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Italia, sei rimasta indietro nel Team Event. De Fabiani è lo stesso di Sochi 2014. Che rimpianti in PGS

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La notte delle occasioni perse. Si poteva rimpinguare il bottino italico alle Olimpiadi Invernali di PyeongChang 2018, almeno con una medaglia. Siamo invece rimasti a bocca asciutta, in attesa delle ultime cartucce da sparare ad ora di pranzo con le mass start di speed skating.

Partiamo dal Team Event di sci alpino, dove sin dalla vigilia si temeva che l’Italia non avrebbe avuto chance di salire sul podio. Purtroppo è una disciplina che continua inspiegabilmente a venire snobbata. Ai Mondiali gli azzurri hanno sempre fatto incetta di eliminazioni premature, nulla è cambiato da quando questo format è diventato olimpico. La Fis sta puntando sempre più sui paralleli ed in futuro potrebbe nascere addirittura una Coppa del Mondo di specialità. L’Italia è rimasta colpevolmente indietro. Si tratta di una disciplina a sé stante, non è né un gigante né uno slalom. Oggi, per intenderci, Chiara Costazza ha affrontato questa gara come se fosse uno slalom, perdendo entrambe le manche che ha disputato. Qualcosa di buono si è visto da parte del giovane Alex Vinatzer e da Riccardo Tonetti, che finalmente hanno adottato la tecnica dell’abbattimento dei pali con le braccia. “Dobbiamo perfezionarla”, ha dichiarato Tonetti, di fatto ammettendo implicitamente un ritardo rispetto a nazioni come la Svizzera.

Francesco De Fabiani a Sochi aveva 20 anni e si mise in luce come un talento cristallino su cui investire con decisione nello sci di fondo. In Russia chiuse 21° nello skiathlon e 25° nella 50 km. A PyeongChang 2018 ha collezionato invece una 20ma piazza nello skiathlon e una 22ma nella 50 km a quasi 9 minuti dal vincitore. Quattro anni dopo, il rendimento complessivo non è mutato. E dire che la crescita di questo ragazzo stava procedendo nel migliore dei modi: nel 2015 vinse la sua prima gara in Coppa del Mondo (la 15 km di Lahti), nella stagione successiva terminò 12° nella generale, affermandosi come uno dei giovani più interessanti del panorama mondiale. Dall’annata 2016-2017 qualcosa si è rotto. Una preparazione estiva sbagliata ha fatto evaporare le certezze del valdostano, che quest’anno solo sporadicamente ha ottenuto risultati di rilievo (3° in una 15 km al Tour de Ski e brillante nella seconda frazione di staffetta a PyeongChang). Il finlandese iivo Niskanen, di un solo anno più anziano dell’azzurro, ha già vinto ori olimpici e mondiali. Non c’è più tempo da perdere: De Fabiani deve assolutamente svoltare per non restare una grande promessa incompiuta.

Anche nel PGS di snowboard l’Italia ha sprecato una ghiotta occasione. Come già accaduto anche nella preolimpica dello scorso anno, la ‘pista rossa’ garantiva un vantaggio innegabile in termini cronometrici rispetto alla ‘blu’. Le qualificazioni, dunque, si sono rivelate decisive, perché i migliori hanno il diritto di scegliere il tracciato. Aron March era addirittura in testa dopo la prima manche delle qualificazioni, salvo mancare poi l’accesso tra i migliori 16. Enorme il rammarico del veterano Roland Fischnaller, che per soli 6 centesimi (su ‘pista blu’) è stato piegato ai quarti dallo svizzero Nevin Galmarini, poi vincitore della gara.

federico.militello@oasport.it




3 Commenti

1 Commento

  1. ste86

    24 Febbraio 2018 at 09:47

    Discorso De Fabiani, temo sia l’ennesimo caso di atleta pompato e subito acclamato a fenomeno dai media italiani dopo un paio di podi in coppa del mondo.
    Lo ritengo un atleta limitato nel senso di competitivo solo in certe condizioni (partenze di massa, distanza massimo 15 km, difatti quando ho letto e sentito da più parti, anche qui, che nella 50 km poteva essere da podio mi sono messo a ridere) e con una tecnica inguardabile e, credo non sono un tecnico, molto dispendiosa.

  2. ale sandro

    24 Febbraio 2018 at 09:45

    Nyskanen non è uno qualunque, per quanto mi riguarda è un grandissimo della tecnica classica, ma già da diversi anni,un predestinato o quasi.
    Non sarei così severo nei confronti di De Fabiani , che non partiva certo da un punto della carriera vicino a quello del finnico.
    Piuttosto invece studierei con attenzione il lavoro fatto su Iivo, perchè da questo secondo me si capisce molto bene la completezza dell’atleta in questione. Va forte , o è andato forte, praticamente in tutti i format della tecnica (cronometro media distanza, mass start lunghe distanze e team sprint).

    Non voglio fare polemiche a scoppio ritardato con tifosi fanatici di questo o quell’altro fondista, nè metto in croce chi di dovere prende certe decisioni tecniche nella nazionale italiana. Del resto chi dirige l’Italia ha tirato su diversi talenti e ha talmente esperienza che sa quello che fa.

    Mi chiedo solo però, proprio guardando all’esempio di Nyskanen, se uno come De Fabiani , e altri come lui, debbano impostare un lavoro che vada quasi a separare le sprint dalle gare di distanza, quando tutto il mondo cerca sempre di più di annullare o quantomeno ridurre, l’ essere specialisti dell’uno o dell’altro settore.
    De Fabiani una team sprint da senior (non ricordo se da Junior accadde, ma credo di no)non l’ha mai disputata, uno come Rastelli ne ha fatte due in croce, e risalgono a più di due anni fa.
    Magari sarà interessante vedere un po’ di più questi due azzurri in un format come quello , accanto alla coppia titolare, a maggior ragione considerando che al prossimo giro olimpico la tecnica sarà dalla loro.
    In quel caso si potrebbe avere un piano B rispetto alla formazione titolare.
    Cosa che in Corea è mancata in pieno.

  3. ste86

    24 Febbraio 2018 at 09:38

    Unica nota positiva del team event è che abbiamo finalmente individuato un atleta, Vinatzer, predisposto per il parallelo, una disciplina a parte che impone una tecnica moderna. In tracciati così diritti bisogna “buttare giù le punte”, mentre i nostri hanno una curva troppo rotonda, impossibile essere competitivi. Costazza è improponibile in questa disciplina, forse si poteva puntare su Brignone; anche in campo maschile non abbiamo valide alternative, considerato che anche Molegg e Gross hanno già dimostrato di non gradire la specialità.

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