio erano ormai alle spalle, con un sistema di controlli che aveva garantito pulizia, scoraggiando gli imbroglioni. Nell’ultimo lustro nella rete del doping non erano più finiti grandi nomi e non era un caso.

Ora, però, è toccato a Chris Froome. Il più grande corridore del decennio. L’unico, da due decadi a questa parte, capace di vincere due Grandi Giri (Tour e Vuelta) nello stesso anno e nel cui palmares figurano ben 4 Grande Boucle.

A prescindere da quale sarà l’esito finale di questa vicenda, che sia di condanna o assoluzione, la figura del capitano del Team Sky rischia di restare macchiata per sempre. Lo spettatore medio non potrà non pensare che certe grandi imprese sono possibili solo grazie agli ‘aiutini’. Come era stato in passato, d’altronde, con i sette Tour de France vinti (e poi revocati) da Lance Armstrong.

Per questo la positività di Froome fa male a tutti, addetti ai lavori e semplici appassionati. Fa male perché getterà ingiuste ombre anche sui futuri vincitori di grandi appuntamenti. Inconsciamente, fioccheranno dubbi e perplessità. E così il ciclismo muore…

federico.militello@oasport.it





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