Formula 1
Ayrton Senna: il ricordo di un campione diventato leggenda a 24 anni dalla sua scomparsa
Quando il 1° maggio bussa alla porta di un appassionato di motori o di sport è sempre complicato. Se da un lato si vive una giornata di festa con la propria famiglia dall’altro un brutto ricordo riporta alla mente una sfortunata domenica del 1994.
Erano le 14:17, GP di San Marino, la curva quella del Tamburello e la Williams Renault del pilota più amato e carismatico della F1 Ayrton Senna, nato il 21 marzo 1960, terminava la sua corsa per sempre. Al settimo giro di pista Ayrton perse il controllo della sua Williams, schiantadosi contro il muro di protezione della curva citata. La causa del crash, si appurò anni dopo, fu la rottura del piantone dello sterzo, che non permise al pilota di curvare in tempo: Senna riuscì solo a frenare, riducendo la velocità dai 310 ai 211 km/h. L’impatto fu frontale e talmente violento da far “rimbalzare” indietro la vettura di Grove di circa 50 metri. Durante la collisione, una sospensione dell’auto si spezzò, portando con sé una gomma, che colpì il brasiliano alla testa, causandogli un grave trauma cranico. Inoltre il puntone della sospensione, spezzandosi, penetrò nel casco e trafisse fatalmente il tre volte campione del mondo nella regione temporale destra, poco sopra l’occhio. I soccorsi non cambiarono il suo destino ed alle 18.40, presso l’Ospedale Maggiore di Bologna, l’annuncio che nessuno avrebbe voluto dare ed ascoltare. (fonte informazioni: “Ayrton…per sempre nel cuore” di Carlo Ametrano).
Un weekend maledetto costellato da tantissimi incidenti, quello di Imola, che costarono a Rubens Barrichello l’assenza dalla gara, ed allo sfortunato Roland Ratzenberger, pilota austriaco della Simtek, la vita: la sua vettura, resa incontrollabile per il distacco della parte superiore dell’alettone anteriore, impattò a 306 km/h contro il muro esterno della curva intitolata a Gilles Villeneuve. Un contraccolpo violentissimo e tragico. Episodio che colpì profondamente Senna, pronto a dedicargli la vittoria. Ayrton, infatti, aveva la bandiera del Paese di origine di Roland nell’abitacolo della Williams, per rendergli omaggio nel giro d’onore. Sfortunatamente gli fu impossibile.
Tuttavia quel pomeriggio così triste per tutti i tifosi e gli sportivi rese Senna una leggenda del Motorsport non solo per i risultati ottenuti ma anche per il modo in cui era entrato nel cuore della gente. Infatti i 3 titoli iridati, le 41 vittorie, gli 80 podi e le 65 pole position non sono sufficienti per descrivere la grandezza di un fenomeno del volante di quella portata.
Nel 1990 però lo scenario si ribaltò completamente e fu Ayrton a prendersi la rivincita su Prost, in Ferrari quell’anno: alla prima curva entrambi uscirono di scena, sempre in Giappone, e il driver di San Paolo disse: “Le corse sono fatte così, alcune finiscono alla prima curva, altre a sei giri dalla fine” e fu il 2° Mondiale per lui con parole che dicono tutto.
E poi quel 1991: l’impresa del GP del Brasile. Una gara eroica quella del fenomeno sudamericano, partito dalla pole, con la sua McLaren, ed a comandare le fila, precedendo la coppia Williams composta da Riccardo Patrese e Nigel Mansell. Mansell tentò il suo attacco, fino al 50° giro, quando una foratura lo obbligò ad un’ulteriore sosta ai box. Dieci tornate più tardi era Senna ad essere nei guai. Il cambio della sua vettura aveva dei problemi e la quarta marcia era fuori uso. Il tanto agognato successo sembrava sfuggirgli ancora una volta davanti al proprio pubblico. Fortunatamente però, per il campione del mondo in carica, l’inglese si ritirò appena un giro dopo, ironia della sorte, proprio per noie al cambio. La sfida si faceva sempre più ardua e la Mp4/6 perse la funzionalità di altre marce obbligando Senna a guidare in condizioni fisiche e mentali difficilissime. A rendere il tutto ancor più epico, ci fu l’arrivo della pioggia. Ayrton si sbracciava platealmente per indicare ai commissari di gara che la pista era in condizioni critiche. Un modo per porre termine a quella sofferenza infinita ma niente da fare. Nonostante tutto, il momento del meritato trionfo arrivava ed era un grido di gioia e dolore. Lo sforzo immane gli aveva quasi paralizzato il braccio destro e sul podio aveva serie difficoltà ad alzare la coppa del vincitore. Un episodio, come altri, che rese l’immagine del pilota iconica.
Tanti aneddoti significativi, dunque, di uno sportivo che interpretava il gareggiare in maniera viscerale, pronto ad andare oltre le difficoltà perché vincere è l’unica cosa che conta. Un n.1 di cui ancora oggi siamo orfani perché la forza dei risultati di chi ha preso il testimone non ha portato a replicare quella personalità così forte e non ovattata dal politically correct. Non è un caso che a 24 anni dalla scomparsa, il suo nome riecheggi proprio ad Imola attraverso iniziative in ricordo per tramandare alle nuove generazioni la sua diversità. Un uomo con dei sogni da realizzare che ha cambiato per sempre il mondo delle corse.
giandomenico.tiseo@oasport.it
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Foto da wikipedia