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Wimbledon 2018: si apre un’autostrada verso la finale per Federer. Nadal passa senza brillare. E Djokovic?

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Due turni sono pochi per sparare sentenze, ma per tracciare già un primo bilancio sì. Soprattutto perché due turni sono stati sufficienti a far saltare praticamente tutte le teste di serie del tabellone maschile di Wimbledon: nel momento in cui scriviamo ce ne sono 13 già qualificate al terzo turno, ma comunque vada (potranno essere al massimo 15 con le vittorie di Fognini e Zverev) saremo comunque ben al di sotto della metà delle 32 di partenza.

Sopravvivono, per la fortuna di tifosi, appassionati, addetti ai lavori e anche del torneo, sia Roger Federer che Rafael Nadal: tutti, ma proprio tutti, vorrebbero una finale tra lo svizzero e lo spagnolo, a dieci anni esatti da quella partita spartiacque della storia della loro rivalità e, senza esagerare, della storia di questo sport.

Federer si presentava a Wimbledon con qualche dubbio di troppo. Stoccarda era stata poco più di un antipasto, prima della stecca ad Halle, terreno di caccia preferito di Roger, dove aveva fatto rumore non tanto la sconfitta in finale con Borna Coric, quanto la condizione dell’allora numero uno del mondo (poi diventato due), apparso scarico, appesantito e piatto nel gioco. Proprio quel Coric, insieme al connazionale Marin Cilic, dominatore al Queen’s, rappresentavano i pericoli principali sul cammino di Re Roger, ma nei primi due turni sono saltati entrambi, in maniera senz’altro più fragorosa il secondo, battuto dall’argentino Guido Pella, capace di rimontare oggi lo svantaggio di due set con cui si era chiusa la partita ieri (ma sulla gestione dell’interruzione ci sarebbe da aprire un capitolo a parte).

E adesso? Adesso il tabellone di Federer si è notevolmente ridimensionato. I pericoli ci sono, sempre, e portano i nomi di Sam Querrey e Kevin Anderson, o quello di Milos Raonic, a questo punto favorito in un quarto di tabellone apertissimo, in cui c’è anche il nostro Thomas Fabbiano, ma sono nomi che fanno meno paura rispetto a quello di Cilic. Soprattutto perché Roger, come sempre, crescerà nel corso del torneo (fin qui non ha inserito nemmeno la seconda per liberarsi di Lajovic e Lacko).

Ride meno, invece, Rafa Nadal. La transizione dal rosso all’erba sta procedendo a piccoli passi e più di qualche dubbio le due prestazioni dello spagnolo lo lasciano. Il maiorchino è apparso vulnerabile fin qui, troppo, ma soprattutto nervoso in più di qualche circostanza contro il kazako Mikhail Kukushkin, sintomo che Londra non è Parigi, e ovviamente non (solo) dal punto di vista geografico. Pericoli dal suo lato ce ne sono di più, a cominciare proprio dal suo avversario di sabato, il talentuoso australiano Alex de Minaur. Passando poi per Juan Martin Del Potro (prima, forse, Fabio Fognini o Simone Bolelli), fino a Novak Djokovic.

Già, perché c’è anche Nole. Si è avvicinato ai Championships a fari spenti e fin qui ha avuto ben pochi problemi a sbarazzarsi di Sandgren e Zeballos. Ora l’asticella si alzerà, contro il britannico Kyle Edmund: e se fosse proprio Djokovic, ritrovandosi miracolosamente, a rovinare i piani di Federer e Nadal?

 





 

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alessandro.tarallo@oasport.it

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Foto: proma 1 / shutterstock.com

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