Ciclismo
Tour de France 2018, il mito dell’Alpe d’Huez. Una salita durissima, teatro di imprese epiche. Anche questa volta potrà essere decisiva
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Dopo tre anni il Tour de France torna sulle strade del mitico Alpe d’Huez: non “una” scalata qualunque, ma “la” salita per eccellenza, vero e proprio patrimonio della Grande Boucle, icona del panorama delle due ruote a pedali. I corridori la affronteranno domani, giovedì 19 luglio, sul finale della dodicesima tappa della corsa più seguita in tutto il Mondo.
Partiamo scomponendo in cifre la salita simbolo delle Alpi: 13,8km di ascesa con una pendenza media dell’8,1% e un massimo intorno al 13%. 21 tornanti numerati in ordine decrescente, ciascuno di essi dedicato al nome del vincitore della tappa del Tour (in tutto 29, perciò alcuni sono costretti a condividere il cartello celebrativo posto sulla curva). Infine, il numero più elevato: 1091, come i metri di dislivello dallo striscione che contrassegna l’inizio della scalata alla linea del traguardo. Prima parte immediatamente impegnativa e molto ripida (si tocca già il 10-11%), brevissima spianata al quarto chilometro (La Garde) che permette ai corridori di rifiatare e un tratto relativamente agevole (7%) sui 1000m successivi. Da circa metà del percorso il momento decisivo, l’occasione propizia di andare all’attacco per chi ha le gambe, con le pendenze che tornano in doppia cifra raggiungendo la punta massima al tornante numero 6. I cinque cambi di direzione successivi completano quello che molto probabilmente si rivela il tratto più duro sulle tre settimane. Terminata l’ultima curva, si affrontano gli ultimi 700 metri a denti stretti prima di passare sotto lo striscione fittizio d’arrivo che segna per alcuni la fine dell’incubo, per altri la cavalcata verso l’Olimpo degli scalatori. Il restante chilometro verso il traguardo finale costituisce il momento meno ripido sui 14 totali.
La storia che conserva l’Alpe d’Huez, seppur recente in confronto ad altre salite storiche sul territorio francese, è unica fra tante: il primo corridore a tagliare il traguardo fu Fausto Coppi, nella decima tappa dell’edizione del 1952; da quel momento indossò la maglia gialla fino a Parigi, dove venne incoronato vincitore per la seconda volta. Il tratto venne ripreso a 24 anni di distanza (1976), quando a festeggiare fu l’olandese Joop Zoetemelk, divenendo da quel momento traguardo fisso nelle restanti 14 edizioni della Grande Boucle (ad eccezione del 1980 e 1985). Dal 1994 ad oggi è stato affrontato in dodici occasioni diverse. Tra le pagine romanzesche della seguente salita sono conservate le gesta di alcuni grandi protagonisti del ciclismo nel dopoguerra: dal Campionissimo al Pirata, con lo storico record cronometrico di Marco Pantani nel 1997 (37’35”) alla velocità media di 23km/h; senza dimenticare i successi di Bernard Hinault nel 1986, la doppietta di Gianni Bugno tra 1990 e 1991 e le vittorie (revocate) dello statunitense Lance Armstrong (2001 e 2004). Dal 2011 ad oggi, negli ultimi tre appuntamenti, ha sempre vinto un corridore francese: l’ultimo capitolo finora è stato scritto da Thibaut Pinot nel 2015, nella frazione che confermò il bis di Chris Froome a due anni dal suo primo trionfo generale.
Quest’anno la catena montuosa alpina viene affrontata prima dei Pirenei, dunque a differenza di tre anni fa non decreterà ufficiosamente il leader della graduatoria. Tuttavia, potrebbe delinearsi un quadro generale quasi definitivo, con i distacchi tra gli uomini di classifica che rischiano di aumentare spropositatamente al termine della dodicesima frazione.
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Foto: Radu Razvan / Shutterstock.com