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Sofia Goggia: “L’avvicinamento delle Olimpiadi mi ha fatto cambiare marcia. Non mi risparmio mai e punto sulla discesa”

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ESCLUSIVA – Le Olimpiadi Invernali di PyeongChang 2018 sono alle porte e la spedizione italiana in Corea è carica di sogni e aspettative: Sofia Goggia è forse in questo momento l’atleta più rappresentativa dell’Italia e alla sua prima Olimpiade sarà in gara in almeno tre discipline. L’abbiamo incontrata di persona a Cortina e ci ha parlato della sua situazione attuale e delle aspettative con cui fra pochi giorni partirà per i Giochi.

Partiamo dal weekend di Bad Kleinkirchheim: cos’è successo in quella magica giornata in cui è arrivata la storica tripletta azzurra?

È stata una gara molto particolare. Le condizioni della neve e del meteo non erano buone e per questo motivo la partenza era stata abbassata, cosa che mi aveva fatto pensare a una gara sul filo dei centesimi, una gara di nervi, cosa che poi non è successa visto che i distacchi sono stati più ampi. Ammetto che mi sarebbe piaciuto molto partire dall’alto perché nel primo tratto ci sono tre curve da discesiste pure, invece in questo modo la gara assomigliava di più a un superG: forse è stato anche per questo che siamo riuscite a centrare questa storica tripletta. Per Nadia ho provato una grandissima felicità, sia per sua sorella Elena, sia perché un anno fa era sul letto d’ospedale con un braccio rotto”.

La tua stagione è cominciata in sordina rispetto alla scorsa, poi è scattata la scintilla. Qual è stato il momento chiave?

“Penso che la scintilla sia scattata dopo un connubio di cose. A Soelden sono arrivata con tante aspettative da parte degli altri e da parte mia ma in quella pista soffro particolarmente a livello fisico, perché ho un polpaccio che ogni volta si indurisce. Da quel momento ho dovuto rallentare e ho avuto un mese di stasi, soffrendo così un calo di condizione fisica e mentale. Poi ho ripreso la condizione e sono arrivati i primi risultati. Il momento di svolta è arrivato, forse, il 31 dicembre, quando mi sono resa conto che mancavano solo quaranta giorni ai Giochi. Da lì in poi, ho iniziato a cambiare anche atteggiamento, stando ancor più concentrata, e gli ultimi risultati penso siano una conseguenza di tutto questo”.

Significa che ti stai preparando in maniera particolare alle Olimpiadi di PyeongChang?

“Il 31 dicembre, mentre tornavo a casa alle undici di sera, mi sono accorta che ero veramente a un passo dal realizzare il sogno di partecipare alle Olimpiadi e mi sono detta che da quel momento in poi mi sarei concentrata solo sulle cose per me importanti, su ciò che è essenziale, senza prestare attenzione a tutto ciò che è superfluo. Mi sento un po’ un cecchino, un tiratore scelto (ride)”.

Ti senti vicina a essere la miglior Sofia della tua carriera?

“A Bad in superG ho sciato in alcuni tratti meglio di quanto ho fatto in discesa o nella gara vinta a Cortina, anche se poi ho sbagliato completamente una porta e sono arrivata lontana dal podio. Il mio atteggiamento però è quello di andare sempre a tutta, cercando il limite e spingendo come so fare, senza fare calcoli anche nelle gare prima delle Olimpiadi. So che arrivare ai Giochi con questo stato di forma e con questi risultati mi mette in una posizione più “criticabile” perché giustamente se hai il colpo in canna sarebbe meglio spararlo nel momento più importante. Io però mi sento una tiratrice che cerca di sparare e centrare il bersaglio in ogni cosa che faccio, anche perché non posso avere la certezza che centrerò il bersaglio ai Giochi, se mi risparmio prima in Coppa del Mondo”.

Come immagini l’atmosfera olimpica?

“È un sogno per me partecipare ai Giochi ma tante volte sono curiosa di una cosa: vorrei capire bene cosa proverò al cancelletto di partenza alla mia prima Olimpiade, a cosa penserò e se avrò o meno delle gambe toniche. L’unica cosa che mi incuriosisce è legata a come reagirò io. In fin dei conti l’Olimpiade è la massima espressione sportiva, in cui c’è tanta pressione perché in una gara si concentrano gli sforzi di quattro anni. La pressione, però, è il succo dello sport a questi livelli e c’è chi la regge e chi si fa schiacciare. Spero di far parte della prima categoria”.

L’esperienza di St Moritz ai Mondiali dello scorso anno ti può essere utile in tal senso?

“Sicuramente sì. Per fortuna che in quell’occasione sono riuscita in qualche modo a conquistare la medaglia (bronzo in gigante, ndr). Chiaramente a PyeongChang sarà peggio: comincerò con il gigante, poi ci saranno superG e discesa. Iniziare con il gigante sicuramente mi toglierà un po’ di pressione. Non penso di essere fra le favorite alla luce della stagione che sto facendo in questa disciplina, però mai dire mai”.

In una vecchia intervista, hai detto che l’immagine che più ti è rimasta impressa dei Giochi è l’oro di Lindsey Vonn a Vancouver. Che effetto ti farà sfidarla anche alle Olimpiadi?

“In quell’occasione ero a casa sul divano, infortunata, e in tv vidi il suo oro: è un qualcosa che mi ha fatto veramente sognare e in quel momento ho desiderato, un giorno, di poter ottenere anche io un risultato del genere. Anni dopo, a partire dal 2015, ho iniziato a gareggiare con lei, arrivando vicino a lei in tante occasioni e – in poche altre – riuscendo a starle anche davanti. Per me è sempre un onore essere in pista con Lindsey e lo sarà anche alle Olimpiadi”.

Su quale disciplina punterai maggiormente per la conquista di una medaglia?

“Mi piacerebbe vincere in discesa che è la gara in cui mi sento più competitiva e sto facendo meglio in stagione, ma dovesse arrivare una medaglia d’oro andrebbe bene anche in slalom (ride)”.

L’anno scorso in Corea hai vinto le tue due prime gare in Coppa del Mondo. Può essere un segno del destino?

“Onestamente non lo so, spero di riconfermarmi perché altrimenti vuol dire che ho vinto nell’anno sbagliato. A parte gli scherzi, le cose cambiano da un anno all’altro, da un giorno all’altro, e spesso le gare si decidono sul filo dei centesimi. Rispetto all’anno scorso è tutto molto diverso: io cercherò di arrivare alla partenza consapevole dei miei mezzi e dei risultati che ho colto in stagione, sperando di riuscire a reggere la pressione di questo evento”.

Passiamo a Sofia Goggia come personaggio pubblico. Ormai lo sei a tutti gli effetti: com’è cambiata la tua vita?

“Inizialmente non è stato facile perché la situazione è cambiata radicalmente e in breve tempo, non sapevo bene come muovermi perché era davvero qualcosa di nuovo per me. All’inizio mi sentivo in colpa a dire addirittura il “no” al giornalista che mi cercava e spendevo molte energie in questo, quasi perché mi sentivo in colpa, poi ho capito e mi sono abituata. È come affrontare una discesa libera in una pista che non conosci: la prima volta non sai nemmeno com’è il salto e arrivi in fondo con i quadricipiti in fiamme, l’anno dopo potresti farla senza ricognizione”.

Credi si stia sviluppando una rivalità fra la squadra italiana e quella americana?

“No assolutamente no, loro possono contare su due pezzi da novanta come Lindsey e Mikaela, mentre noi italiane siamo più graffianti in certe occasioni. Non credo ci sia una rivalità fra le due squadre – anzi – con Lindsey ho davvero un ottimo rapporto, così come con Ilka Stuhec. Siamo competitive e vogliamo entrambe sempre vincere, ma a fine gara riusciamo sempre a scherzare e a fare una battuta. Lei è poi molto sportiva e ha sempre un occhio di riguardo anche verso di noi come ha dimostrato abbracciandoci sul podio a Bad Kleinkirchheim. Riesce sempre ad avere questo atteggiamento propositivo ed è una cosa che le fa davvero molto onore”. 

Pensi che in ottica futura Mikaela Shiffrin sia battibile per quanto riguarda la generale?

“Mai dire mai. Quest’anno no, anche perché nelle prime dieci gare ho fatto pochissimi punti. La generale è una cosa davvero grossa e intervengono spesso molte variabili: diciamo che di solito si parte dalle Coppe piccole e siccome sono in lotta per la Coppa di discesa proverò a centrare quello come primo obiettivo”.

Lo sci alpino, dopo anni di disinteresse, è tornato in auge in Italia grazie ai vostri risultati. Quanto ti gratifica questa cosa?

“Certamente mi fa molto piacere, ma penso di essere solamente un veicolo. È abbastanza normale, perché in fin dei conti l’italiano segue gli sport quando c’è qualcuno che riesce a far dei risultati, quando c’è un personaggio e quando ci sono Mondiali e Olimpiadi. Sento di aver dato un bel segnale l’anno scorso con tutti quei podi all’inizio, cosa che è poi stata amplificata dall’arrivo del nostro squadrone con tutte le altre compagne. Perciò… andiamo all’arrembaggio!”.

 





 

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andrea.voria@oasport.it

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Foto: Trovati Pentaphoto/Fisi

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