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Ciclismo su pista: Italia, è solo l’inizio. A Tokyo 2020 per giocarsi sei carte da medaglia

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Si è chiusa un’edizione dei Mondiali di ciclismo da record per l’Italia. Ad Apeldoorn gli azzurri hanno conquistato ben 6 medaglie, come in passato accadde solo nel 1995 a Bogotà. Ben quattro di questi podi, inoltre, sono maturati in specialità olimpiche. Considerata la giovane età della squadra, con margini di crescita ancora enormi soprattutto nel settore femminile, esistono i presupposti per costruire qualcosa di grande in vista delle Olimpiadi di Tokyo 2020.

Partiamo proprio dalle donne. Letizia Paternoster ed Elisa Balsamo sono due predestinate, talenti puri che nascono, se va bene, una volta ogni vent’anni. Insieme a Silvia Valsecchi e Tatiana Guderzo (senza dimenticare Simona Frapporti) hanno creato un quartetto che coniuga il giusto mix tra esperienza e gioventù. Nell’inseguimento a squadre è maturato così un bronzo storico alle spalle di due potenze come Stati Uniti e Gran Bretagna, ancora piuttosto distanti dal punto di vista cronometrico. Rispetto alle avversarie, tuttavia, l’Italia appare ben distante dai propri limiti. La tanta concorrenza interna sta facendo di sicuro benissimo ad un gruppo che progredisce anno dopo anno. Martina Fidanza, Chiara Consonni, Martina Alzini e Vittoria Guazzini rappresentano i ricambi già pronti, se non per Tokyo, sicuramente per Parigi 2024. Ad Elisa Balsamo la medaglia nell’omnium è sfuggita per un solo punto: l’impressione è che l’appuntamento sia solo rimandato. Letizia Paternoster, pur febbricitante e non al meglio per tutta la settimana, ha raccolto uno splendido bronzo nella madison in coppia con Maria Giulia Confalonieri.

Nel complesso, le azzurre sin da ora vanno considerate da podio alle prossime Olimpiadi. In questi due anni e mezzo occorrerà poi tentare l’ultimo salto di qualità per ambire a giocarsi la vittoria. Nell’inseguimento a squadre, ad esempio, gli Stati Uniti sembrano ancora fuori portata, mentre nelle gare endurance sia Balsamo sia Paternoster dovranno migliorare le proprie doti di resistenza per riuscire a fronteggiare avversarie del calibro dell’olandese Kirsten Wild e della britannica Katie Archibald.

Passando al settore maschile, l’Italia può coccolarsi un vero e proprio fenomeno come Filippo Ganna. A 21 anni il piemontese vanta già due ori mondiali come Fausto Coppi nell’inseguimento individuale e promette davvero di segnare un’era di questo sport. Il corridore della UAE Emirates rappresenta il traino di un quartetto che si è confermato sul terzo gradino del podio (a suon di record nazionali) dopo l’edizione del 2017. Il ct Villa ha lanciato una sfida ancora più ambiziosa: “Se ci crediamo tutti, possiamo tornare i numeri uno“. Non sarà certo facile prevalere su squadroni del calibro di Gran Bretagna ed Australia (assente ad Apeldoorn), tuttavia con una programmazione mirata e maniacale nell’anno olimpico ed una locomotiva come Ganna, nessun traguardo sarà precluso.

In vista di Tokyo 2020, farà il suo ritorno su pista anche il campione olimpico dell’omnium Elia Viviani, atteso già dagli Europei della prossima estate. Non sarà facile per il veronese strappare il posto ad un Simone Consonni in grande ascesa, per la prima volta in carriera sul podio iridato proprio nell’omnium. I due, in ogni caso, potrebbero dar vita ad una coppia formidabile e potenzialmente devastante nell’americana, senza dimenticare che Viviani andrà considerato come ipotetico e preziosissimo rinforzo anche per il quartetto.

Rispetto al settore femminile, i ricambi alle spalle di questi campioni non abbondano. Spicca comunque il promettente e polivalente Michele Gazzoli, mentre Carloalberto Giordani, Emanuele Amadio, Samuele Manfredi e Giulio Masotto potranno rivelarsi utili in futuro per l’inseguimento a squadre.

Non tutto è oro quello che luccica. L’Italia infatti continua a faticare nella velocità pura che assegna la metà dei titoli olimpici tra uomini e donne. Se Miriam Vece ed Elena Bissolati possiedono le qualità per crescere (la loro Olimpiade, con ogni probabilità, sarà quella di Parigi 2024), in campo maschile il Bel Paese era addirittura assente in Olanda. Scelta che ci sentiamo di appoggiare, perché nessun corridore avrebbe potuto garantire piazzamenti di rilievo. La prossima, grande sfida sarà proprio questa: rilanciare anche il settore della velocità, abbandonato da troppo tempo a se stesso. In questo senso potrebbe giovare molto l’apertura (prevista nell’autunno del 2019) del velodromo coperto di Treviso, nella speranza che possano venire risolti i problemi di infiltrazione di acqua piovana che affliggono quello di Montichiari.

L’Italia esce dunque con rinnovate convinzioni dai Mondiali di ciclismo su pista. A Tokyo 2020, con un asso in più come Elia Viviani, è credibile l’ambizione di presentarsi con speranze di medaglia in ben sei gare.

federico.militello@oasport.it

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Foto: Pagina FB Ganna

 

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