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Sci di fondo, Olimpiadi PyeongChang 2018. Bilancio Italia: bicchiere mezzo vuoto. Non basta un grande Pellegrino

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Un campione e poche, pochissime altre certezze. Il fondo azzurro torna da PyeongChang con una medaglia d’argento, griffata Federico Pellegrino e pochissimo altro su cui poggiare le basi per il prossimo quadriennio olimpico. Alla fine le delusioni hanno superato di gran lunga le soddisfazioni, che, di fatto, sono state una sola, nella sprint a tecnica classica, per la grande prestazione del valdostano che si conferma nell’elite mondiale di questa specialità, con un podio che fa il tris con il titolo iridato dell’anno scorso a Lahti e la Coppa del Mondo di specialità dell’anno prima.

Pellegrino non è stato messo nelle condizioni di potersi esprimere al meglio nella gara che predilige perchè Dietmar Noeckler, in questa occasione, non è stato compagno all’altezza della situazione e non c’era nessuno degli azzurri “settato” per prendere il posto del fondista di Brunico, il cui compito era quello di far partire il compagno alla pari con i migliori. Un’incompiuta, la team sprint, che pesa enormemente sul bilancio generale di un’Olimpiade che ha avuto un altro protagonista mancato di assoluta rilevanza, Francesco De Fabiani. Dopo uno Skiathlon non all’altezza delle attese, soprattutto nella frazione a tecnica libera che è quella che predilige, De Fabiani ha illuso tutti nella sua frazione di staffetta, staccando gente del calibro di Manificat e soprattutto Sundby nella salita finale e si è illuso nei primi 20 km di poter fare una grande 50, salvo poi crollare letteralmente nella seconda parte di gara. Insomma: quando contava realmente De Fabiani non si è fatto trovare pronto ma è ancora giovane e vale la pena attendere un percorso di maturazione che, in questo sport, può anche arrivare avanti con l’età.

Una nota tutto sommato positiva è arrivata da Maicol Rastelli. Bravo nelle qualificazioni della sprint e sfortunato, per via di materiali non all’altezza, nei quarti di finale, bravissimo a tenere il ritmo dei più forti al lancio della staffetta, bravo nella prima parte della 50 km ma ingenuo per non aver cambiato gli sci quando tutti gli altri lo facevano: scelta pagata carissima da metà gara in poi. Per il resto la squadra maschile ha deluso: Giandomenico Salvadori, da tempo prospetto interessante della nazionale azzurra, non è mai stato in gara nelle prove individuali e nella staffetta ha perso contatto con i primi, decretando di fatto l’uscita di scena dell’Italia dalla lotta per le medaglie, Rigoni è arrivato lontanissimo dai primi e di Noeckler c’è solo da aggiungere che anche a livello individuale la condizione non è mai arrivata.

In campo femminile è davvero difficile tirare le somme di una spedizione semplicemente non all’altezza della manifestazione. Inutile tirare la croce addosso ai tecnici e alle atlete. Il materiale umano, a oggi, è questo. E vedere atlete con la tuta azzurra arrivare a 18 minuti dalla vincitrice nella 30 km o la staffetta staccata dopo pochi metri dal via, vedere specialiste della sprint eliminate malamente al primo turno nella Team Sprint, non è stato bello. E’ ora di ricostruire, senza gettare al vento ciò che c’è già, partendo dalle giovani (Comarella, ad esempio, in alcuni tratti non è dispiaciuta) e sperando di trovare qualche talento puro su cui poter lavorare.





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