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Basket, Qualificazioni Mondiali 2019: Italia con un piede e mezzo in Cina. Pass iridato già nella prossima finestra?
Due su due. Quello che si doveva fare è stato fatto: l’Italia ha vinto le due partite che andavano vinte in questa prima finestra della seconda fase delle qualificazioni ai Mondiali di Cina 2019. La conquista del pass iridato è ora più vicina: nella seconda finestra, a cavallo tra novembre e dicembre, potrebbe bastare davvero poco per tornare là dove non s’è dal 2006. Ed anche allora era Estremo Oriente (Giappone in questo caso).
Tra Bologna e Debrecen si sono viste le due facce dell’Italia. Bella, esaltante, capace di trovare tante soluzioni da oltre l’arco, in grado di volare sulle ali di Amedeo Della Valle, quella del PalaDozza. “Brutta, sporca e cattiva” (la citazione, anche se la usava in altro contesto, è di Luca Dalmonte), sofferta eppure capace di trarre la forza da sé stessa, dal fondo del barile, quella della Fonix Hall. Comune denominatore: la voglia di lottare, anche nei momenti di opacità capitati nel corso delle partite contro Polonia e Ungheria.
C’era tanto interesse per l’ingresso di Jeff Brooks nel gruppo azzurro. L’uomo nuovo di Milano si è rivelato un valido elemento nel contesto di Meo Sacchetti, portando un’ulteriore ventata di tecnica che non guasta mai. Il PalaDozza s’è entusiasmato per lui, che pure è stato un po’ meno brillante a Debrecen, pur tentando di arrivare con le piccole cose là dove non è riuscito ad arrivare con i punti, finché non è stato impiegato dal nostro commissario tecnico.
Quest’Italia, però, resta insindacabilmente quella di Gigi Datome. Il capitano azzurro ha lasciato la scena agli altri nella loro serata di grazia bolognese, per poi riprendersela nell’emergenza magiara. Szilard Benke stava per prendersi il -1 e forse l’inerzia di una partita diventata battaglia. L’uomo venuto dal mare gli ha spento la luce davanti e pochi secondi dopo ha alzato l’onda azzurra in forma di tripla. Firma d’autore, firma di un uomo per cui, in campo, è contemplato il far parte della lotta con ruoli di guida.
Datome, Brooks, Della Valle. Mettiamoci anche Melli con la stoppata spaziale su Ponitka in Italia-Polonia. Dietro di loro, però, c’è chi gioca poco. O non gioca mai. E Ariel Filloy, per più di sei quarti in due partite, piede in campo l’aveva messo solo per fare riscaldamento. Poi Meo l’ha chiamato. Dentro, Ariel. Vitali ha smesso di girare, Cinciarini è in serata no, e allora tocca all’ex capellone. E cosa fa lui, con l’Ungheria lanciata in uno spaventoso parziale di 19-2? Prende, aggiusta la mira, spara la tripla. Dentro. Ariel Filloy è l’umiltà di farsi trovare pronti quando serve, la dimostrazione che puoi anche avere un ruolo marginale per molto tempo, ma può esistere un momento, anche uno solo, in cui una sola buona azione può lanciare qualcosa di grande. Quella tripla forse in pochi la ricorderanno, in un prossimo futuro. Ma non si costruiscono le case (la tripla di Datome) senza le fondamenta (quella di Filloy). Finita qui? Nemmeno per sogno. C’è Paul Biligha: i centri più forti di lui esistono, su questo non ci può essere dubbio. Eppure lui, nella partita, ci è entrato dalla parte giusta, risultando forte nel momento necessario. In campo nel secondo quarto: due canestri importanti. In campo nell’ultimo quarto: si muove, prende, salta, cancella, e in tutto ciò gioca a basket. Filloy per Biligha che schiaccia non è solo un gioco a due: è l’emblema dei gregari che diventano protagonisti nel diverso modo di esserlo.
Dopo questa finestra, agli azzurri manca veramente poco per poter tornare ai Mondiali. Non ci si qualifica da vent’anni, e l’ultima volta che li giocammo fu perché esisteva un sistema, quello delle wild card, oggi eliminato dalla FIBA perché consisteva, fondamentalmente, in un lauto pagamento verso la stessa. Per la certezza assoluta servirebbero due ulteriori vittorie nei prossimi quattro incontri, ma con un po’ di fortuna (non impossibile, anzi) ne potrebbe bastare pure una sola. Sarebbe il nostro nono torneo iridato, e tornarci farebbe soltanto un gran bene al movimento cestistico azzurro, che di queste cose ha un gran bisogno.
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federico.rossini@oasport.it
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Credit: Ciamillo