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Ciclismo
Italia, il peggior Giro della storia. Assenza di Nibali e mancanza di giovani: è una terra desolata
Quello che si concluderà domani verrà ricordato come il peggior Giro d’Italia della storia per i colori azzurri. Per la sesta volta in 101 edizioni, nessun portacolori del Bel Paese è riuscito a salire sul podio: era già accaduto nel 2012, 1995, 1988, 1987 e 1972.
Domenico Pozzovivo ha perlomeno evitato un’ulteriore grande onta agguantando in extremis la quinta posizione grazie alla crisi del francese Thibaut Pinot: sinora non è mai accaduto che una Corsa Rosa si sia conclusa senza almeno un italiano nella top5.
A livello di piazzamenti, questa edizione è la peggiore in assoluto, anche più di quelle del 1972 e 1987. Nel ’72 trionfò il cannibale Eddy Merckx davanti ad un trio di spagnoli: José Manuel Fuente, Francisco Galdos e Vicente Lopez Carril. Primo degli italiani fu Wladimiro Panizza, quinto, mentre Felice Gimondi chiuse ottavo. Quello dell’87 fu poi il Giro dell’irlandese Stephen Roche, che si impose davanti al britannico Robert Millar ed all’olandese Erik Breukink. Flavio Giupponi giunse quinto, appena davanti al connazionale Marco Giovannetti. Nel 2018 l’Italia ha raccolto un risultato inferiore: 5° Domenico Pozzovivo, 10° Davide Formolo.
Se gli episodi del passato potevano considerarsi sporadici, perché il Bel Paese nell’arco dei decenni ha sempre sfornato a getto continuo corridori da grandi corse a tappe, la sensazione è che potremmo doverci abituare ad una nuova aurea mediocritas nei prossimi anni.
L’assenza di Vincenzo Nibali, che parteciperà al Tour de France e tornerà al Giro nel 2019, ha purtroppo messo in risalto una terra desolata: alle spalle del fuoriclasse siciliano, che ha già compiuto 33 anni, c’è il vuoto.
Doveva essere la grande occasione di Fabio Aru: per il sardo, tuttavia, la Corsa a Rosa si è trasformata in una lunga agonia, interrotta nel corso della terzultima tappa. Il Cavaliere dei Quattro Mori, 28 anni ancora da compiere, resta un talento da recuperare a tutti i costi. Non sarà facile, tuttavia, smaltire mentalmente una batosta come questa.
Il fatto che il miglior italiano sia stato il buon Domenico Pozzovivo, 35 anni, la dice lunga sul momento che sta vivendo il pedale tricolore. Lo stesso Davide Formolo era atteso alla consacrazione: il decimo posto conclusivo racconta di un corridore con ancora enormi limiti per poter pensare di ambire a concorrere per un podio.
La crisi economica, con la totale scomparsa di squadre italiane nel World Tour, ha certamente contribuito ad acuire il disagio, così come il fatto che sempre meno corse a tappe vengano organizzate in Italia per ciclisti juniores ed Under23. In questo senso va applaudita la battaglia della Federazione e del ct Cassani, riusciti a rilanciare il Giro d’Italia Under23. Tuttavia è ancora troppo poco.
La cruda realtà ci invita a sperare che Vincenzo Nibali possa regalarci altre 2-3 stagioni ai massimi livelli, che Fabio Aru torni se stesso e che Gianni Moscon e Davide Formolo possano finalmente trovare una giusta dimensione, che sia nelle classiche di un giorno o nei Grandi Giri. Al momento, il ciclismo italiano nelle corse a tappe è questo. Se non era mai andata così male come nel Giro 2018, il timore è che in futuro si possa fare anche peggio.
federico.militello@oasport.it