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MotoGP, Andrea Dovizioso: “Il mio exploit è essere riuscito ad emozionare essendo me stesso”

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6 vittorie nel Mondiale 2017 MotoGP in sella alla Ducati, il lottare per il campionato con Marc Marquez e l’aver regalato un’emozione incredibile agli appassionati di moto ed ai tifosi della Rossa. Questo l’anno di Andrea Dovizioso: il “pilota della porta accanto” che fa del lavoro e la dedizione la propria droga senza cercare ossessivamente le luci della ribalta e voler essere personaggio ad ogni costo. Un pilota che attraverso la sua normalità ha saputo conquistare il pubblico ed entrare anche un po’ nel cuore dell’italiano medio.

Le vittorie aiutano sempre. Si diventa interessanti – sottolinea Dovizioso intervistato da Il GiornaleIl mio vero exploit non è aver vinto sulla Ducati che, per inciso, è cosa diversa rispetto a qualsiasi altra moto; non è averlo fatto per sei volte quest’anno; e non è aver lottato fino all’ultima gara. L’exploit è esserci riuscito emozionando alla mia maniera: cioè rimanendo me stesso, senza compromessi, tranquillo, riservato, mai showman. Questa mia normalità, in mezzo a un mondo di eccessi, ha invece stupito, rivelandosi originale. Oggi è tutta questione di immagine. Si deve apparire indipendentemente da ciò che realmente si è o si fa. I social sono importanti ma gestiti malissimo“, sottolinea il “Dovi”.

Una normalità quasi rivoluzionaria quella del forlivese anche per il suo essere antisistema, sincero ed onesto con se stesso. Una dote non comune, nell’arte dell’apparenza contemporanea: Il mio rapporto con Ducati non è stato semplice perché di base non accetto compromessi. Con l’arrivo di Lorenzo le cose sono un po’ cambiate ma a livello umano non è cambiato niente. Il compromesso con la Rossa è stato economico ma anche nei rapporti interni. Non mi era piaciuta per niente come era stata esposta l’intera questione”. Un contratto in scadenza nel 2018 quello del centauro italiano:Si, stiamo già trattando. Sarà molto complicato accordarsi. Quel che si decide ora condizionerà subito il 2018. Vedremo“.

Sulla questione accordo-disaccordo in pista nell’ultimo GP di Valencia con Lorenzo, Dovizioso è diplomatico ma sincero: “Alla fine, cosa sarebbe cambiato se avessi spinto sull’argomento per far venir fuori Jorge ancora peggio? L’importante è che in Ducati si sappia come sono andate le cose e questa situazione paghi al momento giusto”.

E sugli avversari: Valentino (Rossi ndr) è tante cose. Lo si può amare o odiare ma ha attirato ed appassionato milioni di fan. Lui è l’anomalo che ogni tanto viene fuori dagli sport. E’ il Tomba dello sci, è il Bolt dell’atletica. Ha cambiato e condizionato il nostro mondo e quando hai la forza di condizionare, significa che di quel mondo sei il re. Marc (Marquez ndr.) è invece uno che ha spostato i limiti dell’andare in moto. Prima di lui chi aveva appena rischiato di cadere non riusciva più a rendere al massimo, era come se la gara fosse compromessa. Lui ha dimostrato che si può sbagliare senza poi condizionare il rendimento”.

Sulla rivalità con il compianto Marco Simoncelli: Io e Marco eravamo rivali da quando avevano 7 anni. Una rivalità scomoda. Eravamo cane e gatto, lui quello aggressivo che sportellava, io quello buono e tranquillo. Due modi di vivere diversi, lui giocherellone e scanzonato, io serio e preciso. Non abbiamo mai legato. Però c’è stato sempre rispetto sportivo perchè sapevamo quanto eravamo forti. Quando Marco morì mi accadde qualcosa di strano. Tieni presente che non riuscivamo ad essere amici, che neppure ci parlavamo…e invece scoppiai a piangere. Io che non piangevo mai mi ritrovai in lacrime. Per questo, prima del funerale, decisi di andare a casa sua, da sua mamma, da suo papà Paolo. Già, il papà con cui avevo avuto fin lì un rapporto anche peggiore che con Marco. Ricordo quel giorno, eravamo uno difronte all’altro e ci guardavamo e capivamo. Per la prima volta comprendevamo che per anni ci eravamo visti in modo distorto per via della competizione e della rivalità. Per la prima volta eravamo due persone reali. Ora quindi, vedo Marco completamente diverso da come l’avevo vissuto. Solo che è troppo tardi.

Infine pensando al 2018: “Vorrei poter dire che spaccheremo il mondo e vinceremo, ma non posso. Certo, possiamo far bene, ma ci sono aspetti tecnici che vanno migliorati adesso, perchè poi sarà troppo tardi. Per questo sono preoccupato.

 





 

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giandomenico.tiseo@oasport.it

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Foto: Lorenzo Di Cola

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