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Basket
Basket, Kobe Bryant compie 40 anni. Da Rieti ai cinque anelli NBA, l’uomo che aveva Michael Jordan come obiettivo
40 anni, di cui 20 passati in una maglia gialloviola. Kobe Bryant passa oggi nella fase “anta” della sua vita da immenso campione della pallacanestro mondiale. La sua parabola, però, non smette di avere successo anche fuori dal campo, visti gli investimenti di successo da lui compiuti e il recente, inatteso Premio Oscar per il cortometraggio d’animazione Dear Basketball, realizzato insieme a Glen Keane.
Quella di Kobe è una parabola che è partita dalle nostre parti. Sì, dall’Italia. Anzi, per la precisione da Rieti, quella Rieti che pochi anni prima aveva ammirato le gesta dell’amatissimo Willie Sojourner (che il destino s’è voluto portar via in un incidente stradale proprio in terra reatina). Era il 1984 e alla Sebastiani arrivò Joe Bryant, dalla rispettata carriera NBA tra Philadelphia, San Diego (oggi LA Clippers) e Houston. Assieme a Joe, arrivò anche il figlio, Kobe. Ed è da lì che parte una lunghissima serie di aneddoti e di racconti su Kobe l’italiano, quel Kobe che ha imparato lì una lingua che mastica tuttora con ottima padronanza (e senza la R strascicata che caratterizza l’italiano tipico degli americani). Uno di questi fa capire quanto lui volesse arrivare sullo stesso pianeta che allora dominavano Magic Johnson, Larry Bird e poi Michael Jordan: era a Reggio Emilia, aveva 10 anni e si fece male a un ginocchio. Lui lì, inconsolabile perché pensava che quell’infortunio gli avrebbe precluso la carriera NBA, e gli altri a guardarsi come a dire “ma questo fa sul serio?”. Sì, faceva sul serio. Tant’è vero che in NBA ci è arrivato senza passare dal college, nel 1996 (ai tempi si poteva).
Da quell’anno, ha iniziato a costruire la sua leggenda, ponendosi di fianco a Magic Johnson, se non sopra, quale simbolo storico della franchigia, prima col numero 8 e poi col numero 24, e riuscendo inoltre a far propria una crescita sia cestistica che umana. Non è mai cambiato, però, il modello da imitare: Michael Jordan. Kobe ha sempre visto in His Airness il livello da raggiungere. Non ci è riuscito, ma finché il fisico ha retto ha fatto di tutto per avvicinarsi il più possibile al più grande giocatore di pallacanestro che il mondo abbia mai conosciuto, anche “rubandogli” diversi movimenti.
Il resto è storia: cinque anelli NBA, due Olimpiadi vinte, un numero praticamente infinito di titoli individuali in suo possesso. Con l’8, con il 24 o con il 10 indossato due volte con la maglia USA, non è mai cambiata la mentalità di Bryant: quella di uno che voleva vincere, ha vinto e, anche ora che ha smesso, sta continuando a vincere.
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Credit: Ciamillo