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Hockey su ghiaccio, Olimpiadi PyeongChang 2018: la favola della Germania si spegne sul più bello. L’OAR vince all’overtime e si prende la medaglia d’oro

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Il Miracolo sul ghiaccio alla fine non c’è stato. A vincere la finale per l’oro olimpico a PyeongChang 2018 è stata la squadra russa dell’OAR. La Germania ha accarezzato il trionfo, il lieto fine della sua favola, ma a 55″ dalla gloria il sogno si è infranto sul pareggio di Nikita Gusev, che ha mandato la partita al supplementare, vinto poi dalla squadra senza dubbio più forte, quella che ha saputo interpretare al meglio il momento più delicato. Una vittoria cercata e voluta, specie dopo tutte le polemiche che hanno caratterizzato la marcia di avvicinamento, tra la minaccia di boicottaggio della KHL e l’obbligo di gareggiare sotto bandiera olimpica. e proprio per come è arrivata ancora più dolce. La Lega russa alla fine i suoi migliori giocatori li ha mandati in Corea, scelta premiata con la medaglia d’oro.

La favola della Germania si è spenta sul più bello. Perché aldilà del fascino che potesse ripetersi una storia simile a quella del Miracolo sul ghiaccio di Lake Placid 1980 (ammesso che il miracolo non ci sia già stato, battendo Svezia e Canada per arrivare in finale), i tedeschi sono stati davvero vicinissimi a vincere. Ma proprio ad un passo da un oro che sarebbe stato storico sono tornati sulla terra. Non del tutto, però, perché quando la comprensibile delusione passerà, rimarrà un argento inaspettato ma meritato, miglior risultato nella storia di questa nazione (fin qui due bronzi, 1932 e 1976) e che rende questa squadra una delle storie olimpiche più belle che un giorno racconteremo. Meritato soprattutto per la capacità di sfruttare le possibilità che il torneo ha riservato fino a giocarsi la finale alla pari. Sì, perché il vantaggio di Vyacheslav Voinov a 5 decimi dalla fine di un primo tempo ben giocato dalla Germania, poteva rappresentare una mazzata, ma i tedeschi, non solo hanno saputo riprendere il match con Felix Schutz, ma l’hanno rivoltato come un calzino nelle montagne russe del terzo tempo.

Non è stata una partita spettacolare, a lungo dominata dalla tensione, soprattutto quella dei russi, sorpresi dalla reazione tedesca. In particolar modo quando, a 6′ dalla fine, il gol di Nikita Gusev ha sbloccato l’empasse: neanche il tempo di pensare alla vittoria che Dominik Kahun ha rimesso il punteggio in parità dopo soli 10″. Lo spettro del Miracolo, di un’altra delusione per la Russia, di una sconfitta fallimentare, ha cominciato a farsi largo, in modo concreto quando a 3′ dalla fine il giovane Jonas Muller è stato magistrale nel mettere a sedere difensore e portiere e mettere il puck in porta e ancor di più quando i russi si sono ritrovati con l’uomo in meno. Nel buio, però, è apparso l’eroe Gusev, che ha risolto una mischia davanti alla porta tedesca con un tocco che a 55″ dalla fine ha portato il match all’overtime, poi vinto al primo powerplay (l’unico concretizzato in tutto il match) con il tiro secco e preciso di Kirill Kaprizov, per il 4-3 che ha condannato definitivamente i tedeschi.

Miracolo “vendicato”, dunque, o quantomeno evitato. Perché sebbene questa è la Germania e non gli Stati Uniti, i russi avevano tutto da perdere. Nessuno toglierà la delusione del 1980, ma almeno quella del 2018 è stata evitata. La Russia, seppure sotto la bandiera olimpica, torna sul gradino più alto nell’hockey alle Olimpiadi e lo fa per la nona volta. Ma curiosamente non ha mai vinto con la denominazione ‘Russia’: sette di questi trionfi sono infatti dell’ex URSS, mentre l’ultimo, nel 1992, fu ottenuto anche in quel caso sotto la bandiera olimpica, come Squadra Unificata. Ma l’inno russo alla fine ha comunque dominato la scena, nella voce dei tifosi sulle tribune e dei giocatori in campo, che lo hanno intonato sulla musica “neutrale” che ha suonato al Gangneung Hockey Centre.

 

 

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alessandro.tarallo@oasport.it

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Foto: Twitter IIHF

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