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Combinata nordica, Olimpiadi PyeongChang 2018: il bilancio. Alessandro Pittin conferma le difficoltà nel salto. Fondamentale sarà il ritorno di Samuel Costa

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Niente “salto di qualità” per l’Italia della combinata nordica alle Olimpiadi Invernali 2018 di PyeongChang. Gli azzurri hanno fatto troppa fatica dal trampolino sul percorso coreano e hanno detto addio alle speranze di medaglia sin dal primo segmento delle tre gare a cui hanno preso parte. La delusione più grande reca il marchio di Alessandro Pittin, da cui ci si attendeva una prestazione all’altezza della sua fama, in virtù soprattutto delle sue doti da agonista che in passato gli hanno consentito di rendere al meglio nelle gare più importanti, proiettandolo sul podio a Vancouver 2010 e al quarto posto a Sochi 2014, a cui va aggiunto lo scintillante argento ai Mondiali di Falun 2015.

L’ottimo avvio di stagione del carnico aveva fatto sperare in una prestazione d’autore anche a PyeongChang, ma il feeling con il trampolino HS140 non è mai sbocciato e l’azzurro è naufragato subito, dando l’impressione di non digerire le condizioni meteo avverse né le caratteristiche del primo segmento di gara. Una serie di salti senza picchi hanno reso anonime le Olimpiadi di Pittin, sconsolato al termine di ogni salto, sin dalle prove, e costretto ad archiviare una competizione deludente, che potrebbe anche aver rappresentato l’ultima chance della carriera per rimpinguare il bottino di medaglie olimpiche, dato che a Pechino 2022 avrà 32 anni. Una carriera che, tra l’altro, avrebbe potuto essere ben più foriera di successi di quanto si stia rivelando per il carnico, che non è mai davvero riuscito a trovare un rimedio ai suoi limiti nel salto, il tallone d’Achille del suo intero percorso agonistico.

Pittin, infatti, è di gran lunga il più veloce di tutti sugli sci stretti, ma le sue rimonte possono proiettarlo a lottare con i migliori soltanto se dal trampolino riesce a contenere il distacco entro un minuto e mezzo, circostanza verificatosi davvero di rado negli ultimi tribolati anni. Il suo miglior piazzamento a PyeongChang è stato un anonimo 19° posto nella Gundersen dal trampolino normale, troppo poco per un atleta che ambiva ad una medaglia alla vigilia delle Olimpiadi.

Non hanno brillato neppure i suoi compagni di squadra Lukas Runggaldier, Aaron Kostner e Raffaele Buzzi, ma da loro era difficile attendersi di più. Kostner e Buzzi, in realtà, hanno mostrato persino qualche sprazzo di crescita nel contesto olimpico, dimostrando di disporre di margini discreti per sperare in un roseo futuro, mentre l’esperto Runggaldier ha fatto quello che poteva, migliorandosi rispetto agli ultimi piazzamenti conseguiti in Coppa del Mondo.

Ma l’Italia ha sentito oltremodo la mancanza di Samuel Costa, sbocciato un anno fa fino ad arrivare ai vertici mondiali con due podi a Seefeld ma costretto a dare forfait alle Olimpiadi a causa di un grave infortunio al ginocchio. Costa è un combinatista moderno, specialista del salto e solido nel fondo. Le sue prestazioni importanti dal trampolino potrebbero rappresentare un traino in futuro anche per la staffetta, ma non solo. Costa può fare la differenza anche nelle prove individuali e la rinuncia forzata a PyeongChang 2018 potrebbe infondergli ulteriore grinta per arrivare a 29 anni, al top della maturità agonistica, a giocarsi una chance da podio fra quattro anni a Pechino, accrescendo la concorrenza interna e restituendo all’Italia della combinata nordica una dimensione di rilievo nel contesto olimpico.

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mauro.deriso@oasport.it

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Foto: FISI

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