Ciclismo
Chris Froome, ha vinto un corridore sotto processo
Chris Froome ha vinto il Giro d’Italia 2018. E’ il terzo uomo nella storia a conquistare i tre Grandi Giri uno dietro l’altro: in precedenza ci erano riusciti solo il francese Bernard Hinault ed il belga Eddy Merckx. Il britannico, inoltre, diventa il settimo a fregiarsi dell’ambita Tripla Corona (oltre ai corridori citati, rientrano in questa ristretta elite anche Felice Gimondi, Vincenzo Nibali, lo spagnolo Alberto Contador ed il francese Jacques Anquetil).
Il ‘keniano bianco’ ha ribaltato la Corsa Rosa nel corso della terzultima tappa, quando ha attaccato ad 80 km dal traguardo sul Colle delle Finestre. Un’impresa che ha ricordato i grandi miti del ciclismo. Lo stesso inglese ha confessato che “sono andato all’attacco senza calcoli, come Pantani“.
Tutto bello, senz’altro rimarchevole. Però, lasciatecelo dire, noi non siamo riusciti ad emozionarci. La verità, incontestabile, racconta di un Giro d’Italia vinto da un corridore sotto processo. Da mesi, infatti, è in corso la causa che vede Froome coinvolto per il caso della positività al salbutamolo nel corso della Vuelta di Spagna 2017. Il Team Sky sta spendendo una fortuna, affidandosi ad una equipe tra i migliori legali europei per riuscire a dimostrare la completa pulizia del quattro vincitore del Tour de France.
Sia chiaro, OA Sport non vuole accusare nessuno: fino a prova contraria, finché non sopraggiunge una sentenza, qualunque imputato va considerato assolutamente innocente al 100%.
Resta la sgradevole sensazione di una vittoria maturata senza che, dopo mesi di lungaggini burocratiche, si sia riusciti a fare chiarezza su una precedente questione di primaria importanza. Perché una eventuale condanna cambierebbe tutto: non solo potrebbe cancellare la Tripla Corona ed il record eguagliato di Merckx e Hinault, ma anche gettare un’ombra perpetua sul corridore.
Ripetiamo, Chris Froome è innocente fino a prova a contraria e, in questo Giro d’Italia, ha corso da corridore pulito. Non dobbiamo dimenticare, ad ogni modo, gli spettri di un processo ancora ben lungi dalla conclusione. Una sentenza che potrebbe sancirne la totale assoluzione o, al contrario, aprire una crepa incolmabile in una carriera sin qui senza macchia. Come andrà a finire? E’ il dubbio che ci accompagna dall’inizio di questo Giro. Per questo celebriamo la grande impresa di Chris Froome. Ma non chiedeteci di emozionarci…
federico.militello@oasport.it
Luca46
27 Maggio 2018 at 16:07
Per conto mio sono dopati tutti e da sempre. E tutti significa qualsiasi sport. L’antidoping però ha molte più ombre. Non è questione di presunzione di innocenza. Su quelle provette può essere successo di tutto. Penso che se i soldi basteranno troveranno qualche ridicola scusa se invece vale di più l’altra parte sarà condannato. Sono processi ridicoli come quello su Schwarzer.
ale sandro
27 Maggio 2018 at 09:48
Ciao Federico, non so come la pensi a riguardo , ma ci ho visto sin da subito delle assonanze con la vicenda di Martin Sundby.
Ma ho come la sensazione che l’impresa dell’altro giorno (ben vengano imprese così da chiunque a ogni grande giro!),abbia portato acqua al mulino sky per questa causa.
Mi viene da pensare quando accenni al virgolettato che avrebbe detto Froome venerdì.
In realtà non ha mai nominato il campione romagnolo, al quale anzi solo tre anni fa, non voleva essere minimamente accostato in quanto protagonista in negativo di un ciclismo da dimenticare, secondo il ragionamento suo, di parte molto anglosassone dell’ambiente ciclistico, di molti fan della sky e dell’inglese, e soprattutto di molti anti- qualsiasi campione italiano, presenti parecchio tra le giovani generazioni.
Questi personaggi han ripetuto negli ultimi anni che certe imprese, proprio come questa splendida dell’inglese di venerdì, non si potevano più fare, o se si facevano erano l’evidenza di certe pratiche, e cazzate simili. E in ogni caso quell’epoca lì era da bandire, nonostante anche il nuovo millennio abbia visto scandali non meno clamorosi.
Poi per fortuna campioni come Nibali e Gilbert , chi nelle corse a tappe , chi nelle classiche, hanno dimostrato che come in tutte le epoche del ciclismo, certe azioni che rappresentano il sale delle corse , si possono fare eccome, e hanno assolutamente grande importanza tecnica e valore, a prescindere dal periodo in cui l’impresa viene fatta. Perchè le differenze di valori per qualità dei corridori e per loro caratteristiche a attitudine , esisteranno sempre nel ciclismo su strada come in altri sport, e queste differenze emergono proprio in questo genere di tappe.
Ed ecco come per magia che tutti i detrattori del ciclismo anni 90 e dello scalatore con la bandana, ammirano ora l’impresa di Froome , che gareggia sub judice, non sbandierando più discorsi di etica sportiva,o sbandierandoli ad personam e a convenienza.
Mi auguro a questo punto, che con questa bellissima prova dell’inglese,si eviti di parlare in maniera distorta di periodi che evidentemente non si conoscono e non si sanno contestualizzare con un briciolo di obbiettività e assenza di ipocrisia.
Questa è una base fondamentale per ripartire finendola una volta per tutte di tirarsi la zappa sui piedi per uno sport come questo, ed è per questo che ho questa percezione, e cioè che a sto giro, visto l’atleta coinvolto, convenga di più all’UCI stessa trovare una maniera “morbida” per chiuderla qui, senza danni per il ciclista e la squadra, anche a discapito della propria credibilità rispetto a casi passati con sostanza simile. Conta di più il presente.
E questo lo dico a prescindere dal botto di soldi girati per questa vicenda. Mi piacerebbe sapere un tuo parere a riguardo, ciao.