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Ciclismo, Vincenzo Nibali: “Ho ancora nelle orecchie quel tremendo ‘clack’ che ho sentito quando sono caduto”

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Vincenzo Nibali ha confidato a “La Gazzetta dello Sport” le proprie paure e le ansie dopo l’infortunio occorsogli a seguito della caduta rimediata al Tour de France, parlando anche dei progetti futuri. Il siciliano ha descritto i primi giorni successivi all’operazione e la graduale ripresa degli allenamenti.

Alla Rosea ha confidato la sua principale preoccupazione: “Guarirò? Questa è la domanda che mi faccio sempre perché ho ancora nelle orecchie quel tremendo “clack” che ho sentito quando sono caduto. Già immediatamente dopo l’operazione ho avvertito sollievo. Al 6° giorno ero un altro, anche se appena sono salito in bici non avevo più forza. Mi ha staccato persino mio padre che mi ha chiesto se stavo bene“.

In questo periodo buio anche la scomparsa del nonno, poco prima della sua risalita in bici: “Era morto mio nonno, che come me si chiamava Vincenzo Nibali, e non avevo voglia di pedalare. Per rispetto del lutto non ho voluto che se ne parlasse in quei giorni. Mio nonno era un uomo di poche parole, ma gli bastava un’occhiata per esprimere le sue emozioni. L’obiettivo da raggiungere, a volte, non è la felicità“.

Lo Squalo chiede rispetto per tutti i corridori durante le gare: “In alcune circostanze ormai il ciclismo è diventato un circo. Saranno anche tifosi, ma così non va bene. Il tasso alcolico è troppo elevato, la gente pur di apparire in tv fa di tutto. Con la gente in mezzo alla strada, spesso con bandiere, noi pedaliamo alla cieca, senza vedere dove andiamo e pregando il cielo che la strada si apra davanti a noi. Per questa situazione io e la squadra, perché il 70% della visibilità un team l’ha al Tour, abbiamo pagato pesantemente. Oltre a quello alla salute, economicamente quanto vale il danno subito? Poi, lui non si lamenta mai, ma vi pare giusto che Froome venga preso a schiaffoni mentre fa il suo lavoro? Ne ha preso uno anche un attimo prima della mia caduta. Troppo spesso corriamo in situazioni folli“.

Il primo obiettivo è essere ai nastri di partenza della Vuelta: “So solo che comincia da Malaga con una crono di 8 km. Non so nemmeno in che condizioni ci arriverò. La cosa più logica, vista la condizione e pensando al Mondiale, sarebbe interpretarla senza pensare alla classifica, come ventuno classiche. La Vuelta è la strada migliore per Innsbruck. Sai che lì trovi la condizione giusta, che anche non volendo fai il ritmo che ti serve. Altrimenti, anche se ti concentri molto, è molto difficile prepararsi al top. Non riesci mai a fare gli stessi sforzi. E ti vengono mille dubbi“.

Ultima battuta sul percorso olimpico di Tokyo 2020: “Bellissimo. Come una classica durissima. Forse la fortuna mi ha voluto dare una carta di riserva dopo Rio“.





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Foto: Pier Colombo

roberto.santangelo@oasport.it

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