Sci di fondo
Storia delle Olimpiadi Invernali: Franco Nones, l’uomo che sfidò e sconfisse gli uomini del Nord
Quest’anno torniamo alle Olimpiadi invernali di PyeongChang con delle belle speranze e sensazioni per quel che riguarda lo sci di fondo maschile, grazie a Federico “Chicco” Pellegrino e Francesco De Fabiani che ben si stanno comportando nelle prove di Coppa del Mondo. Ma loro due sono solo gli ultimi esponenti maschili di una disciplina che in Italia ha uno zio e un padre riconosciuti da tutti. Lo zio è Maurilio de Zolt, icona del movimento italiano negli anni ’80 dando il via alla crescita e alle vittorie degli anni ’90, mentre il padre non può essere che Franco Nones, nato a Castello-Molina di Fiemme il 1° febbraio 1941.
In Italia già da giovanissimo non aveva rivali e dominò negli anni ’60, vincendo a ripetizione con il gruppo sportivo della Guardia di Finanza. Ancora un record imbattuto sono i 15 successi del gruppo sportivo citato nella staffetta ai Campionati italiani con Nones sempre protagonista.
Al tempo non esisteva una vera e propria Coppa del Mondo dello sci di fondo, per cui le grandi gare a cui partecipare erano Mondiali, Olimpiadi e prove uniche soprattutto nei Paesi scandinavi dove lo specialità era una religione. Il debutto di Nones a livello internazionale è stato alle Olimpiadi di Innsbruck nel 1964, quando terminò 10° nella 15km e 5° con la squadra italiana in staffetta. Come di consueto a vincere furono i grandi atleti del Nord: nella 15km il finlandese Eero Mantyranta, il norvegese Harald Gronningen e lo svedese Sixten Jernberg occuparono i tre gradini del podio, mentre nella staffetta prevalse la Svezia con Finlandia e URSS a completare i primi tre posti. Dopo aver visto gli scandinavi gareggiare, Nones decise che avrebbe dovuto raggiungere il loro status e finalmente sfidarli, impresa che fino a quel momento per un “latino” sembrava più che proibitiva.
E per sfidarli davvero doveva andare lì dove gareggiavano, vincevano e preparavano i grandi eventi prendendo parte alle loro gare. Nei primi anni prese sonore scoppole, ma poi il suo livello di competitività salì, vincendo due volte a Kuopio, una a Rovaniemi ed ottenendo diversi piazzamenti importanti nella grande classica di Lahti.
Fu da questa esperienza che Nones capì e mostrò anche ai suoi compagni di squadra quanto si potesse assottigliare il gap fra gli italiani e gli scandinavi. La prima prova del nove si ebbe ai Mondiali di Oslo del 1966, quando Nones guidò una meravigliosa staffetta insieme a Giulio de Florian, Gianfranco Stella e Franco Manfroi ad un terzo posto fino a quel momento inaspettato, mentre nella 30km doveva ancora lavorare sui dettagli per poter superare lo strapotere dei nordici. Finì solo quinto, in una gara dominata da due finlandesi: il solito Mantyranta e Laurila.
Il momento esatto in cui tutti i sacrifici di Nones avrebbero portato i loro frutti oppure sarebbero stati di nuovo un buco nell’acqua dovevano per forza di cose essere le Olimpiadi di Grenoble 1968. Il 7 febbraio 2018 sul percorso di Autras si disputava la prima gara, la 30km, e quella era la gara in cui Nones doveva finalmente superare i mostri sacri. Incredibilmente ci riuscì e fu il primo atleta non scandinavo o dell’URSS a vincere una medaglia d’oro olimpica nello sci di fondo. Secondo si piazzò il norvegese Odd Martinsen e terzo ancora una volta il finlandese Mantyranta.
A sottolineare come, dietro e insieme a Nones, l’intero movimento stesse crescendo, quinto si classificò uno splendido Giulio De Florian. Questa vittoria lo soddisfò completamente, tanto è vero che nelle altre due gare a cui era iscritto fece molto male: 36° nella 15km e 6° nella staffetta, ma il più era fatto. Vincere una medaglia d’oro olimpica nello sci di fondo voleva dire che era possibile mettere dietro chi quasi per natura e per tradizione non poteva essere battuto. Franco Nones decise con tutte le sue forze di sovvertire quella che sembrava una legge e riuscì in una sorta di miracolo che col tempo divenne tanto altro, dando la fiducia e la forza a tanti altri atleti italiani che hanno gareggiato, vinto e, si spera, vinceranno ancora in campo internazionale.
Di Jvan Sica