Oltre Cinquecerchi
Pattinaggio artistico a rotelle, intervista a Sara Locandro: “L’allenatore deve essere anche un educatore. La tecnica non basta”
Il pattinaggio artistico a rotelle sta vivendo un’importantissima fase di transizione. In occasione dei Campionati Nazionali Assoluti Junior e Senior, quest’anno andati in scena a Folgaria (Trento), abbiamo assistito ad uno spettacolo di altissimo livello, dovuto anche alle nuove normative regolamentari introdotte in vista del nuovo sistema di valutazione Rollart, il quale entrerà in vigore in via definitiva a partire dal prossimo anno.
Per parlare di questo importante cambiamento (e di molto altro) abbiamo intervistato Sara Locandro, semplicemente l’allenatrice di pattinaggio artistico a rotelle più importante del mondo. Nata a Pordenone, Sara ha iniziato la sua carriera da tecnico intorno agli anni ottanta, ottenendo gloriosi successi e formando atleti importantissimi per la storia della specialità del singolo: basti pensare a Chiara Sartori (9 titoli del mondo in 3 anni), Monica Mezzadri/Fabio Trevisani (2 titoli del mondo in coppia artistico), Elisa Facciotti (8 titoli del mondo), Giusy Locane (Campionessa Del Mondo), Manuel Puliti (Campione del Mondo), Alice Baldan (campionessa del mondo) e tanti altri atleti come Massimo Giraldi (ora CT della nazionale argentina), Simona Allori (ora giudice internazionale) fino ad arrivare ai successi recenti del figlio Andrea Aracu (ora tecnico e coreografo), di Annalisa Graziosi e della pluricampionessa mondiale Deborah Sbei (15 titoli del mondo). Tra i pattinatori in attività, in questo momento al lavoro per i Campionati Europei e Mondiali Senior figurano, in collaborazione con altri tecnici, Marco Giustino, Letizia Ghiroldi e molti altri giovani talenti.
Buongiorno Sara. Ormai da quasi un mese si sono conclusi i Campionati Nazionali Assoluti di Folgaria (Trento), gli ultimi con il sistema di punteggio tradizionale prima della rivoluzione del Rollart, in vigore definitivo dal prossimo anno. Che impressione hai avuto della competizione?
“In linea di massima in ogni categoria i primi tre/quattro atleti hanno dimostrato di pattinare ad alto livello, inserendo anche elementi molto difficili, alcune volte infatti hanno commesso degli errori per correre questo rischio, ma in generale abbiamo assistito ad un innalzamento del livello da parte di tutti i partecipanti: nella categoria Senior femminile ad esempio, oltre le prime, anche molte atlete al di fuori del podio hanno eseguito un doppio axel con rotazione completa, qualcuna anche dei bei tripli salchow e delle belle trottole.
In generale tutti hanno iniziato a pattinare meglio in vista del nuovo sistema di punteggio Rollart, collegando le difficoltà in modo da rispettare le regole coreografiche. Davvero un grande risultato. Questo miglioramento generale ha portato ad un campionato più interessante.
La speranza però è che questo non generi una diminuzione nel numero dei partecipanti ai campionati: infatti se si chiede sempre di più da un punto di vista regolamentare è comprensibile che gli atleti saranno sempre più impegnati a soddisfare tali richieste. In sintesi, più il livello si alzerà, più aumenterà la selettività: se vogliamo diventare uno sport più apprezzato, un po’ come avviene nel ghiaccio, dobbiamo necessariamente presentare un prodotto migliore. Quindi la nuova prospettiva è decisamente positiva”.
Proprio la categoria Senior Femminile da te citata negli ultimi anni è stata quella in cui abbiamo assistito maggiormente ad un innalzamento della qualità degli elementi presentati. Prima era impensabile vedere una gara con così tanti salti tripli atterrati in modo completo da tante atlete diverse. A cosa si deve questo risultato?
“Tutti gli atleti sanno che devono posizionarsi entro le prime posizioni per poter gareggiare nelle competizioni internazionali più prestigiose; questo certamente è un buono stimolo per indurre a lavorare di più, soprattutto per ciò che concerne le ore di allenamento: oggi tutti pattinano molte più ore rispetto ad una volta, tutti fanno una preparazione atletica adeguata; a livello coreografico tutti sono assistiti da specialisti del mondo delle rotelle, da insegnati di danza oppure da ex pattinatori di altissimo livello. Il miglioramento progressivo è dunque dovuto al fatto che è cambiato il modo di operare, incentrato su un lavoro di regia che coordina un intero team e non più sull’operatività del singolo allenatore.
Nel team tutti collaborano per un miglioramento: se si lavora su un aspetto coreografico, come la perfezione dei movimenti, migliorerà anche il gesto atletico dell’elemento; se il pattinatore è preparato in modo atleticamente adeguato, oltre che prevenire gli infortuni, migliorerà anche salti, trottole, velocità”.
Prima parlavi del sistema Rollart; nel corso della stagione ha impressionato molto il lavoro di Letizia Ghiroldi, trionfatrice della Coppa di Germania e seconda classificata ai Nazionali di Folgaria, dimostrando una crescita importante e presentando due programmi davvero ben oculati in ottica futura…
“Insieme a Massimiliano Cotelli stiamo cercando di fare davvero un processo di miglioramento. Si migliora un po’ alla volta; Letizia sta compiendo una crescita negli anni perché all’inizio era una ragazzina potente ma non aveva certe caratteristiche coreografiche e di perfezione dei salti, ora sta lavorando tantissimo, si dedica a questo in modo totale e i miglioramenti si vedono”.
Dal punto di vista di un tecnico, qual è l’aspetto più complicato da gestire nella costruzione dei nuovi programmi con il sistema Rollart?
“Dal mio punto di vista di allenatrice di singolo l’aspetto più complicato da gestire è certamente legato, oltre alla fatica, alla velocità: collegando queste transition, questi lavori di piedi, questo modo di pattinare seguendo le regole dello skating skills, facendo tutte queste volte, questi passi obbligati ecc., perdi un po’ di velocità e arrivi al salto un po’ lento: bisogna dunque eseguire i passi in modo molto veloce così da arrivare all’elemento con un buona scorrevolezza. In questo senso questa nuova concezione ha un po’ tarpato le ali agli atleti molto rapidi.
Per non essere lento ovviamente devi fare molta più fatica: molleggi, rotazioni, fermate e ripartite costano il doppio dell’energia da spendere da parte degli atleti“.
Come giudichi l’approccio delle altre nazioni nei confronti del nuovo sistema?
“Decisamente positivo. Il livello sta migliorando tantissimo fuori dal nostro paese, addirittura anche più che in Italia. In campo internazionale alcuni atleti che hanno delle difficoltà limitate, non provando in gara tutti i tripli, stanno curando molto di più l’aspetto stilistico, rendendo le gare ancora più interessanti“.
Qualche settimana fa è diventato virale un tuo post pubblicato su facebook, riguardante la figura dell’allenatore. Puoi raccontarci da dov’è nata l’idea di scriverlo?
“Nel corso degli anni credo di essere riuscita a trasmettere la passione verso questo sport a tutti i miei atleti e non solo a loro, come si evince dal fatto che tutti loro fanno gli allenatori pur essendo laureati in discipline totalmente differenti da quella sportiva: Elisa Facciotti, per fare un esempio, è laureata in ingegneria chimica; Valentina Di Paolo in economia e commercio e così le altre atlete. Dopo laureate la passione le ha portate di nuovo nel mondo del pattinaggio.
Forse però qualcuno di questi miei ex allievi pensava che fare l’allenatore fosse uguale a fare l’atleta, limitandosi a trasmettere ai propri ragazzi quello che si è imparato nel corso degli anni. Invece non è proprio così. Fare l’allenatore è totalmente diverso: premesso che non è detto affatto che un ottimo atleta possa diventare anche un bravo allenatore, la discriminante che fa la differenza maggiore è ravvisabile nel profilo emozionale: l’atleta risponde di se stesso, può essere emozionato, teso, pauroso, andrà in pista e farà la sua performance. L’allenatore invece, oltre a rispondere della metodologia di insegnamento, della tecnica, e della sua capacità o meno di ingegnarsi ed escogitare in maniera scientifica il modo di trovare una soluzione a tutte le difficoltà, anche improvvise, che possono subentrare, deve rispondere in toto della gestione dell’atleta, in modo deontologicamente ineccepibile sia in gara che fuori. Questa è certamente la parte più complicata“.
Qual è in questo senso l’aspetto che un allenatore non deve mai perdere di vista nei confronti di un suo allievo durante una gara?
“In gara l’allenatore deve essere bravo a capire cosa l’atleta è pronto psicologicamente ad affrontare; cosa deve togliere ed aggiungere al programma di gara, perché è consapevole che quel determinato elemento che il pattinatore realizza bene durante le prove in gara sarà sbagliato per blocchi psicologici o emozionali.
Altrettanto complicato è gestire un atleta anche fuori dalla gara, in quanto si ha a che fare e si deve lavorare con pattinatori che magari a 14, 15 anni hanno anche l’esigenza di avere amici, feste, fidanzati, delusioni e tutte le problematiche tipiche dell’età che stanno vivendo.
Se fai l’allenatore tu stai in pista tutti i giorni, dividi la tua vita con i tuoi allievi, nel bene nel male, e nel frattempo devi guidarli in gara e guidarli nella vita, formando delle persone mature. Non basta vincere, se poi un atleta vince ed è un disadattato non hai fatto niente; ci sono pattinatori che se non vincono fanno delle vere e proprie tragedie. Invece se non si vince bisogna prendere atto della propria condizione e cercare le motivazioni che hanno condotto a quel risultato, capire le difficoltà nelle quali si è incorsi e non si è stati in grado di superare e prodigarsi per migliorare riconoscendo i propri limiti e cercando di superarli, oppure capire cosa non è andato e trovare la strada giusta da seguire. Bisogna comprendere che l’allenatore deve essere ed è anche un educatore; se è consapevole di questo allora trova le strade giusta. Se l’allenatore va invece esclusivamente alla ricerca del risultato e dei trionfi diventa un nevrotico e con lui lo diventa l’atleta (e la famiglia anche).
Voglio trasmettere questo ai miei atleti; poi il caso ha voluto che scrivessi qualcosa su Facebook. Riunendo tutte queste mie esperienze sto scrivendo tra l’altro anche un libro“.
Questa è una bellissima notizia! Puoi darci qualche anticipazione?
“Vediamo se riuscirò… Sto raccogliendo gli appunti di una vita. Il mio sarà un discorso metodologico, psicologico e tecnico, unito alle mie esperienze professionali personali; parlando di questo con un editore di una prestigiosa casa editrice, ho avuto una proposta che spero di soddisfare“.
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Foto: Facebook Roberta Vizzoni