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Ciclismo

Giro d’Italia 2018: la resa di Fabio Aru. Dimenticare una corsa stregata e ripartire: c’è la Vuelta all’orizzonte, ma il Tour…

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Il Giro d’Italia di Fabio Aru non è finito come ci si attendeva. E il primo ad immaginarsi a Roma, magari sul podio e magari vestito di un sogno rosa, era proprio lui. Oggi sul Colle del Lys il sardo ha alzato bandiera bianca e si è ritirato da una corsa che l’ha visto in difficoltà sin dai primi arrivi in salita fino all’autentico tracollo di Sappada, dove è uscito da una classifica che però sembrava già compromessa. Se nelle prime due settimane aveva promesso una migliore condizione nella terza, proprio il finale di corsa ci ha consegnato un Aru lontano anche solo da livelli accettabili, sintomo di qualcosa di sbagliato nella preparazione o di, eventualmente, problemi fisici emersi durante la gara.

Capita, può capitare. È capitato a lui come è capitato a Yates o ad altri grandi del ciclismo mondiale negli anni passati. Sarà importante, però, capire l’errore commesso per evitare di commetterlo nuovamente in futuro. L’edificazione di una carriera passa anche da momenti difficili, da queste crisi e dai quarti d’ora persi, oltre che dai ritiri. Il talento del sardo non può essere messo in discussione, per i successi ottenuti in passato e per l’età cui li ha raggiunti. Deve solo ritrovare il giusto equilibrio e rimettere tutto al suo posto, per un 2018 che ancora gli può regalare qualche obiettivo.

Il Tour de France potrebbe essere una tentazione, per tornare subito a brillare e prendersi la rivincita. Dopo un Giro così, però, Aru farebbe probabilmente meglio a fermarsi e a preparare il finale di stagione, con la Vuelta a il Mondiale come grandi obiettivi, per riconquistare il pubblico e riconsegnare a sé stesso un corridore competitivo e vincente. Allo stesso tempo, però, urge individuare i problemi prima che diventino cronici, considerando che ormai da un paio di stagioni vive dei passaggi a vuoto importanti.

 





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gianluca.santo@oasport.it

Foto: Valerio Origo

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