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Golf, Open Championship 2018: il percorso e le 18 buche ai raggi X
Settimana importante per il golf mondiale. L’epicentro è la Scozia, più precisamente il Carnoustie Golf Links, dove andrà in scena la 147esima edizione dell’Open Championships, il terzo Major dell’anno. Sarà l’ottava volta che questo prestigioso percorso, fondato addirittura nel 1842, ospita il British Open: l’ultima volta fu nel 2007, quando a vincere fu l’irlandese Padraig Harrington, per il primo trionfo di uno storico back-to-back.
Il percorso Championship, quello utilizzato per l’Open, è stato disegnato da Allan Robertson e Tom Morris, e rivisitato da James Braid nel 1926. È un par 71, lungo 7,421 yards (6,786 m). In pieno stile links è uno dei percorsi più complicati del mondo, la cui difficoltà aumenta a dismisura in caso, molto probabile da quelle parti, di vento e cattivo tempo, tanto da essersi guadagnato diversi soprannomi nel tempo, come “Car-nasty”. Dal 1999, poi, si parla di “Carnoustie effect“: in quell’edizione tutti i migliori giocatori del mondo andarono in difficoltà ed emblematica fu l’immagine di un giovanissimo Sergio Garcia, in lacrime tra le braccia della madre dopo l’89 e l’83 dei primi due giri.
Il percorso di Carnoustie ai raggi X
Buca 1 – Cup (par 4 – 396 yds): è la buca introduttiva. Con il drive è facile raggiungere un fairway ampio ma tendente a destra: è consigliabile raggiungere il lato sinistro in modo da avere più visibilità verso il green. In caso contrario, infatti, il secondo diventa praticamente un colpo cieco.
Buca 2 – Gulley (par 4 – 461 yds): fondamentale il drive, con cui bisogna evitare i bunker ampi che limitano il margine di errore. Più semplice il secondo colpo ma occhio, perché il green misura soltanto 60 yds in lunghezza.
Buca 3 – Jockie’s Burn (par 4 – 350 yds): par 4 molto corto. Ci sono i soliti bunker a protezione del fairway ma non dovrebbero causare difficoltà. Più pericolosi, invece, sono il bunker e l’ostacolo d’acqua posti davanti al green.
Buca 4 – Hillocks (par 4 – 415 yds): è un dogleg tendente leggermente a destra. Il fairway è protetto da alcuni bunker ma soprattutto da un fosso situato alle spalle di questi. Attenzione, poi, perché il green non è particolarmente difficile da raggiungere, ma si tratta di un doppio green.
Buca 5 – Brae (par 4 – 412 yds): buca simile alla precedente ma con un green su due livelli, di cui quello più alto è più facilmente raggiungibile. Il fairway, però, è ricco di insidie e richiede la massima precisione.
Buca 6 – Hogan’s Alley (par 5 – 580 yds): dedicata al leggendario Ben Hogan, vincitore di questo torneo nel 1953, la buca alza notevolmente l’asticella delle difficoltà. L’obiettivo del primo colpo è proprio “l’alley”, la strettoia tra il limite del fairway e i due bunker, ma i più coraggiosi possono fare strada, per quanto è richiesta la precisione massima. Non meno complesso è il secondo colpo, mentre il green è ondulato e diventa complicato se la bandiera è posta sul lato destro. Uscire da qui in par è un successo.
Buca 7 – Plantation (par 4 – 410 yds): fairway complicato, perché da un lato c’è il limite, che minaccia di inghiottire i colpi sbagliati, dall’altro i bunker. Anche qui può essere premiato il coraggio: più il drive è lungo più è facile l’approccio verso un green non privo di cambi di pendenza.
Buca 8 – Short (par 3 – 187 yds): buca corta, come suggerisce il nome. Soprattutto in caso di vento non sarà facile raggiungere il green, protetto da diversi bunker.
Buca 9 – Railway (par 4 – 474 yds): il drive è di fondamentale importanza qui, tra il limite a sinistra, il fosso a destra e i bunker disseminati lungo il fairway. Il primo colpo particolarmente lungo premia i giocatori più coraggiosi, ma il green è comunque ben protetto.
Buca 10 – South America (par 4 – 465 yds): per raggiungere il green in due colpi serve innanzitutto un gran drive, con cui evitare i bunker sulla destra. Il secondo colpo, invece, deve vedersela con il canale che corre per 40 yds davanti al green: decidere di non volarlo e accettare un 5 non è una cattiva idea.
Buca 11 – John Philp (par 4 – 382 yds): sul tee bisogna decidere tra un primo colpo lungo, con cui inserirsi tra i bunker, oppure più corto lasciandosi più distanza per il secondo. Il green è protetto da due coppie di bunker sui due lati, ma con pendenza a scendere verso la parte anteriore.
Buca 12 – Southward Ho (par 4 – 503 yds): par 4 mascherato, in cui il primo colpo sarà ancora una volta fondamentale. Vietato sbagliare a destra, dove ci sono due bunker pronti ad inghiottire la pallina. L’approccio dovrà inserirsi tra due coppie di bunker posizionati a destra e sinistra a circa 30 yds dal green.
Buca 13 – Whins (par 3 – 175 yds): con il vento è praticamente impossibile fermare la palline in green. I bunker ai lati sono posti in modo strategico e pronti a assorbire qualsiasi colpo imperfetto: uscirne, con le sponde molto alte, è complicato.
Buca 14 – Spectacles (par 5 – 513 yds): il primo colpo richiede le solite difficoltà ma è il secondo il colpo più complicato, in cui bisogna decidere se volare o meno i due bunker da cui prende il nome la buca. Uscire da lì, infatti, è arduo perché le sponde sono altissime. Altri bunker, meno profondi, proteggono il green. Qui Gary Player realizzò uno storico eagle nel 1968, ma uscire in 4 è già un risultato eccellente.
Buca 15 – Lucky Slap (par 4 – 472 yds): questa buca richiede un drive lungo e preciso, poi un approccio potente abbastanza da raggiungere il green, ben protetto, ma difficilmente raggiungibile in due in presenza di vento. In questo caso attenzione ai bunker posti a 25 yds dal green.
Buca 16 – Barry Burn (par 3 – 248 yds): spesso definito un par 3.5 per la sua difficoltà, in cui uscire con un bogey è quasi la normalità. Come per la buca 8 le difficoltà maggiori riguardano i bunker davanti al green, lungo 46 yds.
Buca 17 – Island (par 4 – 460 yds): il Barry Burn circonda e avvolge la buca, creando un isolotto il cui lato destro rappresenta l’obiettivo del colpo dal tee: sbagliare a sinistra, infatti, vuol dire finire in acqua. Da lì, però, l’approccio sarà particolarmente lungo e complicato.
Buca 18 – Home (par 4 – 499 yds): le difficoltà non diminuiscono nell’ultima buca. C’è acqua all’inizio, a destra e sinistra del fairway, oltre a diversi bunker disseminati lungo il percorso. Il Barry Burn prosegue alla base del green e rappresenta l’ostacolo principale del secondo colpo: qui il francese Jean van de Velde perse la famosa edizione del ’99, quando gli bastava un doppio bogey ma firmò un triplo dopo essere finito in acqua.
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alessandro.tarallo@oasport.it
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Foto: Adrian T. Jones / Shutterstock.com