Ciclismo

Parigi-Roubaix 2018: finalmente l’Inferno del Nord. Tra Compiegne e il Velodromo si scrive la storia

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La Parigi-Roubaix non ha bisogno di presentazioni. Già l’epiteto di Inferno del Nord dovrebbe dire tanto sul conto di questa straordinaria corsa, che oggi giunge all’edizione numero 116. Oltre 250 chilometri, come normale che sia per una Monumento, e un quinto da correre tutto sulle maledette pietre del Nord della Francia, ancora più impervie di quelle che il gruppo ha affrontato fino ad una settimana fa nelle Fiandre.

Pur senza salite, non può che essere considerata una delle corse più massacranti dell’intero panorama internazionale. Uno scontro frontale tra coloro che ne prendono parte, in cui le scie e i giochi di squadra contano meno rispetto alle abitudini. Specialmente quando il pavé è dissestato, nei mitici settori della Foresta di Arenberg, Mons-en-Pévèle e il Carrefour de l’Arbre. Nomi che fanno sognare gli appassionati e penare i ciclisti, una successione di scossoni che non concede sconti al corpo umano, portato all’estremo. È tra le corse più belle, forse la più affascinante per la sua straordinaria unicità. Non è paragonabile ad altre e si annuncia come un autentico spettacolo. 

A partire dalla voglia di vincere di Peter Sagan e di confermarsi di Greg Van Avermaet. Dalla superiorità della Quick-Step Floors con la furia di Philippe Gilbert (solo alla seconda partecipazione ma intenzionato a lasciare il segno) e la suggestione della doppietta per Niki Terpstra, oltre la sicurezza di Zdenek Stybar. Senza dimenticare la speranza francese di Arnaud Démare e uno stuolo di possibili vincitori che sarebbe semplicemente stucchevole elencare.

L’Italia non vince dallo scorso millennio e punta tanto su Matteo Trentin e Gianni Moscon. Entrambi non sono riusciti ad inserirsi nella lotta per il successo al Fiandre, ma oggi partiranno da un’affollatissima seconda fila nel gioco dei pronostici.

Ormai è tutto pronto: uno spettacolo per gli spettatori, una sofferenza per i corridori. Con il sogno di arrivare a bracca alzate nell’iconico velodromo, che ha il ruolo di iscrivere il nome del vincitore della leggenda. Perché quando si parla di Roubaix si parla anche di questo. 





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Foto: Pier Colombo

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