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Strade Bianche 2018: il ciclocross irrompe su strada. Wout Van Aert, recita da predestinato

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L’abbiamo visto diventare grande nel fango del ciclocross, in una disciplina che sotto diversi aspetti incarna l’animo più grezzo del ciclismo, che ancora è rimasta una sfida tutti contro tutti, dove in fin dei conti contano solo, o quasi, gambe e scaltrezza. Ieri, alla Strade Bianche, Wout Van Aert si è presentato in grande stile anche al pubblico più ampio del ciclismo su strada. Un predestinato del fuoristrada che anche nell’espressione massima dal punto di vista mediatico della bicicletta può ricoprire un ruolo di primissimo piano.

Sempre nel vivo della corsa, in testa per grande parte del settore di Monte Sante Marie, dove ha fatto una prima selezione, prima di attaccare assieme al francese Romain Bardet (che ha dato il via all’azione) ancora lontanissimo dal traguardo. Una sfida, lanciata a se stesso e al mondo del ciclismo su strada: io ci sono e non ho intenzione di arrendermi senza provare. Un esordio tra i grandi, di fatto, superato a pieni voti, e che ora apre scenari molto interessanti. È destinato a lasciare il segno anche in questa disciplina come nel ciclocross, magari già da questa stagione?

Per quanto impressionante nella prova delle Strade Bianche, anche considerando le sole 23 primavere sulle spalle, è presto per lasciarsi andare a voli pindarici. La gara di ieri è stata un unicum, o quasi. Le condizioni estreme l’hanno resa particolare, hanno affossato diversi tra i favoriti della vigilia e hanno esaltato gli outsider. Dei tre davanti, due venivano dal cross, mentre Tiesj Benoot è finalmente riuscito a capitalizzare un talento e un motore fuori dal comune, che fino ad ora aveva sempre girato a vuoto, senza trovare il terreno adatto per esprimere il massimo potenziale. E poco importa se sullo strappo finale si è arreso ai crampi, con vittoria già sfumato, ed è praticamente caduto dalla bicicletta. Imparerà a conoscersi e gestirsi, anche in corse che travalicano la classica ora del cross.

Ecco, motore. A Van Aert non manca e non è mai mancato, sin quando da giovanissimo ha fatto irruzione nel mondo del ciclocross dalle categorie giovanili più o come come oggi, con una naturalezza che non dovrebbe appartenergli. Probabilmente stiamo parlando di un predestinato, che ha già puntato il prossimo obiettivo: la Parigi-Roubaix. Non la vincerà quest’anno (quasi sicuramente) ma per quanto emerso nelle prime corse su strada, ha la stoffa necessaria per emergere, da belga in una corsa da belgi, a volte così simile al ciclocross, a quella sfida testa a testa in cui la benzina rimasta nelle gambe conta più di qualsiasi altra cosa.

Assieme a lui, però, attenzione. I tempi non sono ancora maturi, ma lo stesso Mathieu van der Poel potrebbe iniziare a dedicarsi con maggiore insistenza alla strada. L’olandese è il motivo per cui a volte Van Aert nel cross non è sembrato una forza della natura. Un fenomeno naturale, cui tutto sembra venire eccessivamente facile, ancora più del belga. Un anno più giovane di Wout, dopo le Olimpiadi di Tokyo 2020, quando punterà all’oro nell’Mtb, anche lui potrebbe atterrare in questa dimensione. Pronto a fare danni come il collega e avversario di tante battaglie nel cross.





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Foto: Dustin Gaffke 

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