Nuoto
Nuoto, Europei 2018: se l’Italia non sfrutta le gare più aperte…
Dopo quattro giorni di gare degli Europei 2018 di nuoto a Glasgow, il computo in piscina dell’Italia parla chiaro: 11 medaglie (2 ori, 2 argenti e 7 bronzi), attualmente in quarta posizione nella graduatoria. La riflessione ovvia è la seguente: tanti piazzamenti ma pochi acuti.
E’ vero, è mancato il colpo atteso di Gregorio Paltrinieri, in parte spiegabile per le problematiche di gastroenterite che lo hanno condizionato nel suo incedere in acqua. Tuttavia, si ha l’impressione che spesso e volentieri i migliori rappresentanti del Bel Paese si trovino a combattere in contesti di qualità eccelse mentre in altre specialità vi è una stagnazione di cui non si approfitta: si pensi ai 200 misti uomini, in attesa della definitiva esplosione di Thomas Ceccon, oppure ai 200 farfalla donne, in questo caso condizionati anche dalle assenze di Katinka Hosszu e soprattutto di Mireia Belmonte Garcia.
Il fenomeno lo si nota già da un po’ e si pensi a Simona Quadarella, devastante fino ad ora in vasca, ma conscia che ci sarà sempre il muro rappresentato da Katie Ledecky. Oppure, se si va a guardare la finale dei 100 rana, con il nostro Fabio Scozzoli contrapposto all’asso Adam Peaty e ad altri siluri nella finale europea più veloce di sempre, gli argomenti a supporto di questa tesi aumentano.
La considerazione che andrebbe fatta è quella di incentivare lo sviluppo e la formazione di atleti in cui le possibilità per centrare il bersaglio grosso siano maggiori. In questo senso la pratica dei misti, che tanta fortuna ha portato all’Italia in passato, potrebbe essere un’idea anche per avere un maggior raggio d’azione. Pensare al povero Federico Burdisso costretto a confrontarsi con uno come il magiaro Kristof Milak desta un certo effetto.
Poi in futuro i valori potrebbero mutare però la poca attitudine all’oro da parte dei nostri atleti sembrerebbe condizionata da questa assenza, laddove si potrebbe approfittare di occasioni per monetizzare.
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giandomenico.tiseo@oasport.it
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Foto: OASport
ale sandro
6 Agosto 2018 at 22:43
Il lavoro su tutti gli stili e sui misti penso debba essere la base di ogni movimento natatorio di alto livello.
Se la riflessione vuole essere un modo per evidenziare anche la crisi del settore dei misti maschili nel post Boggiatto-Marin poi , sono d’accordo.
Il miglior esponente attuale nel settore è un atleta che , con tutto il rispetto dei due bronzi europei , non è mai riuscito a raggiungere a livello mondiale nè tantomeno olimpico una finale, ovviamente parlando sempre di vasca lunga.
E’ dai tempi di Franceschi che l’Italia ha sempre avuto almeno uno o addirittura due rappresentanti da finale olimpica in una delle due gare , prima di Rio. E’ evidente che c’è da lavorare. Probabilmente la nuova generazione trascinata da Ceccon, almeno si spera, potrà colmare in futuro questo divario.
Ma secondo me da qui all’eccellenza “ad uso e consumo” ce ne passa.
Una nazione come l’Ungheria fa scuola da sempre proprio nei 4 stili, soprattutto quelli diversi dal libero, e qui l’Italia paga un ritardo cronico rispetto alle altre nazioni. Da loro sì che mi posso aspettare molto di più il “gregario di lusso ” che piazza la stoccata.
Bisogna ricordarsi una cosa però , e cioè che l’Italia per 60 anni e oltre, a parte la pioniera e uno sparuto gruppo di campioni, non ha mai veramente toccato palla, nè a livello europeo nè tantomeno mondiale e olimpico.
A livello europeo , se parliamo di ori, perchè tanto il discorso va a finire sempre lì, anche se per me podi e classifica a punti non sono da meno, solo da Siviglia 97 in poi l’Italia ha sempre vinto almeno un oro ad ogni edizione continentale. Anzi in totale, con quello di Miressi ne ha vinti 46. Solo Germania Russia e Ungheria hanno fatto meglio negli ultimi 21 anni.
Prima di Siviglia la bellezza di 8 ori in 70 anni di campionati europei.
In questo sport si sono fatti letteralmente dei salti mortali per avvicinare il resto del mondo, non si può oggettivamente pensare di farsi trovare sempre pronti anche quando è evidente che c’è un gap con le altre nazioni che sono da sempre a certi livelli.
Non si possono poi certo calcolare o prevedere i periodi di stagnazione generale e progettare il campione ripeto, a uso e consumo.
Altrimenti , stagnazione per stagnazione, quello che abbiamo visto oggi nei 200 stile libero donne lo ritengo immensamente più grave di qualsiasi mancanza che possiamo avere a farfalla o nei misti.
Dei vuoti per una nazione che insegue come la nostra, io li ritengo purtroppo fisiologici , soprattutto in uno sport che assegna più di quaranta titoli.
Ma me la tengo così la nazionale, piuttosto che non vederla vincere niente di niente e salire sul podio ogni morte di papa.
Ciò non vuole dire che bisogna lavorare di più e meglio per far salire il livello, ma gli ori arrivano se hai dei campioni, non per altre ragioni, legate ad assenze e crisi altrui.