Ciclismo

Vincenzo Nibali, l’ultimo fenomeno azzurro. Tutti i possibili successori dello Squalo: ci attende l’oblio?

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L’ultimo dei Mohicani. L’ultimo degno discendente di una stirpe di fuoriclasse che hanno scolpito nella pietra decenni di imprese eroiche. Vincenzo Nibali verrà ricordato alla stregua di immensi campioni come Fausto Coppi, Gino Bartali, Fiorenzo Magni, Felice Gimondi, Francesco Moser, Giuseppe Saronni, Marco Pantani e Paolo Bettini (per citare solo alcune delle icone del pedale tricolore). L’ultimo, infinito fenomeno di un ciclismo italiano che pare destinato a vivere tristi anni di oblio, soprattutto nelle corse a tappe.

Non si intravede un nuovo Nibali all’orizzonte. Lo Squalo, che il prossimo 14 novembre compirà 34 anni, vanta un palmares da fare invidia: 1 Tour de France, 2 Giri d’Italia, 1 Vuelta di Spagna (potrebbero diventare 2 in base all’esito della sentenza sul caso Froome), 1 Milano-Sanremo, 2 Giri di Lombardia. Un mito che ha segnato un’epoca, unico corridore nel Nuovo Millennio ad eccellere tanto nei grandi giri quanto nelle classiche di un giorno. Godiamoci Vincenzo finché avrà ancora voglia di farci emozionare e divertire, almeno fino alle Olimpiadi di Tokyo 2020 (c’è un conto in sospeso da saldare dopo Rio 2016…).

Al tempo stesso serpeggia la consapevolezza che, senza il corridore siciliano, dovremo abituarci alla mediocrità. Molti, se non tutti i destini a breve termine per il pedale nostrano passeranno da un pieno recupero di Fabio Aru. Il sardo sta vivendo il periodo peggiore della carriera al termine di un Giro d’Italia in cui ha accusato minuti a grappoli dagli uomini di classifica, prima di ritirarsi nel tappone del Colle delle Finestre. 28 anni ancora da compiere, Aru non può e non va considerato un corridore finito. il Cavaliere dei Quattro Mori ha vinto una Vuelta, è salito per due volte sul podio al Giro ed è giunto quinto al Tour de France: tutti risultati che non si ottengono per caso. La sensazione è che il problema principale risieda nella testa del capitano della UAE Emirates. Carattere e forza d’animo non sono mai mancati al campione d’Italia in carica: se riuscirà a scacciare i fantasmi, potrebbe tornare anche più forte di prima. E l’Italia ne avrebbe un disperato bisogno…

L’elenco dei possibili successori di Vincenzo Nibali potrebbe quasi considerarsi concluso…Non abbondano di certo le alternative e, per ora, nessuna di queste ha lasciato percepire un potenziale anche appena avvicinabile a quello del siciliano. Da anni si attende l’esplosione di Davide Formolo. Tuttavia, sino ad ora, il 25enne veneto ha raccolto solo un nono posto alla Vuelta e due decimi al Giro, una dimensione che lo vede distante anni luce dalla possibilità di giocarsi un podio in un grande giro. Il corridore della Bora, nonostante qualche discreto miglioramento a cronometro, continua a patire troppi alti e bassi nel corso delle tre settimane, oltretutto senza avere il passo per fare la differenza in salita. La sensazione è che Formolo sia più un corridore da classiche (vedi Liegi-Bastogne-Liegi o Giro di Lombardia) che da Giro o Tour.

Chi avrebbe le caratteristiche per diventare un corridore da corse a tappe è Gianni Moscon. Fortissimo nelle prove contro il tempo e con un fisico da passista-scalatore tale da potersi difendere anche in montagna. L’ultimo Giro del Delfinato, dove ha indossato per un giorno anche la maglia gialla, ha bruscamente respinto (per ora…) le velleità del trentino, che in salita non si è rivelato all’altezza dei migliori. Il Team Sky, inoltre, vede il corridore italiano come un gregario di lusso per i grandi giri: il rischio concreto diventa così quello di trascorrere anni al servizio dei capitani Chris Froome o Egan Bernal, senza mai mettersi davvero alla prova per fare classifica. Moscon, inoltre, ha fallito anche il primo esame delle Classiche del Nord stagionali, affrontando da comparsa Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix. Stiamo dunque parlando di un corridore che, a 24 anni, non ha ancora trovato una reale dimensione.

L’Italia non ha più scalatori puri, come ha evidenziato anche il recente Giro Under23, dove nessun corridore nostrano ha concluso nelle prime cinque posizioni. Si è creata una crepa profonda nei settori giovanili, dove ogni anno diminuiscono sia i praticanti sia le gare di livello organizzate. In questo modo il gap con Gran Bretagna, Francia, Spagna e Colombia è destinato ad aumentare. Inoltre, quasi sempre, i pochi buoni talenti non riescono poi ad imporsi nel mondo dei professionisti. Pensiamo ad Edward Ravasi, secondo al Tour de l’Avenir nel 2016 ed ancora mai protagonista con la UAE Emirates, o a Matteo Fabbro, forse l’unico, vero scalatore su cui puntare per il futuro, a patto da non ‘ammuffire’ per anni nel ruolo di gregario alla Katusha. E qui emerge un altro problema. L’assenza di squadre italiane nel World Tour, alla lunga, ha inciso profondamente sul movimento.

Come si intuisce, il futuro post-Nibali assume contorni inquietanti. Il ct Davide Cassani ha lanciato l’ennesimo grido l’allarme, tuttavia la sensazione è che si possa fare ben poco per porre freno ad una crisi strutturale e sistemica. Serviranno anni per provare a rinascere. Nel frattempo godiamoci gli ultimi sussulti dell’indomito Squalo, nella speranza di riabbracciare il vero Fabio Aru.

federico.militello@oasport.it





Foto: Pier Colombo

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