Sci Alpino

Storia delle Olimpiadi Invernali: l’exploit di Paoletta Magoni a Sarajevo 1984 e la spavalderia dei suoi 19 anni

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Le medaglie d’oro olimpiche possono essere vinte da atleti di ogni tipo: può arrivarci “facilmente” (tra molte virgolette) il grande campione, che magari riesce a anche a ripetersi più volte; riesce a raggiungere il traguardo il vecchio leone, magari tante volte respinto ad un metro dall’obiettivo, riuscendoci quasi in chiusura della propria carriera e può riuscirci anche l’atleta medio, che magari becca la stagione magica e si prende tutto, oro olimpico incluso.
Quasi mai accade che a vincere è il giovane atleta che fa un grande exploit ad inizio carriera per poi piano piano declinare verso la mediocrità. A noi è successo pochissime volte, ma una delle volte più insperate è stata con Paola Magoni a Sarajevo 1984.

Paola, che tutti conoscono ancora come Paoletta, era quasi una bambina quando arriva Sarajevo 1984 per disputare la prova di slalom speciale. Se ci fermassimo solo alla classifica di specialità di quell’anno in Coppa del Mondo, ci accorgeremmo che prima delle Olimpiadi la Magoni non aveva centrato nemmeno un podio e che c’erano atlete come la tedesca Irene Epple e la svizzera Erika Hess al massimo della loro carriera e in ottima forma. Vien da sé che Paoletta, il 17 febbraio 1984, alla partenza della pista di Jahorina non aveva nessuna o quasi nessuna possibilità di vittoria.

Nella squadra italiana si era affermata molto giovane, vincendo quindicenne la medaglia di bronzo nella discesa libera agli Europei juniores di Madonna di Campiglio e già nella Coppa del Mondo 1980-81 aveva avuto discreti piazzamenti, come un quattordicesimo posto nello slalom speciale di Piancavallo del 13 dicembre 1980, vincendo poi nel 1981 anche l’argento agli Europei juniores di Škofja Loka, mentre l’anno successivo ai Mondiali juniores vinse l’oro in combinata. In pratica Paoletta arriva solo con questo curriculum al cancelletto di Jahorina, ma anche con la spavalderia di chi non ha nulla da perdere.

La pista è insidiosa, la visibilità è poca e saltano in tante, soprattutto la favorita d’obbligo, l’americana Tamara McKinney. Paola Magoni è quarta a pari merito con la francese Perrine Pelen, sopravanzate dalla rappresentante del Liechtenstein Irsula Konzett, dall’austriaca Anna Kronbichler e soprattutto dall’altra francese Christelle Guignard. Paola Magoni è lì fra le grandi e la nebbia continua sempre più ad offuscare la pista. Sarà per la giovane età o per quella spavalderia di cui dicevamo ma è brava a lanciarsi in picchiata scivolando fra i pali senza nessuna remora, come se la visibilità fosse perfetta e la pista liscia come una tavola. Quando arriva al traguardo il telecronista dice: “Non vorrei azzardare ipotesi, ma ho la netta sensazione che Paoletta Magoni abbia compiuto una grande impresa“. E la sensazione era giusta: Paoletta chiude con il primo tempo di manche con un fantastico 47:62 battendo la Pelen per 91 centesimi e la Konzett per 1:03, mentre la Guignard esce malamente nella seconda manche.

Tutti credono che grande merito di quella vittoria siano i diciannove anni di Paoletta che le hanno dato la capacità di non avere paura e rischiare dove altre hanno tenuto il freno a mano tirato.
Si sa che i diciannove anni passano una sola volta, per cui brava Paoletta a sfruttarli al meglio e anche se poi non si ripeterà mai più (solo una vittoria in Coppa del Mondo il 14 gennaio 1985 nello slalom speciale di Pfronten, in Germania Ovest) quella vittoria inaspettata non sarà mai dimenticata.

di Jvan Sica





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