Atletica
Atletica, calcio, basket, canoa velocità e boxe: le grandi malate (senza rimedio?) dello sport italiano. E il ciclismo…
Lo sport italiano, pur lontano dai fasti degli anni Novanta e Duemila, continua a mantenersi al vertice internazionale: dal 1996 il Bel Paese figura nella top10 delle Olimpiadi estive, il settore invernale è tornato a splendere dopo anni bui, il mondo paralimpico ha raggiunto un’eccellenza straordinaria ed anche i motori hanno ritrovato competitività. Poche nazioni (forse nessuna) vantano l’eclettismo storico e tradizionale dell’Italia.
Non mancano, purtroppo, le zone d’ombra. Inquietanti buchi neri in cui si è piombati e da cui non si intravede il rimedio per risalire: atletica, basket, calcio, canoa velocità e pugilato sono le grandi malate dello sport tricolore. Presto potrebbe aggiungersi anche il ciclismo per quanto riguarda le corse a tappe.
Partiamo da due discipline accomunate dal medesimo problema: calcio e basket. In entrambi i campionati di Serie A i giocatori italiani sono ormai come i koala: in via di estinzione. La marea straniera travolge gli azzurri e, in un’epoca forse neanche tanto lontana, non è neppure escluso che i ct debbano attingere alla Serie B per le convocazioni (nella pallacanestro questo già accade, se pensiamo ad esempio ad Amedeo Tessitori che, dalla A2, ha giocato l’ultima sfida tra Olanda ed Italia per le qualificazioni ai Mondiali 2019).
Il 2006 ha rappresentato l’apogeo di una generazione irripetibile per il calcio, salita sul tetto del mondo all’ultima occasione disponibile. Era un’Italia di fuoriclasse, in tutti i reparti: Buffon, Cannavaro, Zambrotta, Pirlo, Del Piero, Totti, Inzaghi…Il trono mondiale, splendente e dorato, ha simboleggiato anche l’avvio del crepuscolo. Prima le eliminazioni precoci alle rassegne iridate del 2010 e del 2014, poi la Grande Vergogna della mancata qualificazione a Russia 2018 a 60 anni dall’ultimo precedente. Un baratro profondo, nel quale si continua a precipitare. L’avvio della gestione Mancini, senza usare mezzi termini, ha messo in mostra una squadra ancora peggiore rispetto a quella di Ventura, non a caso ad un passo dalla retrocessione nella neonata Nations League. Una Nazionale senza tecnica ed incapace anche solo di costruire occasioni da gol. Ormai, per essere convocati, basta quasi essere semplicemente in possesso del passaporto italiano, tanto è ridotta la possibilità di scelta del ct. Questa Italia è davvero una compagine di terza fascia, che d’ora in poi faticherà contro chiunque e dovrà festeggiare come un trionfo anche una semplice qualificazione per un Europeo o un Mondiale. Una storia che ricorda il triste declino dell’Ungheria, una nobile decaduta finita nell’oblio dopo aver scritto pagine di storia tra gli anni ’30 e ’50. Possibilità di uscire dalla crisi? Attualmente nessuna. La sensazione è che la situazione possa ulteriormente peggiorare. Al di là degli stranieri, gli italiani trovano poco spazio in Serie A perché oggettivamente non all’altezza. E’ un problema che nasce dalla base, da chi insegna calcio ai bambini. Servirebbe un progetto ad ampio raggio, come accaduto in Germania, Francia e Spagna, per formare nuovamente calciatori degni di questo nome. In una società dove conta solo il risultato immediato, nessuno sembra disposto a poter aspettare i giovani italiani. Ed anche squadre come la Juventus, per anni serbatoio imprescindibile della Nazionale, hanno mutato completamente approccio affidandosi quasi in toto a giocatori provenienti dall’estero.
Anche il basket vive da ormai oltre 15 anni in un limbo di frustrazione ed anonimato. Dopo i tre podi in quattro edizioni degli Europei tra il 1997 ed il 2003 (un primo, un secondo ed un terzo posto), una generazione d’oro concluse un ciclo formidabile con l’argento alle Olimpiadi di Atene 2004. Fu quella l’ultima partecipazione a cinque cerchi, così come la selezione tricolore è assente dai Mondiali da 12 anni (nel 2006 partecipò solo grazie ad una wild-card). Eppure, a differenza del calcio, il ricambio sembrava non mancare, anzi. I vari Danilo Gallinari, Andrea Bargnani, Marco Belinelli e Luigi Datome lasciavano presagire un’era di trionfi che non avrebbe di certo lasciato rimpiangere la precedente. Nulla di tutto questo. La generazione dei giocatori NBA verrà ricordata come quella degli incompiuti. Tra infortuni e rinunce, raramente l’Italia ha potuto schierare la propria miglior formazione e, in verità, questo gruppo non è mai diventato una squadra, ma solo una semplice unione di individualità. Negli ultimi anni il basket di è evoluto ed i nostri ct hanno sempre dovuto fare i conti con due lacune croniche e determinanti: l’assenza di centri e play-maker di caratura internazionale. Sovente la Nazionale deve soccombere per questione di stazza, senza contare che molti giocatori non possiedono l’esperienza internazionale necessaria per competere ai massimi livelli. Come nel calcio, il problema sta alla base nella formazione delle nuove leve. Rispetto al calcio, tuttavia, sono state attuate delle regole per tutelare i giocatori italiani: dalla prossima stagione ogni squadra sarà obbligata a schierare almeno la metà degli azzurri in campo (le formule sono 5+5 o 6+6). Un tentativo apprezzabile, ma siamo sicuri che i cinque titolari in campo non saranno tutti stranieri?
Altra malata cronica è l’atletica. L’ultimo oro mondiale risale addirittura al 2003, quando Giuseppe Gibilisco trionfò nel salto con l’asta con 5,90 metri, tutt’ora record nazionale. Ai Giochi Olimpici non saliamo sul gradino più alto del podio dal successo di Alex Schwazer nella 50 km di marcia nel 2008. Anche qui, come per basket e calcio, l’inizio degli anni ’10 è coinciso con una vera e propria eclissi di risultati. Due bronzi nel 2011 (Elisa Rigaudo nella marcia, Antonietta Di Martino nel salto in alto), un argento nel 2013 (Valeria Straneo nella maratona), un bronzo nel 2017 (Antonella Palmisano nella marcia): la miseria di quattro podi negli ultimi quattro Mondiali, con lo ‘zero’ dell’edizione 2015. Il Bel Paese ha chiuso senza metalli preziosi anche le Olimpiadi di Rio 2016. Il 2018, infine, ha certificato di un’Italia incapace di emergere anche in un contesto europeo, come testimonia il 16° posto nel medagliere della rassegna continentale (ma sarebbe stato ben peggiore senza l’oro a squadre della maratona). Senza entrare nel dettaglio delle individualità, resta un dato di fatto sconcertante: al termine di ogni rassegna internazionale, gli organi federali tendono sempre a tracciare bilanci positivi, negando la realtà lampante ed incontestabile dei numeri. Questo ha portato alle dimissioni di Stefano Baldini: “Agli Europei, nella gestione della squadra, sono stati commessi errori clamorosi, basti pensare alla 4×400 femminile che con un’altra gestione avrebbe vinto e invece non è salita sul podio. Per serietà andrebbero ammessi. Invece, come già in passato, ho sentito solo stilare bilanci positivi e parole di difesa del proprio operato. Non è così che si cresce. L’autocritica deve essere schietta e fatta a caldo“. Parole sincere, che lasciano intendere il perché tutto resti immutato da ormai un decennio: come si può cambiare se manca una reale volontà di farlo?
Se calcio, basket ed atletica sono spesso sotto i riflettori, si parla invece troppo poco di canoa velocità e pugilato. Anche qui l’Italia ha toccato il fondo (forse…Il calcio ci sta insegnando che si può sempre fare peggio…). L’ultima medaglia ai Mondiali in una specialità olimpica nella canoa risale addirittura al 2009: Josefa Idem fu terza nel K1 500. Per trovare gli ultimi podi a cinque cerchi bisogna invece tornare al 2008, quando la stessa Idem fu argento ed i sorprendenti Andrea Facchin ed Antonio Scaduto agguantarono il bronzo nel K2 1000 metri. L’Italia, dopo le vittorie a grappoli di inizio Millennio con Antonio Rossi e Josefa Idem, si è abituata alla mediocrità. Negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente il settore della canadese, ma non ancora a tal punto da giocarsi una medaglia tra Mondiali ed Olimpiadi (lo stesso Carlo Tacchini, il talento recente con maggiori ambizioni, ha subito una battuta d’arresto nell’ultima rassegna iridata). Il kayak arranca in posizioni di rincalzo, ponendosi come obiettivo massimo il raggiungimento della finale, mentre la squadra femminile non riesce in alcun modo ad essere competitiva. Ad oggi risulta arduo pensare che la canoa velocità italiana possa ambire almeno ad una medaglia a Tokyo 2020. Nemmeno l’attuale dt Guglielmo Guerrini, marito ed allenatore di Josefa Idem, è riuscito per ora ad imprimere una svolta attesa ormai da due lustri.
E’ notte fonda anche per la boxe. Se il mondo del professionismo è pressoché scomparso da quasi 20 anni in Italia, dal 2007 era iniziata una vera e propria epoca d’oro per i dilettanti. Roberto Cammarelle e Clemente Russo sono nella storia di questo sport, ma anche Vincenzo Picardi, Domenico Valentino e Vincenzo Mangiacapre hanno contribuito a suon di risultati a mantenere per anni l’Italia nel gotha planetario. L’ultimo sussulto dei veterani si concretizzò ai Mondiali 2013: Russo conquistò il suo secondo oro nei pesi massimi, Cammarelle e Valentino salirono sul gradino più basso del podio. Da allora, il buio. Le medaglie sono diventate una chimera sia nelle due successive rassegne iridate sia ai Giochi di Rio 2016. I ricambi, per qualità tecniche ed umane, non si avvicinano neanche minimamente ai predecessori. Nel volgere di qualche stagione, l’Italia è passata letteralmente dalle stelle alle stalle. Qualche giovane c’è, anche se molti sono sopravvalutati. Non va meglio in campo femminile, dove la compagine azzurra è arretrata vistosamente da quando anche questa disciplina è entrata a far parte del programma delle Olimpiadi. La dispersione dei talenti rappresenta il nodo più grave: emblematico l’esempio di Irma Testa, fenomeno nelle categorie giovanili che da ormai due stagioni non produce risultati di rilievo nelle più importanti manifestazioni internazionali.
Calcio, atletica, basket, canoa velocità e pugilato sono dunque le cinque grandi malate dello sport italiano. Presto potrebbe aggiungersi una sesta disciplina: il ciclismo su strada. Qui, tuttavia, va fatta una distinzione. L’Italia è tornata al vertice nelle corse di un giorno, come non a caso testimonia il secondo posto nel ranking Uci, ad un soffio dal Belgio. Che ne sarà però delle grandi corse a tappe? Vincenzo Nibali, sfortunatissimo al Tour de France, viaggia ormai verso i 34 anni e, forse, potrà rivelarsi competitivo ancora per un paio di stagioni. Fabio Aru è entrato in un tunnel senza luce e non sarà affatto semplice uscirne: il timore è che il sardo, sebbene ancora giovane (classe 1990), si sia già messo alle spalle la parte migliore della carriera. Alle spalle di Nibali e Aru c’è il vuoto assoluto. Nessun corridore, tra i giovani italiani, è competitivo non solo per la vittoria, ma neppure per la top5 in un grande giro. Tra Tour e Vuelta, nessun azzurro chiuderà nelle prime 10 posizioni. In futuro, senza Vincenzo Nibali, questa diventerà una funerea abitudine.
federico.militello@oasport.it
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ale sandro
13 Settembre 2018 at 15:38
Per me “funzionare” nello sport ,vuol dire fare risultati e avere atleti/giocatori di alto livello con una certa continuità, quindi per come la vedo io non esiste il termine inutile per aspettarsi una cosa che è già accaduta in passato, come nel caso di questi sport in particolar modo del calcio.
Dirigenti corrotti o meno, delinquenti presunti o veri, la parte tecnica del calcio italiano maschile ha funzionato e bene per diversi decenni. Ora non funziona neanche lontanamente.
Anche saper scegliere l’allenatore o i giocatori nei momenti di vacche magre fa parte del far funzionare le cose con scelte oculate.
Nulla mi vieta di pensare che si possa ritornare a livelli del genere, ovviamente con interventi opportuni. Senza fare niente non cambia niente.
Di ragionamenti sul DNA non so cosa farmene visto che intanto non è servito per superare il girone nei tre precedenti mondiali (dal’70 in poi mai successo), anzi nell’ultimo non ci si è neanche arrivati, oltre a non andare a due olimpiadi consecutivamente con i giovani, e non era mai successo da quando ai giochi vanno gli under, mi pare dal 92.
Mai trovato logica nelle critiche a una squadra o una generazione di giocatori come quella del 2006 che aveva tutto per ottenere ciò che ha ottenuto e meritatamente a mio parere, non per botta di culo come invece forse la maggior parte degli italiani continua a pensare.
Altri sport hanno avuto dirigenti ugualmente discutibili , eppure non è stato o non viene tuttora impedito il conseguimento di risultati con una corretta scelta dell’area tecnica a cui viene data piena autonomia.
Alcuni di questi sport citati nell’articolo hanno invece queste problematiche.
Ho anche detto che potrebbero esserci comunque risultati da questi sport nei prossimi due anni. Il rischio è che rimangano exploit e che si perda l’occasione di creare un sistema.
ale sandro
13 Settembre 2018 at 15:40
Il commento è in risposta a Fabio , che aveva risposto precedentemente.
philosopho
12 Settembre 2018 at 21:25
Secondo me, e mi soffermo solo sul calcio, i commenti sono esageratamente negativi, forse dettati dal fatto che noi italiani siamo molto “umorali” e ci facciamo prendere dallo sconforto quando le cose vanno male e non sembrano prendere una piega positiva. In sintesi: secondo me la situazione del calcio è indubbiamente preoccupante, sarebbe da ottusi o ciechi non ammetterlo, è anche vero che però, a differenza di ciò che dice l’articolo che – senza offesa – ma sembra più funereo di un trattato schopenhaueriano,, un motivo per vedere un minimo di roseo esiste e sono i buoni risultati delle selezioni giovanili – under 21 a parte. Le finali raggiunte di recente dall’under 17 e dall’under 19, più il magnifico bronzo ai mondiali under 20 dell’anno scorso e le ottime prove sempre dell’under 20 nel Torneo Quattro Nazioni dimostra che in Italia i giocatori in potenza ci sono, eccome. Voi dite: non vinciamo? Certo, ma sapete meglio di me che a livello giovanile non sono tanto importanti i trofei alzati (male non farebbero, ovviamente) quanto le indicazioni che si danno, e per me i tornei recenti hanno detto che il movimento giovanile è molto più in salute di quello che si crede. Dunque, dove sta il problema? Il problema è nel SALTO dalle categorie giovanili al professionismo, un salto che in Italia non si riesce a gestire, per tutta una serie di motivi, il principale dei quali sembra essere, a mio modo di vedere, un certo pressapochismo nello stare dietro a questi giovani, a cui non vengono date date le “dritte” giuste in termini di stare in campo, personalità e presa di coscienza che il proprio sport deve essere innanzitutto un divertimento e una sana attività e non un’occasione di guadagno economico infinito (emblematico il caso Donnarumma). Il talento in Italia c’è, solo che lo disperdiamo: una volta che avremo compreso questo, i risultati verranno di conseguenza
ale sandro
13 Settembre 2018 at 10:13
Ciao ,prendo una parte del tuo intervento per commentarla:
“un motivo per vedere un minimo di roseo esiste e sono i buoni risultati delle selezioni giovanili – under 21 a parte. Le finali raggiunte di recente dall’under 17 e dall’under 19, più il magnifico bronzo ai mondiali under 20 dell’anno scorso e le ottime prove sempre dell’under 20 nel Torneo Quattro Nazioni dimostra che in Italia i giocatori in potenza ci sono..”
Su quel ‘Under 21 a parte’ c’è , se non tutto gran parte della questione.
In questo decennio Casiraghi e Di Biagio hanno ottenuto due mancate qualificazioni olimpiche (Casiraghi addirittura non qualificando la squadra alle fasi finali di quell’europeo), e nessuna finale europea , che invece Devis Mangia raggiunse nel suo biennio, ad intervallo tra i due c.t.
A me non sembra una cosa da poco , considerando che quando la nazionale maggiore faceva risultati e non faceva tre eliminazioni dai campionati del mondo come quelle 2010-18 , o meglio due eliminazioni al girone più la non qualificazione (quindi per quanto possibile ancora peggio), a funzionare era decisamente di più l’Under 21 rispetto alle altre giovanili, come è giusto che faccia la rappresentativa giovanile più vicina e più legata al calcio che conta.
Come in un percorso di un progetto che funziona, gli azzurrini che non facevano cose migliori nelle categorie inferiori, in Under 21 cominciavano ad alzare il livello , e parte di loro entrava subito nella nazionale A, per non parlare dei rispettivi club di appartenenza coi risultati che conosciamo.
Ora sono d’accordo con te quando dici che i giocatori giovani (e io aggiungo per gli altri sport , gli atleti giovani) che potenzialmente potrebbero diventare forti da senior/professionisti l’Italia li avrebbe.
Ma li ha sempre avuti in realtà , il salto di categoria in molti sport rappresenta un tallone d’achille notevole.
In questi sport citati però ci sono stati troppi errori dirigenziali e tecnici, è naturale che i risultati fatichino ad arrivare ,ed è sacrosanto sottolinearlo perchè si tratta di sport importanti per la nostra nazione. In alcune discipline i problemi non sono affatto risolti o comunque ci vorrà del tempo per vedere i frutti di eventuali cambiamenti.
Basta non disperdere il talento dici: giustissimo, ma se chi comanda e chi di dovere non lavora in maniera adeguata o efficacie cosa si fa? Si aspetta perchè tanto per la legge dei grandi numeri un campione salterà fuori?
Ti faccio una domanda sul calcio , visto che non so se segui gli altri sport dalla premessa che hai fatto.
Hai visto da parte di questa federcalcio commissariata, un progetto per tutti quei giovani di cui hai accennato i bei risultati che vada oltre gli stage, o ti è sembrato di vedere delle riforme concrete valide?
Fabio90
13 Settembre 2018 at 12:13
Comunque è brutto dirlo, ma è inutile aspettare che il calcio italiano “funzioni” bene, perchè il calcio è malato ed in Italia in particolare è corrotto.
Ma noi anche cosi prima o poi la zampata la lasciamo sempre, perchè abbiamo il calcio nel nostro dna, quindi bisognerebbe perlomeno imboccare la strada giusta in quanto a tecnici e giocatori scelti, il resto se ne parla sempre e ci abbiamo vinto anche i Mondiali con queste critiche ( che non dico siano sbagliate,anzi).
Aspettiamo il nostro momento,per il resto mi dispiace parlarne in questi termini come spesso noi italiani non meritiamo, pero lo faccio perchè lo penso, in Italia dove c’è gran giro di soldi, le cose diciamo sono poco “pulite” se non vogliamo parlare di mafia,parliamo di persone non oneste, e nel calcio questo discorso non sfugge assolutamente, il calcio in Italia è in mano a poche persone,basta vedere i nomi che circolano per ogni carica e basta vedere a chi si chiede persino se si può portare o no la fascia di capitano dedicata ad Astori, quindi pensare ad un calcio che “funzioni” dimenticatelo, perchè l’importante è che “funzoni” per chi deve funzionare.
ale sandro
11 Settembre 2018 at 14:19
C’è qualcosa che accomuna tutti questi sport in difficoltà , ovviamente ognuno con le proprie peculiarità.
Il rimedio c’è nel momento in cui si realizzano progetti validi , che sono al passo con le nazioni guida nel periodo attuale, e per avere questo bisogna che ci sia qualità e meritocrazia a livello sia dirigenziale che dell’area tecnica.
In molti di questi sport citati, negli ultimi 8-10 anni sono spesso mancate queste cose, soprattutto nella prima delle due aree.
Tuttora alcuni sport si trovano in pieno con queste problematiche, e non sono ancora in condizione di un immediato miglioramento, come logica vuole.
Ci sono poi situazioni che sono a parte, come quella del ciclismo , dove , nonostante la federazione,ci sono dei veri progetti e i risultati in alcuni settori si ottengono in un contesto dove la dirigenza federale assume un ruolo di ignavia o forse indifferenza, a parte seguire la logica del pallottoliere quando si deve passare a incassare le medaglie che coordinatore Cassani e tecnici (Salvoldi/Villa/Celestino/Cassani stesso) portano a casa.
In generale però non vedo una progettualità che possa essere efficace a medio lungo termine, in modo da poter dire che entro un certo numero di anni, le cose miglioreranno tanto da raggiungere determinati obbiettivi.
Fino a quando non ci saranno cambiamenti importanti a livello di guida dirigenziale e un vero interessamento del Coni , che ha invece in molti dei presidenti in questione dei validi alleati elettorali per il signor Malagò di turno, si farà sempre fatica a miglioramenti costanti , come meritano discipline come queste che tanto hanno dato allo sport italiano.
Se andrà bene si vivrà di exploit , cosa ben diversa da ciò che soprattutto alcuni di questi sport hanno avuto.
Mi fa pensare il riferimento al play e al centro nel basket azzurro, e il pensiero va a due giocatori come Bulleri e Marconato ,ampiamente spernacchiati all’epoca anche del bronzo europeo e argento olimpico, in quanto ritenuti non solo da appassionati ,ma anche da addetti ai lavori, non di grande valore. Concetto che ho sempre rifiutato ritenendoli invece dei grandi giocatori, visto che il talento fine a se stesso da solo nello sport , non è mai servito a nulla.
I risultati e il valore di un atleta, , sia negli sport individuali che di squadra, fanno parte di un pacchetto completo di varie componenti.
Alla fine proprio questi due ruoli sono risultati più in sofferenza per la nazionale dei “fenomeni”, che di fenomenale hanno avuto il peggior risultato per un gruppo (e per relativi coach) negli ultimi 60 anni. E cioè mai una semifinale europea, o un piazzamento negli otto ai mondiali o ai Giochi. Tutte le altre nazionali e coach, avevano ottenuto almeno uno di questi risultati.
Questioni come quelle degli stranieri, annose tra l’altro, hanno sempre il rovescio della medaglia.
L’Italia calcistica di una cinquantina d’anni fa, alzò nettamente il proprio livello chiudendo agli stranieri per una decina d’anni e questo livello rimase complessivamente alto per 4 decenni buoni. Non ci troverei nulla di scandaloso nel limitare ,soprattutto dalle giovanili il tesseramento di calciatori stranieri, che francamente in moltissimi casi , non mi sembrano affatto un valore aggiunto, a voler essere educati.
Finchè non ci saranno quindi interventi istituzionali profondi, che con umiltà riprendano ciò che da altre parti si sta facendo e bene, mancherà quella qualità e continuità che serve , senza dimenticare che ci sono anche altre federazioni “monosettore” che si tengono a galla o con i maschi o con le femmine, rimanendo totalmente inadeguate nel settore più in difficoltà.
cavabara
11 Settembre 2018 at 13:45
Partiamo dall’angolo più buio dello sport italiano…il Calcio: concordo con Fabio nel dire che purtroppo in questo momento non abbiamo giocatori di spicco, o almeno non ne abbiamo ancora scoperti, nessuno che può farci fare il salto di qualità come in passato, però sono dell’idea che se facessimo giocare più giovani italiani in serie A potremmo migliorare e non di poco; giocando ad alti livelli e a livello internazionale si migliora sempre di più.
Una volta in nazionale si pescavano interi reparti da un unica squadra ( ad esempio la difesa della Juventus o il centrocampo del Milan ) con il vantaggio di avere giocatori già abituati a giocare assieme, ora se troviamo “la coppia” siamo già fortunati….
A mio avviso metterei una regola che obbliga ogni squadra di serie A e B a tenere in campo almeno X giocatori convocabili in nazionale.
Per quanto concerne il basket direi che siamo messi meglio, in quest’ultimo anno ho visto dei grossi miglioramenti, abbiamo sempre i giocatori di punta come Belinelli, Datome, Gentile ecc… più molti giovani di spicco che possono crescere ancora, ci giocheremo molto nei prossimi mesi con le partite di qualificazione mondiale contro Polonia, Lituania e Ungheria.
C’è anche un rovescio della medaglia, se il calcio maschile è ai minimi storici quello femminile sta vivendo un fantastico momento: dopo 20 anni ritorniamo ad un mondiale, finalmente sono nate ( e obbligatorie ) le squadre femminile dei team di A e B e le due serie maggiori sono sotto l’egida della FIGC; anche nel basket stiamo finalmente costruendo una buona e competitiva squadra.
La canoa velocità non la vedo cosi male, guardando in generale e non soffermandosi solo sulle medaglie abbiamo diverse imbarcazioni da finale A con margini di miglioramento, penso a Tacchini e Santini-Incollingo in entrambe le edizioni mondiali in finale e al K1 200m con Rizza e Di Liberto ( bella la competizione interna ), senza dimenticare il K2 e il K4 maschile che possono ancora dare molto. Nota dolente nel reparto femminile, K1 e K4 massimo da Semi Finale e C1 e C2 inesistenti a livello mondiale ( non capisco perchè non far fare esperienza a Sarah Tovo e Giulia Chifari iscrivendole a World Cup e mondiali )
Nell’atletica Stefano Baldini ha già detto tutto, non si ammettono gli errori fatti e per di più si continuano a fare, non c’è crescita se non nella solita marcia, inoltre nazioni con Gran Bretagna e Francia continuano a pescare talenti nelle loro ex colonie, cosa che non facciamo noi.
Fabio90
11 Settembre 2018 at 11:17
La presenza di tanti stranieri è un falso problema, oltre al fatto che è sempre stato cosi anche quando si è vinto, ma sopratutto credo che la presenza di varie culture che portano con sè diversità tecniche e tattiche possano sempre farti crescere, il problema è che se ci sono sempre meno italiani a farsi spazio, è perchè c’è carenza di talento e se dovessero giocare “a prescindere” perchè “italiani” non cambierebbe nulla, avrebbero piu esperienza ma il talento quello è ( esempio, se gagliardini trovasse una fiducia totale di titolarità nell’Inter..rimarrebbe comunque un giocatore normale )
Detto poi che nel caso è un problema piu del basket ( nel calcio non vedo questa statistica esagerata) dove però appunto fatichiamo a trovare atleti forti, piu che concentrarmi a far giocare piu italiani in serie a, mi concentrerei sul fatto che molti di quelli che ci giocano non sono all’altezza, e quei pochi li vedi prendere da Milano e farli marcire in panchina perchè non all’altezza dell’Eurolega ( ecco magari ai pascolo..abass..sarebbe servito giocare in altri club..ma questo anche perchè appunto non sono da livello europeo alto!)
Al momento dobbiamo cavarcela con mentalità e capacità tattiche nel calcio ( certo se prendi Mancini che viene da un orribile anno in Russia dove gli avevano fatto uno squadrone per il contesto e lui è riuscito non solo a non vincere ma persino a non farla andare in champions..e per premio ha avuto la Nazionale) e con il guizzo dei campioni nel basket, perchè con tutti i problemi che abbiamo, non è che sia usuale per l’italia avere una squadra con gallinari..belinelli..datome…gentile…hackett..melli…quando vincemmo l’argento olimpico i valori tecnici per me erano piu bassi..solo che umanamente il valore era triplo.