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Coppa Davis 2019: la rivoluzione non favorisce l’Italia. Si giocherá sempre sul cemento?
Una rivoluzione vera e propria ha travolto il mondo del tennis e la Coppa Davis è stata letteralmente stravolta dopo oltre un secolo di storia in cui la tradizione l’aveva sempre fatta da padrona. Una delle competizioni sportive più antiche del mondo, che si è sempre mossa all’interno di paletti ben definiti e parsi invalicabili anche con l’avanzare delle stagioni, è stata totalmente ridefinita dalla ITF che durante il meeting di Orlando ha approvato la tanto discussa riforma: addio ai quattro turni spalmati nel corso dell’intera stagione, l’Insalatiera verrà assegnato tramite un torneo della durata di una settimana a novembre a cui parteciperanno 18 Nazionali, divise in sei gironi da tre squadre ciascuno prima del tabellone a eliminazione diretta che scatterà a partire dai quarti di finale.
Dimentichiamoci del fascino delle partite giocate di fronte a un pubblico rovente che era spesso un fattore determinante, scordiamoci la bellezza degli incontri al meglio dei cinque set (anche se il long set nel parziale decisivo era stato recentemente cancellato a beneficio del ben più veloce tie-break), addio anche al fascino di attendere un paio di mesi per vivere dei weekend avvincenti e appassionanti. Tutto si consumerà in appena sette giorni a fine stagione, preceduti da un turno preliminare a febbraio che conserverà invece le regole a cui siamo abituati.
E proprio da questo turno dovrà ripartire anche l’Italia (l’avversario verrà svelato solo nei prossimi mesi). Gli azzurri devono vincere per qualificarsi alle fasi finali oppure sperare nell’assegnazione di una wild card (altra regola molto discutibile, si accede agli atti conclusivi anche senza meriti sportivi), altrimenti ci sarà la retrocessione nei tornei zonali (in sostanza la Serie B). Il nuovo regolamento sfavorisce sicuramente la nostra Nazionale, tra l’altro nel momento in cui avevamo una squadra compatta e di assoluto spessore con cui poter provare a dare l’assalto a quel trofeo che manca addirittura dal 1976: Fabio Fognini, Matteo Berrettini e Marco Cecchinato, supportati da Andreas Seppi e Simone Bolelli, potevano davvero giocarsela con tutti ma ora sarà decisamente più complicato.
L’Italia può indubbiamente puntare al bersaglio grosso ma c’è il rischio che si vada sempre a giocare sul cemento, sfavorendo così le nostre capacità. A novembre, poi, con un format compresso in appena sette giorni, potrebbero davvero essere presenti tutti i big internazionali desiderosi di cimentarsi con questa nuova competizione (spinti anche da un montepremi davvero molto interessante). E poi bisognerà fare i conti anche con la condizione fisica che magari a fine stagione non sarà delle migliori. Ci sono tante incognite sulla nuova Coppa Davis, la tradizione è stata spazzata via a beneficio di una presunta modernità e ora staremo a vedere se il pubblico gradirà questo nuovo format, con la speranza che l’Italia possa dire la sua e farci sognare.
Foto: jctabb Shutterstock.com
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