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Formula 1

F1: Liberty Media dà vita al nuovo corso ma per molti è moralismo non richiesto

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Questo sarà un momento straordinario per quei bambini. Saranno vicini ai loro eroi, potranno vederli prepararsi per la gara. E si tratta dei migliori piloti al mondo. Sarà un’esperienza indimenticabile per loro e le loro famiglie. Ma anche un’ispirazione su quello che potrebbero riuscire a fare in futuro nel motorsport. Il miglior modo di ispirare la prossima generazione di eroi di F.1″, le parole di Sean Bratches, direttore delle operazioni commerciali della F.1 sulla decisione di impiegare dei bambini facenti parte del motosport in luogo delle ormai arcinote “Grid girls”.

I giovani saranno selezionati gara per gara, accompagnati dalle loro famiglie e queste avranno accesso al paddock per la giornata in cui saranno disputate le gare. Ciò è quanto stabilito dai gestori americani del Circus ma il partito dei contrari a questi provvedimenti è numeroso: da Bernie Ecclestone a Sebastian Vettel, tutti hanno ritenuto inutile questo cambiamento per il bene della F1.

A conti fatti, la massima espressione dell’automobilismo mondiale più che aprirsi al pubblico si chiude ancora di più. Dare la possibilità a giovanissimi rider ha i crismi tipicamente elitari. In sostanza un mutamento volto all’esclusione più che all’inclusione. Se l’iniziativa fosse stata aperta a tifosi, non necessariamente inseriti nell’asset motoristico, il fine sociale sarebbe stato condivisibile ma si ha l’impressione che siano altre logiche dietro.

In definitiva, si è voluto dare una parvenza anti-sessista con l’allontanamento delle cosiddette “ombrelline” ma il ricorso a bambini con casco e tuta ha fatto crollare il castello di carte. Un’occasione mancata, da un certo punto di vista, quando forse la via dell’umanizzazione del mondo delle corse non avrebbe dovuto necessariamente escludere qualcuno.

 





 

giandomenico.tiseo@oasport.it

Twitter: @Giandomatrix

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