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Calcio, FIGC: dov’è la rivoluzione annunciata? Ora la palla passa a Giovanni Malagò

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Sono passati quasi tre mesi dal 13 novembre 2017, data della sconfitta dell’Italia nel playoff per l’accesso ai Mondiali contro la Svezia. La goccia che fece traboccare il vaso già traballante della FIGC, piombata nel caos più totale che ha portato prima all’esonero di Giampiero Ventura e poi alle dimissioni di Carlo Tavecchio. Tre mesi di proclami, tra venti di cambiamento ed un presidente che avrebbe dovuto (condizionale più che mai d’obbligo) rivoluzionare il calcio italiano. L’inizio della rivoluzione doveva essere ieri ma l’Election Day non ha fatto altro che aumentare il caos.

Tra i tre litiganti ha vinto il quarto, Giovanni Malagò. Nell’impossibilità di eleggere un nuovo presidente, la FIGC sarà commissariata, come fortemente auspicato dal presidente del CONI. Un’occasione persa, secondo molti, meglio così secondo altri, convinti che una guida esterna possa riuscire a fare chiarezza e mettere insieme i pezzi di una Federazione sempre più spaccata, che continua a mettere al centro la politica e non il calcio. Il risultato delle elezioni rappresenta lo specchio perfetto della situazione attuale, con la Lega di Serie A a sua volta commissariata (il mandato del commissario Tavecchio è scaduto ieri e al suo posto al momento subentra Ezio Maria Simoncelli) e incapace di fare fronte comune, ed una Nazionale priva di una guida tecnica.

I tre candidati avevano i loro programmi e le loro buone ragioni, questo è certo. Nessuno, però, è riuscito a farsi da parte, a fare un passo indietro, a mettere al centro del proprio progetto di riforme il calcio e non la propria figura. A dare importanza al pallone, quel pallone che alla fine, nel momento giusto, non ne ha voluto sapere di entrare in rete. Merito (o demerito) di tutti e tre i candidati, fermi sulle loro posizioni. Tommasi ha proseguito sulla sua strada, anche dopo l’esclusione a seguito della terza votazione, preferendo di fatto un commissario esterno e votando, insieme a tutti i calciatori, scheda bianca al ballottaggio finale. “Nessuno dei due candidati rispecchia i nostri pensieri“, ha dichiarato il presidente dell’AIC. Un ballottaggio ai limiti del grottesco perché anche Sibilia, fino a quel momento il più votato, ha optato per la preferenza nulla insieme ai “suoi” (la LND), un gesto dettato dal “senso di responsabilità. Risultato: Gravina 39,09%, schede bianche 59,09%. Niente maggioranza, via al commissariamento. Una situazione assurda, sottolineata dalle accuse reciproche dei candidati sulla responsabilità del presunto mancato accordo, ritenuto “volgare” dallo stesso Gravina.

Una perdita di tempo e una rottura“, secondo De Laurentiis. “Una buffonata“, secondo Ferrero. La sconfitta del sistema calcio italiano, secondo tutti. Annunciata, arrivata ed evidenziata dai goffi tentativi di salvare le apparenze con dichiarazioni di facciata. E adesso? La palla passa a Giovanni Malagò, che nominerà il commissario nella giunta del CONI di giovedì. E se fosse proprio lui? Ipotesi remota ma non di così difficile attuazione. Chiunque sia, però, sarà chiamato ad un compito non facile: raccogliere i cocci di un calcio malato che consapevolmente (stando all’esito del ballottaggio) ha deciso di prolungare la sua agonia.

 





 

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alessandro.tarallo@oasport.it

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Foto: Wikipedia

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